I piani di vendetta del killer di San Marco, nel mirino l’ex capitano del Manfredonia e il boss “Fic secc”
Era pronto a vendicarsi il 38enne Giovanni Caterino, manfredoniano arrestato con l’accusa di aver partecipato alla strage di San Marco in Lamis nella quale morirono il boss Mario Luciano Romito, il cognato Matteo De Palma e i contadini Luciani.
Caterino, ritenuto braccio armato del clan Li Bergolis-Miucci, rivale dei Romito-Ricucci, intendeva vendicarsi per quanto accaduto il 18 febbraio di quest’anno. Quel giorno, a Manfredonia, tre persone mascherate, a bordo di un’Alfa Romeo Giulietta, lo speronarono ma lui riuscì a rimanere lucido, aumentando bruscamente la velocità ed evitando la morte.
Nei giorni successivi, conversando con alcuni soggetti del suo stesso clan, Caterino accusava duramente i rivali tirando in ballo anche un nome noto della malavita di Monte Sant’Angelo, il boss Pasquale Ricucci detto “Fic secc”, vicino ai Romito. L’idea era da brividi, piazzare una bomba sotto la Volkswagen Tiguan del nemico. “Mettere un po’ sotto la macchina quei fatti… si può calare sotto qualche cosa…” E il suo interlocutore: “Per schiacciare il bottone devi venire solo poi”.
“Ma Ricucci – scrive il giudice nell’ordinanza – era molto accorto nel controllare l’auto per verificare eventuali installazioni di microspie o GPS”. Nonostante tutto, Caterino era molto fiducioso: “Se ci mettiamo, lo facciamo”.
Non solo “Fic secc” nel mirino del 38enne manfredoniano, il quale aveva puntato anche l’ex capitano del Manfredonia Calcio, Ivan Romito, suo coetaneo. “Mi voglio togliere un pallino, voglio uccidere a Ivan… Ivan Romito”, questa l’agghiacciante intercettazione presente nelle carte del gip. “Uagliò il calciatore non ve lo mangiate scorza scorza”, disse in un’altra circostanza.
Ivan Romito, mai coinvolto in operazioni delle forze dell’ordine, fu vittima di agguato il 18 settembre 2009 a Manfredonia. Quel giorno esplose un ordigno occultato nella parte anteriore dell’Audi condotta proprio dal calciatore. A bordo con lui c’era il fratello, quel Mario Luciano Romito ucciso nella strage di San Marco. All’epoca i due rimasero illesi.
Caterino si informava costantemente, tramite fedelissimi, circa le abitudini e le autovetture in uso ai componenti del clan opposto. Oltre a Pasquale Ricucci e Ivan Romito, si interessava anche di Francesco Pio Gentile, detto “Passaguai” o “Rampino”, esponente di spicco dei Romito e boss di Mattinata. “Sempre con l’intento di svolgere un azione di fuoco nei loro confronti”, si legge nelle carte dell’inchiesta. Di “Passaguai”, Caterino voleva conoscere tutte le autovetture a lui in uso, una delle quali “piena di microspie”. Ma i propositi di vendetta del 38enne manfredoniano sono stati stroncati dal blitz di DDA e carabinieri. Indagini sono ancora in corso per fare piena luce sulla strage di San Marco in Lamis. (da immediato.net)