Ci sono luoghi che raccontano una storia di milioni di anni, scorci modellati dal tempo e dalla natura così perfettamente da sembrare eterni. Il promontorio del Gargano, “lo sperone d’Italia”, è uno di questi. Le sue rocce sono come un nastro magnetico su cui è impressa l’evoluzione geologica. Strati sedimentati e sovrapposti in grado di svelare le origini e le trasformazioni di un territorio e di ridimensionare l’esistenza umana.
Dalla montagna al mare, dai grandi altopiani carsici alle ripide falesie cullate dall’acqua: tutto sembra ricordare all’uomo la sua piccolezza. Ed è in questi scenari che la spiritualità trova terreno fertile. Sul Gargano, noto soprattutto per le sue località balneari, il turismo religioso è presente e costante. Qui è nato il culto di San Michele Arcangelo e San Pio da Pietrelcina ha vissuto gran parte della sua vita. Circostanze che hanno reso alcuni comuni del Parco Nazionale del Gargano delle vere proprie mete di pellegrinaggio; ma è nelle grotte che avviene la fusione tra spiritualità e geologia.
Il nostro viaggio, nell’ambito dell’iniziativa della Settimana del Pianeta Terra, comincia proprio dal Santuario di Monte Sant’Angelo (unico posto al mondo per la redenzione perpetua dei peccati) per poi proseguire nella grotta di San Michele a Cagnano Varano. La fede è un filo invisibile che attraversa questi habitat unici nel loro genere. Quello che è percepibile a ogni senso umano è l’acqua di sorgente con il suo stillicidio. Nel silenzio della grotta si possono sentire le gocce, che con il loro cadere incessante creano stalattiti e stalagmiti da guardare. I fedeli bevono quest’acqua per pregare e chi non crede per entrare in contatto con una forza primordiale e più grande.
«Già dall’antichità queste grotte naturali venivano utilizzate per chiedere la grazia e la guarigione del bestiame e delle persone. La chiesa in grotta è proprio il connubio tra l’elemento territoriale e le forze che modellano il territorio», racconta l’archeologo Giuseppe Rignanese.
Sempre immersa nella natura è l’abbazia di Pulsano. Accerchiata da eremi e costruita su un colle, domina un panorama di spuntoni rocciosi e valli che scendono a mare. Un esempio di natura antropizzata e mistica con il suo complesso architettonico nel bel mezzo di un deserto ideale per ascesi e contemplazione.
Il paesaggio cambia velocemente verso la costa. Per chi ha la possibilità di una gita in barca, riposta la fiducia nella clemenza del meteo, nuovi scorci e innumerevoli grotte. Ampi strati calcarei e silicei modellano falesie e faraglioni dalle forme più bizzarre e aperte alla fantasia di ognuno nelle baie di Vignanotica e delle Zagare. La genesi di queste formazioni è legata a frane sottomarine durante i processi di sedimentazione. «Il Gargano ha delle rocce che sono antichissime, addirittura in alcuni casi si arriva a 160 milioni di anni. Questo territorio ci permette di ricostruire degli ambienti in cui si accumulavano i sedimenti che poi si sono trasformati in rocce molto simili a quelle che sono le Bahamas: un banco carbonatico in un clima tropicale circondato da barriere coralline e da mari relativamente profondi», spiega Michele Morsilli, docente di Geologia all’Università di Ferrara.
A pochi passi dal mare di Vieste, “La Salata” riempie lo sguardo con la sua falesia alta circa 30 metri e i suoi loculi sparsi ovunque. Gli archeologi hanno definito questa necropoli destinata alle sepolture cristiane come la più maestosa e suggestiva dell’intero bacino Mediterraneo. È la più antica testimonianza dell’arrivo del Cristianesimo sul Gargano.
In un itinerario strettamente naturalistico e a caccia di nuove emozioni, il safari in Jeep offre, nella zona di Ischitella e lungo il torrente Romondato, dieci chilometri di canyon, una prospettiva insolita sulle faggete della Foresta Umbra (Patrimonio Unesco) e venti chilometri di boschi secolari. Una biodiversità che promette una proposta turistica a 360 gradi e un’opportunità per il Parco Nazionale del Gargano di attirare visitatori tutto l’anno.
Silvia NATELLA
Ilmessaggero.it