Una storia d’amore sul Gargano: la leggenda del ponte di cuoio di Castelpagano
Il luogo è ricordato anche con il nome di Castelsaraceno, poiché si stanziarono sul luogo contingenti saraceni in fuga da Bari, quando la città pugliese, nell’871, venne sottratta al dominio dei mori dall’imperatore Ludovico II
Questo luogo è legato strettamente al sentimento dell’amore. Che vuol dire amore?
L’amore è un sentimento intenso e totalizzante verso una persona. E’ una sensazione che può metterti in un “stato di grazia” e renderti l’uomo più felice, ma può anche distruggerti, fare a pezzi il tuo animo fino a renderti l’uomo più infelice di questa terra. Tutto si fa per amore fino a sfiorare la pazzia, a sfidare l’immaginario, a sfidare la diversità.
E così fece il nostro Mohan, signore di Castelpagano. Il principe saraceno Mohan si innamorò perdutamente di una incantevole principessa cristiana, Dolcebruna, che dimorava in un castello eretto sul Monte della Donna, dall’altra parte della valle. Un amore impossibile sia per il contrasto esistente per la diversità religiosa sia per il luogo avverso, infestato di rovi e vipere, che impediva i due amanti di incontrarsi segretamente. Ma Mohan era disposto a tutto pur di averla, persino al rapimento. I genitori della principessa, temendo l’incontrastabile furia saracena, escogitarono uno stratagemma: Mohan doveva costruire un ponte sulla valle per consentire a tutto il corteo nuziale di raggiungere Castelpagano.
Un’impresa impossibile, ma non lo era per l’amore del nostro Mohan, che si mise subito all’opera per cercare di soddisfare la richiesta della famiglia della sua amata, utilizzando tutto il materiale disponibile nel suo territorio. Centinaia di animali vennero sacrificati sull’altare dell’amore per ricavarne cinghie di cuoio e intere boscaglie vennero abbattute per farne dei tronchi di sostegno, tanto da trasformare la montagna in una pietraia brulla e sterile, senza più risorse utili alla vita. Finito il materiale, il ponte di cuoio rimase incompiuto, e i sudditi, affamati, abbandonarono il loro signore saraceno al suo destino. Così Mohan si lasciò morire rimanendo sulla cima della rocca con gli occhi rivolti verso il lontano Monte della Donna.
Ancora oggi, girando tra i resti di Castelpagano, quando la valle viene infuocata dal tramonto, e un leggero vento attraversa la valle, un vago lamento si sente levare dalla torre: è il pianto di Mohan.
Di questa storia esiste un’altra versione a buon fine.
Il giovane principe musulmano Mohan incontrò sulle sponde del torrente Jana la giovane Dolcebruna, figlia del principe cristiano Del Brancia, signore di Voltapianezza. Chiesta la mano a Dolcebruna, il principe Mohan si trova a dover affrontare una insolita e quasi irrealizzabile richiesta: costruire un ponte di cuoio che collegasse le due rocche di Castelpagano e Voltapianezza.
Anche in questo caso Mohan, spinto dall’amore, si mise all’opera per progettare e realizzare il leggendario ponte, impiegando genieri e pontieri abili, conciatori provetti, calderari e funai esperti. Con più ancoraggi venne fissato alla roccia del castello e al monte stesso l’aggancio di base delle funi dei tiranti del ponte, adagiato sulla dorsale della montagna. Migliaia di strisce e bande di cuoio vennero fissate dall’uno all’altro tirante, ponendo al centro il piano di calpestio in legno per tutte le quattro miglia che separavano la rocca moresca dal castello cristiano. Inoltre, per ogni miglio vennero fissate al terreno altre robuste funi dell’altezza media di 200 metri, per evitare il dondolare del lungo ponte. Terminata la struttura, vennero aggiogati centinaia di buoi ai capi opposti dei lunghi tiranti delle carrucole, e così il ponte slittò dolcemente sugli enormi scivoli, ricavati sul dorso della collina del castello saraceno. Dopo aver ondeggiato,il ponte si eresse a scavalcare i dirupi, i boschi ed anche il fiume stesso della valle sottostante, congiungendosi a Voltapianezza. Così il principe Mohan percorse a piedi il ponte fino ad arrivare dal Del Brancia per riscuotere la promessa fatta: issò Dolcebruna, splendente di gioia, su un palanchino e riattraverso il ponte, ritornando al suo castello, dove fu accolto dal tripudio del suo popolo, in festa per la felicità del proprio signore. In queste antiche storie, tramandate nei secoli, si potrebbe ritrovare un fondo di verità. Infatti, attraverso l’aerofotogrammetria, sarebbe stato trovato l’antico e scomparso insediamento di Volta Pianezza sulle pendici del Monte della Donna, di fronte a Castelpagano. Si tratterebbe di un antico borgo fortificato, posto a guardia della gola di accesso al Gargano, legato proprio ai Brancia.
Molte sono leggende legate a questo luogo, dove aleggia il fantasma di un fosco medioevo, folto di fortezze gareggianti con l’aquila, di fragori di armi, di torce che bruciano come le passioni.
Bibliografia di riferimento:
Saitto G. (2000). Novelle e leggende della Capitanata. Edizioni del Poggio;
AA. VV. (2004). Castel Pagano, la sentinella del Gargano. “Gargano Parco”, anno VI – n° 1, pag. 9;
Clima F. (2000). Leggende, microstorie e storie di Capitanata. Da Apricena, dal Gargano. Grafiche Litostampa;
Ferrante F. (2005). Uomini, luoghi, memorie. Dal Gargano all’Alto Tavoliere. Centro Grafico Francescano.