Il grande giorno per Sergio D’Amaro, scrittore di puro sangue garganico, è arrivato. Non si tratta di un battesimo, ma di una cresima-conferma del suo alto e prolifico talento creativo. Ciò si deve alla sua ultima fatica, L’allegro destino della signora Mariù, da poco in vetrina per i tipi di Besa in Nardò (Lecce). Casa editrice, quest’ultima, che ha già pubblicato nell’ultimo decennio la ‘sua’ Casa degli oggetti parlanti, Romanzo Meridionale (2010) e Il grande Ghibli (2015), anch’essi romanzi autobiografici, ispirati alla sua vita e ai luoghi dov’egli ha vissuto tra sole, mare e i verdi e salutari monti del Gargano.
La presentazione del volume si terrà, Martedì 12 febbraio 2019 alle 17,30, nella sala della Fondazione ‘’A. e P. Soccio’’ di San Marco in Lamis, dove egli risiede con la famiglia dopo la superata adolescenza in quel di Rodi Garganico, avendo esercitato fino a qualche mese fa, l’attività di docente in Lettere presso l’II.SS. “Giannone” del posto.
Ad intervistare l’Autore, ci proveranno due affabulatori e critici di eccezione. Il riferimento è a Matteo Coco, commentatore navigato e scrittore-poeta anch’egli, nonché docente di lungo corso presso l’anzidetto Istituto Superiore e alla giovane Barbara Massaro, docente di Lettere e promettente e graffiante animatrice culturale. Il tutto sarà coordinato da Michele Galante, presidente della Fondazione ospite, personaggio già noto per il suo luminoso passato di politico, di sindaco della città, di parlamentare e più recentemente di scrittore e storico della Capitanata.
Prima di darsi alla narrativa, D’Amaro ha dimostrato di essere anche un sensibile poeta e un acuto critico, nonché saggista e storico di fenomeni sociali, come l’emigrazione, producendo opere significative, nonché suggestive riflessioni apparse su questo e quell’altro giornale, in prevalenza su La Gazzetta del Mezzogiorno. Qui, tra l’altro è apparsa, in anticipo, una recensione sul tema di Cosma Siani, critico e docente di Italianistica presso l’Università “Tor Vergata” in Roma. Come premesso, l’opera in parola riflette oltre ai ricordi personali dell’autore, la figura della madre, appunto Mariù, chiamata a recitare in prima persona tramite un presunto e immaginato diario le vicende della sua novecentesca generazione.
Generazione vissuta fra la guerra in Africa Orientale (conquista dell’Etiopia), i roboanti discorsi di Mussolini in Piazza Venezia nella Capitale, appresi tramite le Radio Marelli, interrotte di tanto in tanto oltre che dalle continue scariche elettriche, dalle canzonette dell’epoca, come la ‘sovranista’ ‘Faccetta nera’ ed altre di amore. I ricordi si trascinano fino agli anni Sessanta, con l’avvento della TV dei primi Festivals di San Remo, dei quiz di Mike Buongiorno e del sogno americano, vissuto anch’esso in canzone, in particolare con il “Tu vu fa l’americane” dell’intramontabile Carosone, ecc.
Sono anni che l’amico Sergio, descrive, com’è suo carattere ed ispirazione, con delicatezza e sentimento, intriso talvolta persino di lacrime, come nel caso dell’avvertita e commovente plaquette poetica dedicata alla madre, appena scomparsa, girata tra i suoi amici più stretti. Da evidenziare nella sua produzione in versi: Il ponte di Heidelberg (Tracce, 1990), Beatles (Caramanica, 2004), Fotografie e altre istantanee, 2008, 20th Century Vox (2009). In narrativa si ha pure, Terra dei passati destini (Manni, 2005), a cui occorre aggiungere i bozzetti di Gargan River (1999). Sempre in prosa, da segnalare i vv. in più edizioni sull’emigrazione garganica (primi sul tema in Puglia) “E così che ho lasciato la mia terra” (titolo da lui inventato), realizzato con altri autori e l’Emigrazione dalla Capitanata…, scritto pure a più mani, in due edizioni. Di grande valore sono, altresì, le prose sulla biografia di Carlo Levi, con carteggio su convegni e relativo, fondo.
Come pure su Joseph Tusiani, di cui continua a curare il fondo, come pure la rivista “Frontiere” di sapore internazionale, in quanto qui si scrive e si riportano le esperienze dei nostri emigranti dispersi in tutto il mondo e dei loro discendenti. Di essa è fondatore-direttore da vari anni. Quella in predicato è un’opera finita, ossia un capolavoro che consacra l’autore e lo immette nell’elenco dei grandi della letteratura contemporanea. Ad Maiora! (Antonio DEL VECCHIO)