Correva l’anno 1969, a San Marco in Lamis copertine viniliche in esposizione
Anche un concerto dei Woodstock ’69 per ricordare la colonna sonora del Festival di Woodstock.
Sintetizzando possiamo considerare l’anno 1969 come il punto d’arrivo di un sogno cominciato nel 63 con la beat generation, con tutto ciò che riuscì a coinvolgere (musica, letteratura, arte e cinema), per interrompersi bruscamente nel dicembre del 1969 con l’assassinio di un afro-americano ad Altamont da parte di un Hell’s Angel, nel corso di un concerto dei Rolling Stones.
Musicalmente parlando è stato un decennio a dir poco rivoluzionario per la grande varietà (e quantità) di suoni che ha prodotto. Un inizio nato sotto il segno della creatività più all’avanguardia per proseguire lungo un percorso che ha visto avvicendarsi diversi generi musicali che sono riusciti a far emergere delle personalità che hanno catalizzato l’attenzione del mondo.
Parlando del 1969 è giocoforza citare il Festival di Woodstock , che ricorre quest’anno il cinquantenario come recita la locandina, poiché è considerato, a torto o a ragione, la sintesi perfetta delle contraddizioni del decennio o il sipario che cala su una scena, a chiusura di un periodo comunque importante sotto molti punti di vista. Fu un raduno partito in sordina che ha visto ingrossare sempre di più il numero dei partecipanti sino a creare seri problemi di convivenza. E’ questo lo scatto del festival. Un happening che è riuscito in ogni caso a far nascere nuove formazioni e nuovi artisti che hanno raccolto nei settanta i frutti delle loro apparizioni. Almeno da questo punto di vista Joe Cocker, Santana, Ten Years After e qualcun altro debbono molto al palcoscenico del festival. Per gli altri invece si è trattato di una vetrina (CSN&Y, Jefferson Airplane, Who, Sly & The Family Stone, Joan Baez, etc.) senza contare che qualche “prima donna” ha deluso le attese (per esempio Jimi Hendrix e i Creedence C. Revival). Di quel famoso appuntamento allestiremo soltanto copie di alcuni nomi (tipo Santana per esempio che ottennero il contratto discografico grazie proprio all’evento) che hanno effettivamente prodotto un lavoro durante l’anno fatidico.
Tuttavia intendiamo ricordare un annata che fu, artisticamente parlando, molto importante sul piano della produzione musicale rock, tanto in America quanto in Inghilterra, con dischi che ancora oggi conservano un certo fascino soprattutto se riferito alle loro copertine, la vetrina ideale con cui hanno saputo riflettere non soltanto la loro musica ma anche l’arte, la bellezza e la fantasia, preludio di un periodo in cui l’arte in copertina si apprestava a diventare non soltanto involucro ma opera d’arte almeno alla pari del contenuto. Quindi non soltanto fascinazione ma anche punto di cesura tra due ere, con suoni che declinano ed altri che avanzano nel loro naturale avvicendamento, con nuovi stimoli creativi che aprono prospettive allietanti per il futuro della musica rock. Si pensi soprattutto al debutto dei Led Zeppelin che nel 1969 avranno addirittura due album in catalogo, i primi due capitoli di una saga ancora oggi considerata inarrivabile. Sarebbe stato un delitto escluderne uno. Il debutto degli inglesi King Crimson con quella copertina epica che evoca il grido di Munch, irrinunciabile, che ha il merito di aprire autostrade al Progressive. Poi i cantautori Bob Dylan e Leonard Cohen, due opposte figure per temperamento ma unite dalla passione per l’arte del racconto (Nashville Skyline per Dylan e Songs from a Room per l’altro), come dire il passaggio dalla città simbolo del country alla bellezza del mare Egeo. Gli eroi di Woodstock sono rappresentati dai Who con l’epocale opera rock Tommy, Joe Cocker con il debuttante With Help From My Friends, Ten Years After con Ssssh, uscito nel 69, i Creedence Clearwater Revival con la bella copertina agreste di Green River, Smash Hits di Jimi Hendrix e Volunteers dei Jefferson Airplane, il loro album più politico.
Restando dalle parti degli USA non potevamo esimerci dal proporre le copertine di Capt. Beefheart, l’enigmatica Trout Mask Replica, i Quicksilver di Shady Groove, gli Spirit di Family That Play Together, Aoxamoxa dei Grateful Dead, Hot Rats di Frank Zappa, etc. sicuramente si tratta dei loro capolavori più famosi come pure l’iconico Kick Out the Jam dei MC5 incendiaria band di Detroit (gli altri erano gli Stooges ma non hanno trovato posto in questa mostra). Un album storico può essere considerato Liege & Lief dei Fairport Convention, ritenuto a ragione il manifesto del nascente folk rock inglese; oppure alcuni lavori pubblicati in una fase di decadenza o di fine rapporto come gli album dei Doors (The Soft Parade) e dei Cream (l’esplicito Goodbye). Anche jazz rock di taglio mainstream come i Blood Seat & Tears e i Chicago, loro cugini di suono, oppure lo storico Valentyne Suite dei Colosseum di John Hiseman, scomparso da poco. Importante invece il circense Entertenement dei Family, autentico capolavoro. Riguardo i Pink Floyd, cari al nostro direttore, abbiamo inserito uno di loro dischi più famosi, Ummagumma, uscito quell’anno. Romantiche le copertine dei Bee Gees (Odessa) e dei Procol Harum (A Salty Dog).
Altre copertine potranno essere scoperte e ammirate durante la visita dell’esposizione che si terrà domani pomeriggio 21 giugno a partire dal pomeriggio tardi. La location è il prato di fronte all’edificio della villetta che ospita i laboratori di Artefacendo e la scuola di musica di Santa Cecilia.
Luigi Ciavarella