Quel vicoletto che rilanciò la cultura popolare
Angiporto Sant’Antonio Abate in corso Matteotti fu, negli anni settanta e ottanta, la vera anima spirituale e culturale del paese dal quale fuoriuscirono i protagonisti dell’attuale scena culturale e musical popolare. Le origini di Festa Farina e Folk. (Prima parte).
Per costruire le vicende musicali del nostro maggior gruppo musical – popolare (Festa Farina e Folk) bisogna partire da un angolo di paese molto caratteristico che si trova su corso Matteotti. Si tratta dell’angiporto Sant’Antonio Abate, ovvero quella via stretta e breve che conduce ad una piazzetta interna dove un tempo convivevano alcune significative attività creative e sociali. Oggi una cancellata in ferro ostruisce il passaggio ma un tempo non molto lontano questo luogo quasi nascosto era un centro vitale dove si fabbricavano idee e dove si somministravano pillole di solidarietà. Una cultura militante che insieme all’associazionismo qui facevano tutt’uno. Senza escludere l’Arte che in questi posti nascosti alla visione di molti aveva una sua dignità. L’Avis, che qui aveva la sua sede operativa, diventava all’occorrenza anche una galleria d’Arte quando alcuni artisti vicini all’Associazione proponevano l’esposizione delle loro opere.
Merito di una classe dirigente, lungimirante, aperta alla modernità e alla conoscenza come emancipazione civile e culturale del territorio, ma il merito maggiore va dato a Tonino Guida, che fu presidente dell’Avis per molti anni, come dire la persona che più di tutti ha saputo spendersi per dare slancio ad una vastità di iniziative culturali che hanno inciso fortemente nella crescita socio-culturale di molti di noi.
In questo luogo, oggi solitario quasi abbandonato, sono partite anche molte idee di tipo musicale e teatrale, solitamente impregnate di tradizione, che hanno dato luogo ad un vero e proprio movimento formato da giovanissimi con idee chiare, solide, che hanno saputo interpretare al meglio la voglia di cambiamento nei confronti di una tradizione che in quel momento stava agonizzando. Il loro impegno è servito non soltanto a ravvivarla ma soprattutto a rilanciarla con forza attraverso una azione rifondante che non ha precedenti nella storia culturale del nostro paese. Un’azione che corrispondeva ad una rinascita a tutti gli effetti riguardo quei contenuti vernacolari tipici della nostra storia, costruiti sui canti, sul teatro, sui costumi ricercati, che il tempo stava soffocando sotto la sabbia della storia.
Dapprima furono “Le Muntagnole” (foto copertina), che vestono i panni tradizionali, rinverdendo così un passato non troppo lontano, forgiato sui balli (quadriglie, salterelli e tarantelle paesane), con particolare attenzione ai costumi, che fanno rivivere, in modo passionale, una nuova stagione di riscoperte, favorito dall’impegno di un corpo di ballo, numeroso e seducente, che riporta in superficie, con un’attitudine davvero encomiabile, ciò che di bello ed identificativo apparteneva al nostro passato.
Tutto questo avviene nella seconda metà degli anni settanta che furono anni di trasformazione radicale negli assestamenti artistici e caratteriali del luogo. Un passaggio generazionale importante da cui emergono alcune figure prorompenti come Maria Villani, Rachele Delle Vergini, etc., mentre, per quando riguardo il settore propriamente musicale, bisogna considerare il ruolo fattivo, incisivo, che ebbe il maestro Tonino Lombardozzi, che fu guida non soltanto autorevole, formativa e rappresentativa ma servì soprattutto per dare forza e sostanza ad un progetto che segnò uno vero e proprio spartiacque col nostro passato.
Accanto al maestro, tra gli altri anche alcuni giovanissimi ed intraprendenti musicisti, tra cui Angelo Ciavarella, Raffaele Nardella, Leonardo Ianzanoe Teo Ciavarella, quattro personalità emergenti nel campo della canzone popolare e tradizionale sammarchese, che avranno il compito impegnativo di rilanciare, attraverso la ricerca, le peculiarità del nostro bel canto vernacolare e la musica che ne fa da cornice.
In quel vicoletto attivissimo, all’ombra della chiesa di Sant’Antonio Abate, vi era pure la sede degli Scouts, che era un’Associazione giovanile che teneva la sua operatività in alcuni punti della piazzetta. L’associazione, voluta e fondata dal parroco Don Angelo Lombardi era in buona sostanza una creatura di Gabriele Tardio, (1954 – 2013) l’indimenticabile attivista intellettuale, pacifista e cattolico militante, che lascerà un’impronta profonda nella storia del paese. Accanto a lui un nutrito gruppo di ragazzi/e che avranno cura nel tempo di preservare i suoi insegnamenti e la sua memoria.
Tra le attività creative che si formarono in quella piazzetta vi erano anche attività teatrali. Un esempio di attivismo collettivo lo possiamo trovare nei gruppi “La Baracca” che con “Celano Musica” avevano l’incombenza direi l’urgenza di allargare gli spazi creativi finora espressi soltanto attraverso l’esperienza delle Muntagnole. Mentre La Baracca si occupava di teatro portando a compimento diverse rappresentazioni nei vari luoghi deputati del paese, Celano Musica integrava il progetto con musiche e balli tradizionali formando così un unicum nella storia culturale del paese. Le due attività si completavano a vicenda poiché entrambi formavano un unico indivisibile soggetto.
Celano Musica porterà la canzone tradizionale sammarchese in molti angoli della nostra provincia facendo conoscere ed apprezzare ad un pubblico attento le nostre belle melodie, i nostri usi e i nostri costumi poiché la formazione si esibiva anche in costumi tradizionali. La loro fu una autentica musica tradizionale, priva cioè di qualsiasi contaminazione di genere. Una purezza che proveniva dai risultati ottenuti dalle loro ricerche in campo storico – musicale. Un utile punto di riferimento in tal senso sarà il volume di Raffaele Cera, pubblicato nel 1979 nella collana dei Quaderni del Sud di San Marco in Lamis, (Canti popolari di San Marco in Lamis) che aprirà autostrade sconfinate alle passioni del gruppo, riuscendo magnificamente a mettere in pratica le indicazioni fornite dal libro. A distanza di oltre un quarto di secolo un altro libro, se volete ancora più voluminoso e approfondito del Cera, pubblicato da Grazia Galante (La Vadda de Stignano ed altri canti popolari di San Marco in Lamis) allarga a dismisura gli spazi di intervento ridefinendo così un campo dalle dimensioni incredibili per la quantità (e la qualità) del materiale che ne vien fuori.
Con questi argomenti e su questi presupposti (ma anche su altre misconosciute e più genuine arie popolari) la formazione Celano Musica cessa di esistere per fare posto al nuovo ensemble che porta il nome di Festa Farina e Folk, come dire la vera istituzione della canzone popolare di San Marco in Lamis. (Continua)
Luigi Ciavarella