Racconto / ORATE

“Noi siamo quello che mangiamo!”

Così disse Mara all’amico. Che fece silenzio. Lungi da lui l’essere trascinato in una battaglia sul cibo, in quella guerra infinita tra vegani e pastafariani, onnivori e carnivori, vegetariani contro erbivori!

Aveva solo voglia di pranzare con qualcosa di buono data l’ora e l’acquolina in bocca. Inseguiva l’amica tra un banco e l’altro del mercato dove lei agile danzava, con addosso la gioia di una bambina quando entra in un negozio di dolci e la competenza di un chirurgo deciso tra quali ferri scegliere per l’operazione che l’attende.

Per questo motivo lei aveva scelto quella città fatta di sole e di mare, fuori dall’assalto delle orde turistiche sfamate con falsi cibi tipici, dalla qualità pessima e impropriamente strapagati.

“Qui si mangia bene…”

Che fosse tra i banchi dei mercati rionali o dai fruttivendoli in agguato coi loro motocarri agli angoli delle strade, lei riusciva ancora a sentire il profumo dei prodotti della terra e del mare, come succedeva solo a casa sua.

Riempì prima una borsa di tela con cavolo e porri, cicoria, patate e carote – ottimi per un minestrone – l’altra con mele, arance, kiwi e pere tutti futuri protagonisti di una macedonia appena da inzuccherare e spruzzare con acre succo di limone.

“Bene…”

Lui sperò che il rito della caccia al genuino fosse terminato, per prendere finalmente la via di casa e vedere quelle masserizie diventare cibo.

Ah! Quanto a questo le mani di Mara erano come di fata. Bastava un niente, mentre canticchiava perché tutto si trasformasse in un capolavoro di alta cucina.

“Solo se imparerai a gustare il cibo assaporerai l’amore – e sottolineava con malizia questa parola – vero per la vita…” era solita dire.

Improvvisamente Mara, mentre già stava abbandonando i vicoli formati dai banchi del mercato, si fermò ed esclamò:

“No! Stavo dimenticando il pesce! Ma come si fa!”

Lui rabbrividì.

Questo significava un’altra mezz’ora persa alla ricerca di quello giusto.

“Non temere. Andiamo direttamente da Pietro. Lui è il migliore!” e senza terminare la frase partì in direzione del banco del citato pescivendolo.

“Signurì, buongiorno!” fu il saluto di Pietro.

“Buon giorno Pietro. Cosa c’è di buono oggi?”

“’Ca tutt’a robba è buona! ‘O ‘ssai! Che vi serve?”

“Qualcosa da fare al forno, di veloce… se no questo mi muore per la fame…” e lo indicò con la testa.

“Nun sia mai! Ecco, tenimmo tutto! Cernie, dentici.. tonno, pesce spada… a voi la scelta!”

Mara guardò i pesci dalle belle forme adagiati su letti di ghiaccio.

Indugiò solo un attimo, poi decisa disse:

“Voglio un’orata! Una tra quelle là. Mi sembrano belle e saranno certamente saporite…”

“Avete l’occhio clinico, dottorè! Mai come quest’anno le orate del Mediterraneo sono belle grosse e dalla carne morbida, squisita. Mi raccomando – ma che ve lo dico a fare! – ricopritele bene di sale e insaporitele la pancia di rosmarino, olive, capperi e limone. Poi ne parliamo la prossima volta…”

Mara fu orgogliosa della scelta.

Mise il cartoccio con il pesce in una delle borse di tela e si avviarono finalmente verso casa. Prima però sostò in edicola. Prese il giornale e lo infilò di fianco al pesce, lasciandolo fuoriuscire per metà dalla borsa.

Lui sbirciò un titolo.

“OIM: 2.217 persone morte in mare lo scorso anno nel tentativo di raggiungere l’Europa”

Le orate pescate nel Mediterraneo da qualche tempo sono davvero più grosse e saporite.

Buon appetito!

Giuseppe DELLE VERGINI

 

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