San Giovanni Rotondo, il Day After dell’ennesima caduta dell’inquilino di Palazzo di Città
Un déjà-vu che non appassiona i sangiovannesi pronti a votare il nuovo sindaco tra tre mesi e mezzo. Cascavilla è già il passato
Dopo Gennaro Giuliani e Salvatore Mangiacotti, Costanzo Cascavilla è il terzo sindaco di estrazione piddina a saltare a San Giovanni Rotondo.
Una “moria” di primi cittadini che assegna alla città di san Pio, famoso in tutto il mondo, il poco invidiabile appellativo di città “mangia” sindaci”. Che siano tutti di estrazione di una determinata parte politica è un dettaglio che spiega solo in parte però il triste fenomeno che ciclicamente e puntualmente si manifesta in città. In attesa dell’insediamento del commissario prefettizio Antonio Incollingo , originario della provincia di Isernia, inviato dal prefetto di Foggia Massimo Mariani, le reazioni in città sono all’insegna del “te l’avevo detto io che finiva così”.
A San Giovanni Rotondo ci hanno fatto il callo: ne hanno viste di amministrazioni comunali cadute anzitempo. “La pera matura dopo due anni e mezzo” è il detto utilizzato dai Cassandra locali per vaticinare – non appena cominciano i primi litigi- lo schianto dell’amministrazione di turno. Litigi che puntualmente – come le tasse- si affacciano appena cessa la cosiddetta “luna di miele” (ovvero i primi cento giorni di mandato). Come è avvenuto del resto in questo caso.
L’avventura è durata 970 giorni (dal 19 giugno 2016 al 14 febbraio 2019). Cascavilla ha vergato una lunga lettera di congedo ai cittadini sangiovannesi, nella quale ha parlato di atto – le dimissioni collettive- che “risponde a logiche di vecchia politica”, si è intestato – insieme ai consiglieri comunali fedeli al suo fianco- “risultati importanti, molti non visibili” e si è soffermato su “qualcuno, un tempo convinto sostenitore di questa esperienza amministrativa, che ha deciso di staccare la spina”, riconoscendo però che in politica “può succedere che si cambi idea. E’ meno spiegabile – ha aggiunto- le modalità, segno della mancata capacità di confrontarsi con la realtà dei fatti”. Il finale della interminabile missiva di commiato è all’insegna del profondo rammarico – “mi spiace, cari sangiovannesi, dovervi salutare a metà dell’opera”- ma per ampi tratti auto assolutoria, tranne in un passaggio dove si accenna ad una larvata autocritica: “Abbiamo fatto del nostro meglio per portare avanti una idea di sviluppo della città. Lo abbiamo fatto, non senza errori, ma sempre in buona fede”.
Di tutt’altro tenore è invece il contenuto della nota dei nove firmatari che hanno provocato con le dimissioni lo scioglimento anticipato dell’assise. Motivazioni tranchant si leggono in calce al documento che ha spedito anzitempo a casa Cascavilla ed i suoi: “Constatata l’assoluta inesistenza di una maggioranza politico amministrativa – si legge- con conseguenze gravi e dannose per la città, e ritenuto lo stato di stallo perenne e di comprovato immobilismo che riguarda la macchina amministrativa, nonché i ritardi e l’assenza di qualsivoglia azione tesa alla programmazione e discussione di tematiche e argomenti di interesse pubblico, con la presente i qui nove consiglieri comunali rassegnano contestualmente e contemporaneamente le loro dimissioni”.
Lunedì si insedierà il neo commissario prefettizio Incollingo a Palazzo San Francesco, sede municipale, che traghetterà il Comune garganico alle prossime elezioni amministrative di fine maggio-inizio di giugno. Considerando che a San Giovanni Rotondo si vota con il doppio turno, la città -verosimilmente- a metà giugno prossimo si ritroverà con un nuovo sindaco, consegnando così alla movimentata storia politica cittadina, l’era (breve) Cascavilla, il sindaco che sognava una città smart, ma non vi riuscì. (Francesco TROTTA)