Una foto, una storia: La Grande Rimonta
Si parla spesso di grandi rimonte nello sport, di vittorie ottenute in zona Cesarini (gol segnati negli ultimi secondi di una partita di calcio), o di vittorie insperate, dove si considerava lo sconfitto più forte del vincitore. Ma una delle rimonte degne di questa definizione, è quella riuscita al più grande sportivo italiano di Atletica Leggera di sempre, Pietro Mennea.
Primatista mondiale dei 200 metri per 17 lunghi anni (dal 1979 al 1996), l’uomo bianco più veloce della storia, fortissimo nei 200 metri, un po’ meno sui 100; un atleta retto e corretto. Mai dedito al doping e a fesserie simili, come molti atleti di oggi ne fanno uso.
Chi era Pietro Mennea e perchè è entrato nella storia dello sport? Era un velocista di Barletta, e quando qualcuno ci gridava dietro, quando eravamo ragazzini: “Uagliò, ma tu fuje come e Mennea”, era il complimento più bello che potessimo ricevere dagli adulti negli anni ‘70. Era come dire di saper giocare a calcio come Riva o Mazzola, oppure saltare in alto come Sara Simeoni, o correre sulla bicicletta come Gimondi.
Quando venivano organizzati i Giochi della Gioventù (per la nostra gioventù), nella villa comunale del mio paese, venivano tracciate delle simil-righe per delimitare le corsie che dovevano servire per correre i 100 o 200 metri, e per quelli più resistenti, le corsie prendevano tutto il perimetro del nostro parco comunale.
E mentre si correva si sentivano nelle orecchie gli incitamenti di parenti e amici: “Va’ Mennea, fuje!!”. Solo quel nome poteva darti una spinta in più per cercare di superare i compagni di classe che correvano nelle corsie parallele alla tua.
Pietro Mennea. Tutti eravamo dei Pietro Mennea, negli anni ’70, mentre si correva. Non solo per competere in una gara sportiva, ma anche per superare altri ostacoli di quella età, come fare un compito in classe: “E già hai finito il compito”, chiedeva il professore, ma che sei Mennea?”
Oppure quando bisognava assolutamente prendere quel treno in orario, per un viaggio che poteva cambiarti la vita: “Ho fatto giusto in tempo, ho preso il treno al volo, veloce come Mennea”.
E la sua grande rimonta la fece nel 1980 alle Olimpiadi di Mosca, quando riuscì a battere di pochissimo lo scozzese Alan Wells (alla sinistra di Mennea nella foto), il favorito alla medaglia d’oro e già vincitore nei 100 metri. Oltre al britannico, correvano contro Mennea i più veloci del mondo di quegli anni: i cubani Silvio Leonard e Osvaldo Lara, i polacchi Woronin e Dunecki, il tedesco orientale Hoff, il giamaicano Quarrie.
Mancavano a quelle Olimpiadi solo i velocisti statunitensi, per il boicottaggio che gli Stati Uniti fecero per motivi politici all’Unione Sovietica, e che non spieghiamo, poichè a noi adesso ci interessa solo Mennea!!
Lo svantaggio di Mennea consisteva nel fatto che, da sorteggio, gli venne assegnata la corsia numero 8, quella più esterna e difficile da gestire, non potendo seguire la corsa degli avversari. Al suo fianco il sempre presente Wells. È la sera del 28 luglio del 1980, stadio olimpico di Mosca, stracolmo per assistere a questa finale dei 200 metri. Gli atleti sono ai blocchi di partenza. Viene sparato il colpo che dà il via alla gara. La partenza dell’italiano non è delle migliori, Mennea arranca e ha difficoltà a tenere a distanza il suo rivale Wells che lo supera dopo 20 metri.
Mennea sembra sbandare prima di imboccare la curva che porta al rettilineo e quindi sulla linea del traguardo. All’uscita della curva, a 80 metri dal traguardo, è terzultimo. Poi quarto, terzo, secondo.
Dopo aver superato il giamaicano Quarrie, Mennea si trova spalla a spalla con il mastino Wells, che riesce a superarlo solo sulla linea del traguardo e vince con il tempo di 20 secondi e 19 centesimi. Battendo il britannico di due centesimi!! Mennea è medaglia d’oro!!!
A Pietro Menna purtroppo non riuscì un’altra Grande Rimonta, quella più importante per molti di noi: battere un male incurabile, che se lo portò via in poco tempo all’età di 61 anni. Lui tentò in tutti i modi per rimontare e vincere anche in quella gara, ma quando gli dei dell’Olimpo vogliono che tu non gareggi più tra i comuni mortali, non c’è nulla da fare.
È stato chiamato lassù, dove le corse sono infinite e i perimetri da percorrere eterni. Anche lì starà vincendo: in quel posto sta gareggiando e battendo gli dei che l’hanno voluto vedere all’opera…
Mario Ciro Ciavarella Aurelio