Il momento più critico per il d.j. delle radio locali era quando bisognava passare da un disco ad un altro. Cosa dire, oltre ad annunciare il titolo e il cantante? Se non c’erano dediche particolari, in quei pochi secondi che separavano le due canzoni, apparivano tanti punti interrogativi che il d.j. locale difficilmente sapeva come sostituire.
E allora ci si affidava a notizie flash lette su giornali tipo “Il Monello” oppure “Grand Hotel” (se la d.j. fosse una ragazza), relative all’attualità, oppure si leggeva l’oroscopo, magari un solo segno zodiacale tra una canzone e l’altra, per allungare il brodo. O semplicemente, per non tirarla troppo per le lunghe, il d.j. molto praticamente annunciava: “E dopo questo pezzo mettiamo un altro pezzo…”
Ecco, forse era questo l’annuncio più sincero e diretto che poteva fare il bravo presentatore di una radio locale. Senza tanti fronzoli e giri di parole. Era una specie di “No-stop music”, come veniva definita la rotazione musicale delle prime radio locali. Ricordo che nei primissimi anni delle emittenti radiofoniche di San Marco, molti giovani volevano cimentarsi come provetti d.j., ma pochissimi furono quelli che riuscivano a superare il “provino”.
Sinceramente, non era un provino vero e proprio, ma bastava avere una pronuncia decente (e magari tanti dischi di proprietà…) e si poteva accedere a quella radio privata. Presentare (o “lanciare”) dei dischi in una radio libera negli anni ’70, era un’attività che nessuno aveva imparato: non c’erano delle scuole, se così le possiamo definire, anche perchè le radio private nazionali ancora non nascevano, arrivarono anni dopo grazie ai network radiofonici che comprendevano più radio.
Come, Radio Luna, Radio Kiss Kiss, Radio Capital ed altre, che riuscirono a farsi ascoltare in tutta Italia grazie agli appoggi dei ponti radio di proprietà delle radio libere. In pratica comprarono le frequenze di quelle radio locali, in modo da fare una rete (network) nazionale. In questo contesto, quindi, come facevano dei giovani d.j. a sapere cosa dire e come dirlo in un programma radiofonico? Si improvvisava soprattutto. Anche grammaticalmente spesso quello che veniva annunciato non era proprio ortodosso: “E’ il momento delle dediche, il zio Carmelo dedica al nipotino Peppino la canzone…”, ma non tutti se ne accorgevano…
Sinceramente non era il caso di istituire delle scuole di sintassi: quello che interessava era che il messaggio radiofonico con relativa canzone in onda, arrivasse forte e chiaro ai radioascoltatori. Senza girarci intorno con le chiacchiere, come quando si desiderava conoscere una ragazza: alla faccia della grammatica!!
La radio locale serviva anche a far unire i cuori, far conoscere ragazzi e ragazze che magari sul viale non avevano il coraggio di incontrarsi e parlare; e allora si delegava il d.j. a fare quasi da… tratto di unione tra i due sessi. E allora la dedica poteva essere questa: “Dedico a quella ragazza che ieri era seduta nel salottino con la minigonna di jeans e che ogni tanto si metteva e toglieva gli occhiali da sole, la canzone “Due ragazzi nel sole” dei Collage”.
E a questo punto la ragazza che era seduta nel salottino con… chiamava in radio per sapere il nome del mittente di quella dedica. Ed era anche un modo per il dj, di non dire spesso: “E dopo questo pezzo mettiamo un altro pezzo…”, non era facile trovare degli intercalari interessanti tra una canzone ed un’altra.
Anche perché, le notizie erano scarse: non c’era internet e i giornali non tutti li potevano acquistare; quindi cosa dire tra un pezzo ed un altro era un’impresa. Per risolvere il problema alcuni d.j. decidevano di fare un programma su un solo cantante, in modo tale che potessero dare solo notizie su quell’artista. E allora nascevano programmi radiofonici tipo: “Riflettori su…” dove si parlava solo di Massimo Ranieri, ad esempio, prendendo notizie sull’inserto de “L’intrepido” intitolato “Io proprio io”.
E per i romantici d.j. c’era la ricerca sulle poesie e frasi d’amore, andando a rispolverare i libri di scuola. Frasi di Leopardi, Byron, Foscolo ed altri. Ma la presa, su questo argomento, sul pubblico radiofonico era ardua. E allora nel dubbio era meglio rimanere su “E dopo questo pezzo mettiamo un altro pezzo…”, tutti ti capivano, non si perdeva tempo e soprattutto in quel programma che durava normalmente un’ora, si ascoltavano molte canzoni!!
Mario Ciro Ciavarella Aurelio