Rignano, a 104 anni è volata via Giuseppina Draisci
È tornata al cielo, l’altra sera, Giuseppina Draisci, ritenuta la matriarca più longeva nella storia di Rignano Garganico. Aveva 104 anni, appena compiuti il 16 aprile scorso. Compleanno, quest’ultimo, che aveva avuto uno svolgimento dimesso e senza clamore, a causa della sua salute, ormai del tutto malferma, circondata dai famigliari stretti, ammassati nella sua abitazione ex-Case Popolari, ubicata ad un tiro di schioppo dalla centralissima Piazza di San Rocco. Pertanto, la sua scomparsa ha riempito di cordoglio l’intera cittadina. Zia Giuseppina (così la chiamavano tutti) ha trascorso la sua infanzia e gioventù tra le due grandi guerre.
Ecco in sintesi la sua storia di vita. Giuseppina Draisci nasce a Rignano Garganico il 16 Aprile 1915 da Angelantonio (classe 1879) e da Grazia (1881, centenaria anch’essa nel 1981) nella casa avita di Via Arco Purgatorio. È la quinta di sette figli. Il primo Francesco perì in età giovanile, sparato da un sammarchese per futili motivi in località Boschetto, alla periferia del paese. Quest’ultimo, condannato all’ergastolo, fu liberato sul finir degli anni e perì pure lui con lo stesso mezzo per mano amica. Dopo la disgrazia, i genitori, chiusi nel loro profondo dolore, si rifugiarono alla masseria Caso in contrada Coppa del Vento, dove il capo-famiglia svolgeva lavori agricoli come salariato fisso alle dipendenze di Raffaele De Maio. Qui nacquero e crebbero anche i fratelli e sorelle della nostra protagonista. Precisamente Giovanni (1904), Angelo (1906), Rosa (1908), Nunzia (1917), Mariettina (1920) e infine, Pietro (1922), scomparso da poco. Giuseppina, a sei anni, fu mandata a scuola a Rignano, dove frequentò le prime due classi delle Elementari sotto la maestra Padovano, imparando a leggere e a scrivere. Dopo ritornò al lavoro usato in campagna, ad aiutare il padre e il resto della famiglia dividendo il suo tempo tra casa e campi.
Ormai giovinetta tornò in paese. Era una compagna allegra e preferita in tutte le occasioni, facendosi notare da subito per le sue burle, barzellette ed indovinelli che ella creava ad ogni piè sospinto. Una volta – ci confessò – con facezia e il sorriso sornione sulle labbra, presi una tartaruga (tutti a quei tempi ne avevano più di una in casa, in virtù della sua funzione vermifuga) e vi mise in groppa una candela accesa, quindi la collocò sotto l’Arco, completamente immerso nel buio (non c’era l’illuminazione pubblica e si cominciava a respirare aria di guerra). La luce si muoveva lentamente, tanto da spaventare i passanti che gridavano: è una bomba, è…una bomba! Ad un certo punto si fece avanti il solito “sbrafone” (don Chisciotte) e afferrò di colpo la candela e si accorse dello scherzo. Altre volte, specie nei giorni prossimi al Natale, si affacciava di notte alla finestra e spaventava le coppie, con le sue grida da lupo-mannaro. Tremendi pure erano i suoi scherzi, talvolta sadici, da “pesce d’aprile”.
Dimostrava pure la sua bravura sia nell’invenzione canto delle “strapolette”, ritornelli e quant’altro, sia negli indovinelli, quasi tutti a doppio senso, non si sa quanti di questi inventati di sana pianta o quanti altri appresi chissà da chi. Era un’attrice-burlona nata. Nessuno sapeva fare il distinguo. La nostra interlocutrice, raccontando non si scomponeva più di tanto, ilare com’era e si sentiva. A 23 anni, conosciuto Giuseppe Del Vecchio (1908-1985), s’innamora e lo sposa il 5 febbraio 1939. Con lui vivrà felice tra campagna e paese. Egli ha un piccolo fondo in contrada Caso. Prenderà altri terreni in affitto e tirerà avanti la famiglia, composta dai figli Rosa, Grazia, Michelina, Francesco, Michelantonio (morirà giovane), e Matteo. Tutti sposati con prole.
Attualmente il gruppo originario si compone di 17 nipoti e una miriade di pronipoti. Sino alla fine, nonostante il secolo e passa trascorso conserverà una memoria lunga e creatrice, come se ne avesse ancora venti. Frequentando la sua casa, abbiamo appreso quale fosse il segreto di tanta lucidità. Ci aveva detto: “Mi piace mangiare di tutto e bere un abbondante bicchiere di vino ai pasti”. Senza di questo, mi “ammoscio” e zittisco. I funerali si sono svolti questa mattina nella Chiesa Matrice dell’Assunta, officiati da Don Santino Di Biase, coadiuvato da Don Antonio Gianfelice, rispettivamente parroco e vice-parroco, e dai chierici, compreso l’immancabile Matteo. La redazione partecipa al cordoglio che ha colpito non solo la famiglia, ma l’intera Rignano, perché con lei se ne va un pezzo importante della sua storia e tradizione. Addio Giuseppina, ti siamo riconoscenti per la genuinità e l’orgoglio che ci hai dato! (AntDV)