Per quelli della mia generazione, quelli che da ragazzini hanno vissuto gli anni Ottanta e quindi gli anni della risalita del Sammarco dalla Seconda alla Prima Categoria e poi alla Promozione, il ricordo di Gigino Casale rimane vivo, seppur le immagini nella nostra mente, dopo ben oltre trentacinque anni, risultino ovviamente un po’ offuscate.
Luigi Casale è nato a San Marco in Lamis il 28 aprile del 1959 e ci ha lasciati prematuramente il 23 marzo 2007 all’età di 47 anni. Oltre che nel Sammarco ha militato nel Canosa, nel San Severo, nel San Giovanni e nell’Apricena.
Forse non è stato in assoluto il calciatore più rappresentativo di tutti i tempi, altri hanno sicuramente avuto meriti e ottenuto traguardi ben diversi, forse qualcuno ha avuto doti tecniche anche superiori alle sue; spiace che nel bellissimo libro di Tonino Cera “San Marco nel pallone”, che si sofferma però prevalentemente su tempi calcistici anteriori, il nostro Gigino non sia nemmeno citato. Opera meritoria quella di Cera che richiede, a questo punto, un doveroso aggiornamento relativo ai tempi più recenti e soprattutto a quegli anni ’80 che sono stati, pure quelli, anni gloriosi per il nostro calcio e per il nostro paese più in generale. Quando San Marco era ancora una città viva, più dinamica, più popolosa e visceralmente appassionata al gioco del pallone. Basterebbe ricordare i meravigliosi, eccitanti, combattutissimi e partecipatissimi tornei cittadini con squadre di ottimo livello tecnico: la Pecunia; i vari bar Tancredi, Ginetto e Nardella; la Sita, allenata da mio padre; e ancora la “Follia”, la “Edilgarden”, la “Granatina”, che portava i colori della Polisportiva, o quelle dal nome sidereo: ”Astro nascente”, “Stella del Sud”; o quelle dei quartieri: la “Chiazzetta”, ”l’Ospedale”, ”l’Addolorata”, “San Paolo”; o quelle con i nomi più improbabili come “Cipp Ciapp”, “Punto e virgola” e i “Muchachos” e ancora tante altre formazioni che non sto qui ad elencare ma che sarebbe bello richiamare alla memoria in altra occasione o far addirittura rivivere in un rinnovato torneo cittadino nei prossimi anni. Il sasso è lanciato nello stagno: ora sta alle due squadre di San Marco, all’Amministrazione e a tutti gli appassionati provare a rimettere su quello che è stato un vero “gioiello” della nostra storia calcistica e sociale. Ma torniamo a Gigino.
Noi, nuovi dirigenti della Polisportiva Sammarco, quasi tutti quarantenni, abbiamo pensato di intitolare la nostra sede a Casale perché era il giocatore che in quegli anni ci faceva sognare, gli anni di quando eravamo bambini. Ci faceva sognare già a partire dal suo aspetto: quella chioma riccioluta che ondeggiava quando dribblava gli avversari e che sembrava dare più vigore ai suoi temutissimi colpi di testa da centravanti puro quale lui era. Era il suo colpo migliore, grazie anche alle sue capacità di elevazione, di coordinazione e di tempismo, ma ci sapeva fare benissimo anche con i piedi, usando indifferentemente destro e sinistro con una capacità di dribbling davvero eccezionale. Era un calciatore completo e con le sue doti avrebbe potuto avere una carriera ben più importante.
Gigino era uno che non si lamentava mai, nel campo (come Maradona) e fuori dal campo. Forse, proprio il suo carattere, un po’ schivo e introverso, meno forte per certi versi rispetto a quello di altri compagni più scafati, faceva sì che negli anni della Promozione lui spesso non partisse titolare. Ricordo però che quando entrava in campo partendo dalla panchina dal pubblico scaturiva una grande eccitazione e i tifosi lo incitavano a gran voce riprendendo grinta e vigore, magari durante una partita difficile. “Oh, mò trasce Casale!” diceva uno spettatore all’altro affianco, alimentando così la speranza di poter aggiustare un risultato magari non ancora positivo. Lui che la Promozione l’aveva conosciuta prima di altri compagni, perché, se le informazioni in mio possesso non sono errate, dopo i campionati dal 75’-76 al ‘78-’79 disputati con i colori granata, Benito Ripoli, allenatore proveniente da San Giovanni Rotondo, lo volle con sé nella compagine del Canosa. Poi ritornò successivamente a casa, per l’appunto nei primi anni ’80.
Un altro motivo è legato alla sua personalità: un ragazzo umile, a modo, parlava poco (che ancora oggi, ai tempi dei social, è una gran virtù), magari emotivamente un po’ chiuso, ma con un animo davvero sensibile e generoso, un cuore d’oro come si dice. D’altronde la sua seconda grande passione, dopo il pallone, era la musica: amava collezionare dischi, amava ascoltare e far ascoltare la musica agli altri e adorava Lucio Battisti. Un altro ricciuto come lui!
E poi soprattutto per la disponibilità e la cura che aveva verso i bambini e i ragazzi più piccoli di lui e che vedevano in Gigino quasi un idolo: nella sua strada sopra “La Strettla” insegnava loro a dribblare, come coordinarsi e calciare, come staccare di testa. Allora, insieme ai suoi “allievi”, era raggiante, sempre sorridente. E il pallone? Era lui che in quel quartiere popolare portava il proprio pallone e chiamava a raccolta i ragazzini passando casa per casa per impegnarli in un match infinito, come si usava a quei tempi.
Pertanto Gigino Casale non può che rappresentare, oggi come allora, ogni atleta che vive in maniera sana, leale, generosa lo sport, che vive la competizione con il fair play e il rispetto dell’altro e mai con l’odio, ed è per questo che ci onoriamo di intitolare questa nostra sede alla sua memoria, perché, come è stato d’esempio per noi, possa continuare ad esserlo per le prossime generazioni.
Viva Gigino! Viva il Sammarco!
Paolo SOCCIO