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Cronache Lunari n. 3: E guardo il mondo da un oblò

Se avessimo da sempre una visuale circolare e non “rettangolare” a 180 gradi, chissà come vedremmo il mondo. Tutto quello visto e vissuto, compresso in una memoria che si espande dalla nascita fino alla morte. Tutto tondo. Ogni cosa vista e rivista, sempre richiusa in un cerchio, senza spigoli e sbavature della nostra naturale visione.

Vivremmo e avremmo vissuto esistenze che avrebbero perso molto di quello che è “lì fuori”. Non vedremmo chi sta giungendo di lato e nemmeno chi ci sta camminando a fianco. Strane sensazioni, avremmo vissuto. Visuale rotonda come lo è il mondo, il sole e qualsiasi altro astro o pianeta esistente nell’universo. Anche la Luna. Il tutto visto e rivisto in un oblò che ci esclude lo sguardo su una buona fetta del creato.

Questa esperienza è stata vissuta dai primi astronauti che andarono sulla Luna: videro tutto ciò che riuscirono a vedere, attraverso degli oblò, finestre puntate sulla Terra che stavano lasciando. Un cerchio perfetto che inglobava solo il necessario da vedere. Come dire: tutto ciò che non è visibile da questi oblò, non esiste.

Il mondo ridotto ad una palla di vetro, attraverso la quale vedere e leggere il destino degli uomini: astronauti, quasi dei maghi che scrutarono tra le nuvole e l’azzurro del cielo, le vite degli altri. Senza vedere uomini camminare sul suolo terrestre. E nemmeno vedere le loro anime che si affannano per rincorrere qualsiasi cosa, e spesso senza raggiungerla.

Immaginare re e regni che vivono molto lontano da noi, astronauti, che stiamo viaggiando verso la Luna, per capire anche se quell’altra “terra” è piena di “umanità”. O soltanto da suolo e rocce lunari. Una visuale molto ristretta, non solo in senso visivo, ma anche concettuale: lasciamo una terra ben conosciuta e sbarchiamo su un’altra sulla quale quasi nulla sappiamo.

La Luna venne vista da lontano, prima dell’allunaggio. Si sapeva che nessuno avrebbe ricevuto gli astronauti, come se fossero dei migranti che cercano una terra promessa. Sempre con una visuale circolare. Come una strana maledizione. Non dovevano vedere la realtà in un modo molto “spaziale”, ma compressa, come quando si guarda attraverso un cannocchiale.

Gli astronauti che per primi misero i piedi sulla Luna, ci arrivarono vedendo ben poco di tutto quello che li circondava: non dovevano distrarsi dalla loro missione, intorno c’era un intero universo che forse gli avrebbe fatto cambiare idea. Ma cosa realmente stiamo facendo?

Mario Ciro CIAVARELLA AURELIO    

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