Fino a quel momento, nel 1977, era fin troppo facile scrivere e parlare di Gesù in senso cinematografico: bastava farlo ieratico, perfetto nel suo atteggiarsi (in senso spirituale), mai una parola fuori posto (che non fosse contemplata nei Vangeli), e il gioco era fatto.
Poi arrivò quello di Zeffirelli, che dette una scossa alla figura cinematografica di Gesù, era sì un kolossal, ma non molto evidente come tale. Lo era come produzione da parte di alcune televisioni europee, per il budget, ma non per la classica figura di Gesù. Zeffirelli si avvalse per scrivere la sceneggiatura, non solo della consulenza di esperti cattolici, ma anche di altri credi cristiani, degli ebrei e dei musulmani. Non dimentichiamo che Gesù nell’Islam è considerato il secondo profeta come importanza dopo Maometto. E anche i musulmani avranno detto la loro su come scrivere la sceneggiatura.
Mettere per iscritto una sceneggiatura per un film su Gesù, con considerazioni teologiche di più fedi, è stata una rivoluzione, non solo televisiva, ma anche un messaggio non poi così escatologico, ma abbastanza chiaro. Il “rischio” maggiore Zeffirelli lo corse quando decise di far interpretare la figura di Giuda come una persona in buona fede: si pentì immediatamente dopo la cattura di Gesù, andando dal sommo sacerdote del Sinedrio per protestare, visto che il Maestro venne arrestato e non interrogato.
Probabilmente, Giuda (quello vero) pensava che quell’arresto notturno e improvviso servisse agli uomini del Sinedrio per approfondire il messaggio messianico di Gesù. E non che dovesse essere processato, torturato e infine condannato. Infatti il rifiuto, tardivo, di accettare i trenta denari, rigettandoli al maestro del Sinedrio, è abbastanza chiaro per farci capire quali fossero le vere intenzioni di Giuda.
Zeffirelli più volte disse che, quando stava girando il film in Tunisia, improvvisamente atterravano degli elicotteri nel posto delle riprese e scendevano famosi attori americani che chiedevano di poter avere anche una piccola parte nel film. Era chiaro che il “messaggio messianico di Zeffirelli” si era sparso rapidamente, fino ad arrivare in America: qualcosa di nuovo si stava girando sulla vita di Gesù. Gli arredi nel film non sono mai maestosi, come le scene: come controprova del fatto che non si stava parlando di un re nella sua reggia, ma di un Uomo Nuovo per l’umanità che non aveva bisogno di tavole imbandite e abiti straordinari: ma di solo pane azzimo e vino, come nell’Ultima Cena. Seduto per terra con gli Apostoli, e il tutto illuminato dal chiarore della Luna.
Nel film non ci sono effetti speciali: per guarire l’indemoniato, a Zeffirelli è bastato far sfiorare la gola del ragazzo che si dimena, dall’ombra della mano di Gesù. Per la Resurrezione di Lazzaro è stato sufficiente far uscire il risorto dal sepolcro e farlo posizionare all’ingresso dello stesso, con il sudario e le bende che avvolgevano ancora il corpo di Lazzaro. Per la Resurrezione di Gesù non si vedono grossi macigni messi all’ingresso del sepolcro, che magicamente rotolano; ma si vede Gesù che si ritrova in mezzo agli Apostoli, così come lo era durante l’Ultima Cena: tutti seduti ad ascoltare il Maestro.
Anche l’Angelo Gabriele che annuncia a Maria la scelta fatta da dio come la prescelta per ricevere nel suo grembo Gesù, non è presente in scena: nessun dialogo tra la Madonna e l’Angelo. Solo la frase di Maria che dice: “Sia fatta la tua volontà”. Nessun messaggero alato nelle inquadrature, ma solo una debole luce che entra dall’esterno di una piccola finestra, di notte. E Maria sdraiata che guarda verso quella finestra. In scene del genere ci si aspettano angeli dotati di straordinarie ali, invece niente: solo Maria che dice di sì a dio.
Questo modo di interpretare l’Annunciazione, è avanti di tantissimi anni, come concepimento di un evento del genere: girare senza angeli in scena, con pochissima luce e la Madonna che parla da sola. C’era il rischio che lo spettatore non capisse nulla di quello che stesse succedendo.
A proposito di angeli che non appaiono nel film: Robert Powell inizialmente doveva interpretare proprio un angelo, ma quando si presentò sul set con i capelli lunghi, Zeffirelli disse alla sarta di vestirlo come un Apostolo. Ma subito dopo, il regista vide che quel viso era perfetto per interpretate Gesù.
La Via Crucis di Zeffirelli nel film è essenziale e poco spettacolare: non si tratta di un film splatter. Cristo verso il Golgota non porta la croce classica, ma solo la parte orizzontale (patibulum), che poi, arrivata a destinazione, veniva issata sul palo che funge da parte verticale (stipes) per completare la figura della croce. E in effetti è storicamente così: non era la croce “completa” che i condannati alla crocifissione si portavano sule spalle, ma solo la parte più corta.
Vedendo questa scena, in molti hanno avuto dei dubbi sulla veridicità del film di Zeffirelli, ma poi (sempre quei molti) hanno capito che se si studia anche quell’evento, in modo storico e non solo “alla catechismo”, si capisce che il fatto in sé ha parecchi aspetti che vanno oltre la semplice cronaca evangelica.
Girare un film su Gesù, è sempre stato molto difficile: o ci si fida ciecamente di quello che è scritto nei Vangeli, oppure bisogna andare ad indagare anche a livello storico e sociale su quella che era la società dell’epoca in quella terra dove visse un uomo che si chiamava Giosuè (in italiano).
Mario Ciro Ciavarella Aurelio