Puglia, illegittimo lo stop alla plastica in spiaggia. Il Tar «boccia» la Regione!
La fuga in avanti della Regione, che aveva tentato di imporre lo stop alla plastica sulle spiagge pugliesi, è illegittima in quanto non basata su alcuna fonte primaria di legge.
Con una ordinanza estremamente articolata, il Tar Puglia (a sezioni unite) ha sospeso l’ordinanza balneare proprio nella parte in cui ha imposto ai bar degli stabilimenti l’utilizzo di piatti, bicchieri e posate in materiali compostabili.
La Puglia aveva previsto fin da marzo di vietare la plastica monouso a favore della cellulosa biodegradabile, lanciando la campagna «plastic free» che ha avuto tra i testimonial anche il cantante Albano Carrisi. «Sarà certamente complicato ma possiamo farlo», aveva detto il governatore Michele Emiliano, mentre l’assessore al Demanio, Raffaele Piemontese, aveva detto che «siamo la prima Regione in Italia a rinunciare alla plastica per salvare la bellezza del nostro mare», contando sulla collaborazione di una associazione di categoria dei gestori dei lidi. Ma, a quanto sembra, non si può fare.
I giudici amministrativi hanno infatti accolto il ricorso presentato da alcune associazioni di produttori del settore (bevande analcoliche, acque minerali e distributori) e da un fornitore di prodotti per i bar, secondo cui lo stop alla plastica, imposto con l’ordinanza balneare, non è previsto da alcuna norma di legge. E la Regione – secondo il Tar (presidente e estensore Giuseppina Adamo) non ha alcuna competenza in materia, trattandosi di tutela della concorrenza. Anzi, ha preso un enorme abbaglio: la direttiva europea 2019/903, pubblicata il 12 giugno, non è ancora stata recepita e – anzi – impone lo stop alla plastica a partire dal 3 luglio 2021.
«Nella situazione attuale – scrive il Tar – si è in attesa di misure di attuazione della direttiva – le quali oltretutto impongono una serie complessa di scelte di politica ambientale e di carattere tecnico (in parte affidate alla stessa Unione europea), tanto che, ad esempio, non sembra neppure completamente delineata la stessa definizione di “prodotto di plastica monouso». La Regione, dunque, non può appellarsi alla direttiva europea «sia perché non possiede le caratteristiche per ritenerla self-executing (auto-esecutiva, ndr), sia perché tale effetto consegue solitamente all’inadempienza dello Stato membro», né tantomeno può invocare la propria potestà legislativa in materia (anche perché la questione non è mai passata dall’esame del Consiglio regionale).
Pur trattandosi di un provvedimento cautelare, l’effetto è uno stop definitivo all’ordinanza in quanto l’esame di merito è stato fissato a febbraio del prossimo anno. Questo perché i giudici amministrativi non hanno ritenuto sufficiente la previsione di un periodo transitorio (fino al 30 settembre) per l’esaurimento delle scorte di materiali in plastica, che «riguarda solo le bottiglie e non esclude il danno grave e irreparabile, stante il flusso dei consumi e degli approvvigionamenti estivi». I materiali compostabili hanno un costo molto più alto rispetto a quelli in plastica, costo che sarebbe quasi certamente ricaduto sui fornitori creando problemi pratici dal momento che l’industria non è ancora attrezzata per una produzione massiccia.
Non sembrano dunque esserci spiragli anche perché, giusto una settimana fa, il Tar Puglia si è già espresso nel merito su una questione simile, annullando un’ordinanza con cui in aprile il Comune di Andria aveva imposto ai titolari di distributori automatici di utilizzare soltanto bicchieri e posate in materiali biodegradabili certificati. Il motivo è sempre lo stesso: il divieto non è previsto da alcuna legge, e non spetta alle Regioni (tantomeno ai Comuni) attuare le direttive europee.
Massimiliano SCAGLIARINI
La Gazzetta del Mezzogiorno