San Nicandro Garganico, “Amici del paese”: «Col falò di San Sebastiano teniamo viva la fiamma della tradizione»
«Stare insieme e divertirsi, riscoprendo una tradizione ed una cultura che va perdendosi, e i luoghi caratteristici del nostro paese». Costanza Gaggiano, presidente dell’associazione “Amici del Paese”, presenta così l’evento di domenica prossima, 20 gennaio, quando a partire dalle 20 in Piazza IV Novembre, si celebrerà San Sebastiano col tradizionale falò. L’evento, col patrocinio dell’Amministrazione comunale, sarà arricchito da musica popolare, canti e balli a cura del gruppo “Aria sonora – Danze popolari & NPL Etnofolk”. A seguire, modernità col dj set Roberto Di lella & vocalist. In caso di intemperie, la manifestazione sarebbe rinviata di 7 giorni.
PERCHÈ L’EVENTO | Il falò di San Sebastiano di domenica prossima riprende e sintetizza un’antica tradizione che trae origine nella cultura pagana, arricchita e contaminata poi da rituali cristiani. Dal mix, la storia di un paese come San Nicandro che in questa giornata riscopre se stesso, mostrando specie ai più giovani un volto che rischia di essere dimenticato. Piazza IV Novembre sarà teatro di tutti i rituali tipici: accensione del fuoco, degustazione di fagiolata calda, panini, fave, ceci, vino. Il compito di preservare ad imperitura memoria la tradizione è la missione degli “Amici del paese”, composti anche dai volontari Ida Martino, Lucia Serena Pizzarelli, Concetta Curatolo, Patrizia Cataluddi, Lucia Cendamo, Concetta Nardella.
LA TRADIZIONE | Anticamente, si accendevano i falò per onorare quattro santi: Antonio Abate, Sebastiano, Ciro e Biagio. «Intorno ai fuochi – spiegano i volontari dell’associazione culturale “Amici del paese” – si mangiavano granoturco e fave abbrustoliti, ceci alla marinara con bucce di arance, alloro e sale scottati e poi cotti nella sabbia calda. A far da contorno, il Padre nostro recitato in latino, canti e stornelli».
Poi, le competizioni rionali, con maschere e scherzi. I più ricchi cuocevano carne di maiale al fuoco del falò, per poi offrire da mangiare a tutti, all’insegna di una sana e comunitaria convivialità. Secondo la tradizione, carne e fuoco duravano fino alle Ceneri, oltre cui la carne veniva bandita per il periodo della Quaresima. Da quest’usanza verrebbe la parola “carne-vale” nel periodo precedente al cammino pasquale.
Intanto, gli adulti raccontavano ai più giovani storie di sacrificio, educazione, lealtà, bontà, rispetto. La brace del fuoco veniva portata nelle case per riscaldare e purificare l’abitato, mentre le ceneri venivano sparse nei campi in auspicio del buon raccolto: incrociando la tradizione pagana, infatti, a Cerere per 40 giorni si offrivano digiuni e purificazioni, affinché la dea propiziasse abbondanti raccolti.
«I fuochi – conclude Gaggiano degli “Amici del paese” – , inizialmente accesi il 31 gennaio, furono anticipati in ricordo del martirio di San Sebastiano, il 20 gennaio 304 d.C. Oggi, abbiamo il dovere di mantenere vivo quel fuoco nella cultura contemporanea, valorizzando e celebrando le nostre tradizioni, le nostre radici, la nostra cultura».