La Maschera funebre di Padre Pio, racconto
La cosiddetta “Maschera Funebre” di Padre Pio, realizzata da Michele Miglionico, a pochi minuti dalla morte del Frate, avvenuta attorno alle ore tre, del 24 settembre 1968, ha davvero dell’incredibile. Ciò accadde quando il corpo del Santo era ancora caldo e lo sfacelo della morte non ancora iniziava il suo percorso distruttivo. A raccontarci l’episodio, già reso pubblico, tanti anni fa, è lo stesso protagonista. Lo fa con la medesima emozione d’allora e in modo solitario, perché tutti gli altri che hanno vissuto lo straordinario evento non ci sono più da un pezzo. Il riferimento è al collega e compaesano artista, Francesco Paolo Fiorentino, chiamato anche lui all’opera, a Padre Pellegrino, a Padre Carmelo, guardiano del Convento di Santa Maria delle Grazie, e a Padre Giacomo, autore dello famoso scatto delle “stimmate scomparse”. Toccò per primo a Fiorentino, provare a fissare su carta da disegno, il volto del Santo, ma preso da forte emozione e tremore, gli cadde il lapis dalla mano e rinunciò subito, passando l’incarico al collega giovane, ossia a Miglionico, promettente talento del luogo e con alle spalle la straordinaria esperienza di studi e di opere presso le accademie parigine, ritenute a quel tempo, non plus ultra a livello planetario. Il disegno serviva come base per il futuro calco del volto di P.Pio che non sarà più realizzato per i motivi che si diranno. Da qui appunto il nome dato sin dall’inizio al disegno di “Maschera Funebre”. Intanto, Miglionico, dopo alcuni anni si era definitivamente trasferito in quel di Taranto, dove vive ed opera tuttora. Nel 1974, la Galleria “l’incontro” della città, lo aveva invitato a proporre una sua personale. Per l’occasione, oltre ad esporre lavori ad olio, ci mise anche una cartella contenente una serie di disegni a matite, come piazze, fiori e strade dl Capoluogo francese, dove aveva appreso le prime lezioni di arte. Tra i predetti disegni, c’era pure, quello del corpo della salma di Padre Pio con in evidenza il suo caratteristico volto dai lineamenti molto forti e decisi che tanto attraevano il variegato pubblico dei devoti. Ad un certo momento entrò in sala, una signora dall’abbigliamento e comportamento assai distinto, che dopo aver sostato presso ogni singolo quadro, come se ne volesse saggiare con il suo sguardo da esperta non solo l’insieme, ma anche il più trascurabile particolare. Al termine del suo veloce girovagare, anche lei fu attirata dalla cartella dei disegni. Li scartabellò e fu attratta subito dalla “Maschera”, quadro che l’artista amava far vedere, ma mai vendere, perché in esso era racchiusa tutta la sua anima e sentimento di quegli attimi vissuti a stretto contatto con l’essenza terrena del Santo, quello che lo aveva attratto a sé come un inimitabile, difficile da gestire e da riprodurre. La donna gli chiese quando costasse il disegno e Michele, stupito per la richiesta che non si aspettava, quasi per liberarsene, le rispose, sparando una cifra esorbitante rispetto a quella del “Bolaffi”, il catalogo che ‘misurava’ le opere e gli artisti italiani e stranieri di grido del momento. La misteriosa interlocutrice, prese subito il libretto degli assegni e firmò subito quanto richiesto. A che l’autore fu costretto a cedere, per non fare una brutta figura. Seppe dopo che quella signora non era nientìaltro che la contessa Concetta Lanfranchi, la presidentessa del settore femminile dell’Unione Monarchica Italiana, braccio visibile nello Stivale, della Casa reale dei Savoia e del cosiddetto ‘re di maggio’, Umberto II. Tanto per il breve regno sopportato, prima di essere esiliato a Cascais in Portogallo. Al disegno , quest’ultimo, come per il resto l’intera famiglia, ci teneva assai, in quanto era legata a doppio filo con la devozione verso la religione cattolica e in particolare verso i suoi personaggi più prestigiosi, quale era appunto, Padre Pio. E questo possedendo tra i suoi avi dei personaggi canonizzati di un certo rilievo. Prima di morire, Umberto II affiderà la custodia del disegno al deputato. Filippo Benedettini, Presidente dell’UMI, che lo metterà in mostra presso l’ufficio della presidenza dell’associazione a Roma. Saranno, poi, i suoi successori a restituire l’opera d’arte a Casa Sollievo. E questo dopo una intensa corrispondenza epistolare tenuta dall’arcivescovo Domenico D’Ambrosio con il segretario generale dell’Umi, Giovanni Semeraro, prima, e dal suo successore Michele Castoro (vedi foto con l’artista Miglionico), di recente scomparso. Ora il disegno, ben sistemato in un quadro è esposto alla venerazione dei visitatori nell’apposito Museo, allestito presso la Cappella grande della predetta struttura ospedaliera. “Tanto per rendere onore e lustro – ci dice visibilmente commosso Miglionico – ad uno dei più grandi interpreti ed intercessori dei nostri tempi, qual è appunto Padre Pio da Pietrelcinea, di cui il mio maggiore cruccio di non essere riuscito, nonostante i miei innumerevoli tentativi, di tradurlo in calco. Pace e bene!”.
Antonio Del Vecchio