Amendola, tra “F-35” e “Predator” il futuro ti prende per mano
Viaggio nella base del 32° Stormo punta di diamante dell’Arma Azzurra
L’uomo del futuro si chiama Davide Marzinotto. Di professione è un colonnello dell’Aeronautica Militare, la forza armata tradizionalmente più orientata all’innovazione tecnologica. Lui, lavora ad Amendola, è il Comandante del 32° Stormo, punta di diamante dell’Arma Azzurra grazie agli F-35, i velivoli di quinta generazione di recente entrati in servizio in Forza Armata.
Qui, nella base più grande d’Italia, il futuro lo tocchi con la mano. Qui il pilota è diventato “il motore” della macchina. Una rivoluzione epocale, un salto di mentalità che porta l’elemento umano al centro dello scenario operativo. Fino a ieri si pensava prima alla condotta del velivolo e poi alla missione, perché le macchine erano più complicate da pilotare. La tecnologia, oggi, le ha rese più semplici e si vola con estrema facilità. Risultato? La sensoristica consente la gestione di uno scenario più grande, ben al di là dello sguardo umano, e garantisce una capacità di analisi più ampia.
Spiega Marzinotto: “Gli orizzonti si sono allargati grazie alla tecnologia. E’ come passare dai primi telefonini degli anni Novanta agli smartphone del Terzo millennio. Insomma, una volta in volo, il pilota può decidere strada facendo il tipo di missione perché l’F-35 ha tutto per fare tutto. Una grande flessibilità”.
Un esempio. Negli anni passati, c’era bisogno di una ricognizione fotografica? Partiva un ricognitore con le apposite apparecchiature, effettuava la missione e tornava alla base. Si decollava per una intercettazione? Ecco un caccia con i missili aria-aria. Insomma, ogni viaggio, un assetto diverso. Adesso non è più così. Il punto di forza del velivolo è rappresentato dalla moderna suite avionica e dalle potenzialità dei sensori di bordo che, completamente integrabili nei moderni campi di battaglia digitali, forniscono al pilota capacità di valutazione dello scenario operativo del tutto innovative. Ai compiti tradizionali, come la difesa dello spazio aereo nazionale, si aggiungono le nuove minacce da fronteggiare, legate all’instabilità del quadro geo politico e alle alleanze internazionali di riferimento. Una parte significativa della flotta dei velivoli da combattimento italiani è ormai datata. Ha il profumo delle cose di un’epoca andata. Anche il più moderno Eurofighter (jet di quarta generazione) è stato progettato negli anni Ottanta. L’F-35, destinato a sostituire “Tornado” e “Amx”, nonostante le infinite polemiche sui costi e sulla affidabilità, in parte superate, punta su un innovativo concetto di operatività.
Sono cambiate anche le emozioni di chi pilota un F-35? Marzinotto dice di no: “Il coinvolgimento emotivo, una volta staccate le ruote da terra, rimane forte. L’aereo è molto semplice e intuitivo, sorprendentemente maturo per la giovane età: tutto è costruito attorno al pilota”.
In questo spicchio di Puglia trasformato in un grande cantiere, tra ristrutturazioni e ampliamenti, è concentrata tutta l’Arma azzurra del futuro. Oltre al jet multiruolo, ecco i “Predator”, di prima e seconda generazione (A+ e B), in forza al 28° Gruppo “Streghe”. La gente li definisce “droni”. Qui, preferiscono si parli di aeromobili a pilotaggio remoto (Apr), un mix di tecnologia avanzata e avionica, professionalità e intelligence. Perché il pilota c’è. Non è a bordo della macchina, ma in uno shelter corazzato e iper-tecnologico. Gli strumenti sono gli stessi di un jet per far volare i “Predator”, dalla cloche al cockpit. Non è un caso se chi lo controlla è un pilota militare a tutti gli effetti; tra questi, ad esempio, anche la prima donna pilota italiana di “Tornado”. Le differenze tra i due modelli sono legate a velocità, quota, raggio d’azione. Nessuna arma a bordo. Solo sensori, occhi in grado di filmare e fotografare oggetti e persone, di amplificare le fonti luminose sul terreno, di inviare in tempo reale quello che vedono all’operatore. Il resto lo fa il team che segue il volo: supervisore, analista di immagine, esperto di intelligence.
Il ruolo delle “Streghe” di Amendola è destinato ad essere sempre più importante. Una parte è rischierata a Sigonella per occuparsi del Mediterraneo, area critica. Un’altra è in Kuwait per coprire i cieli dell’Iraq, dove ha raggiunto il traguardo delle 7mila ore di volo. Poi, c’è il cosiddetto “dual use”, la possibilità cioè di utilizzare gli Apr per controllare manifestazioni, aree specifiche, interventi a seguito di calamità, ricognizioni particolari. “Siamo stati tra i primi in Europa ad aver scommesso su questa tipologia di macchine – ricorda il colonnello Marzinotto – e i risultati ci stanno dando ragione”. Ancora una volta il salto nel futuro non è stato al buio.
Gaetano Campione
lagazzettadelmezzogiorno.it