Piangere e riconoscere in questi giorni la grandeur di Camilleri e di De Crescenzo è bello, ma ignorare altri grandi di altri settori e discipline, come Arturo Palma di Cesnola, paleontologo di fama mondiale, non è accettabile e fa male alla cultura italiana.
Lo studioso in parola è venuto meno il 9 Luglio u.s. in quel di Firenze, a 92 anni, ora sepolto nel famoso cimitero di Antella di Bagno a Ripoli (FI), accanto alle tombe di tanti altri illustri artisti, letterati e uomini pubblici. Solo pochi giornali ne hanno dato notizia, compresa l’Università di Siena, dove ha insegnato e diretto fino a diventare professore emerito il Dipartimento di competenza. Anche il nostro archeologo, come i primi due, ha scritto centinaia di libri scientifici sul tema.
Perché, dunque, la Rai ha taciuto? E’ quanto si chiedono in molti, a Rignano Garganico, dove lo studioso era cittadino onorario per aver operato e diretto per oltre un trentennio gli scavi a Grotta Paglicci, uno dei siti paleolitici più ricchi e completi dello Stivale. Tra l’altro, contiene l’unica pittura in ocra rossa di cavalli e impronte di mano; tantissimi graffiti d’ispirazione naturalistica riportati su oggetti fissi e mobili; due scheletri interi di tipo Cro-magnon (un ragazzo e una donna), tra i più antichi d’Europa; residui di farina d’avena di 32 mila anni fa; migliaia e migliaia di reperti litici appartenenti all’intero periodo preistorico; tra l’altro un sasso rotondeggiante tratteggiato da linee parallele, interrotte da punti e segni vari, quasi a rappresentare un’arcaica forma di scrittura, su cui si stanno lambiccando i cervelli migliori del pianeta, per venirne a capo.
Al professore fiorentino spetta, infine, un altro primato, quello di aver accertato, contrariamente a quanto sostenuto in precedenza dalla teoria evoluzionistica, l’indipendenza identitaria tra l’Homo di Neanderthal e quello Sapiens sapiens, giustificato dal fatto che negli ultimi tempi dell’esistenza del primo hanno convissuto entrambi per un discreto periodo. Periodo, quest’ultimo che egli chiama “uluzziano”, termine preso in prestito dalla baia di Uluzzo (Salento), dove ha riportato alla luce dalla Grotta del Cavallo una serie di reperti, tra cui un dente deciduo. Fu artefice e mattatore del XIII Congresso Internazionale di Scienze Preistoriche e Protostoriche, svoltosi a Forlì nel 1996, portando a Paglicci, studiosi di varie parti del mondo.
C’è di più. Alla pari degli altri due anche il di Cesnola era un creativo nato, avendo scritto alcuni libri di poesie, racconti ed anche romanzi, di cui l’ultimo, intitolato “Giornale di scavo”, è in corso di edizione- stampa. Tali testi hanno avuto l’avallo critico di un Pasquale Soccio, ritenuto uno dei letterati più insigni e prolifici del Novecento Italiano, originario del Gargano. (AntDV)