Strage San Marco in Lamis, parla l’avv. di Luigi Ferro: «Ricostruzioni fantasiose ed infamanti sul mio assistito»
Riceviamo e pubblichiamo…
ILL.MO SIGNOR DIRETTORE SANMARCOIN LAMIS.EU
le trasmetto la nota di cui appresso in nome e per conto del Signor FERRO Luigi, e tanto al fine di consentire al Ferro di divulgare all’opinione pubblica la propria voce in merito a notizie ed a ricostruzioni, ritenute fantasiose, e riportate nei vari quotidiani online, successivamente alla strage di S. Marco in Lamis, avvenuta il 09.08.2017, ove trovarono la morte Luciano Mario Romito, De Palma Matteo e i poveri fratelli Luciani.
Dopo tale tragico evento, il Ferro ha dovuto ingoiare, in silenzio, per rispetto delle vittime e dei propri familiari, quintali e quintali di fango per accuse false ed infamanti, confidando nell’operato dell’autorità giudiziaria inquirente, speranzoso che, nei giusti tempi, avrebbe fatto luce su tale vicenda.
Ebbene, è necessario rompere il silenzio dopo la pubblicazione, avvenuta in data 01.09.2019, sul quotidiano online d’informazione e inchiesta “IMMEDIATO”, dell’articolo intitolato “Mafia Gargano, la figura dei fratelli Luciani e tutti gli interrogativi (ancora irrisolti) della strage di San Marco” e sottotitolato:” Tante le domande senza risposta dopo l’agguato del 9 agosto 2017. Spuntano possibili correlazioni con un omicidio di cinque anni prima e anche con un suicidio avvenuto pochi giorni dopo la mattanza”.
Va detto che, unitamente all’articolo, il direttore pubblicava, altresì, la foto del Ferro Luigi.
Ordunque, quanto esposto dal quotidiano online risulta essere clamorosamente falso e spudoratamente offensivo dell’onore e del decoro del Ferro Luigi.
Basti pensare che di vero, con riferimento al Ferro Luigi, vi è solo la circostanza secondo cui l’esponente risultava essere indagato, con il defunto Luciano Mario Romito, nel processo “ARIETE”, ad oggi ancora pendente dinanzi al Tribunale di Foggia, in relazione al quale il Ferro ha escluso, sin dal giorno dell’arresto, la sua responsabilità, contestando, con consulenze tecniche, poi avvalorate dalla perizia disposta dal Tribunale di Foggia- Ufficio G.I.P.- dott.ssa Corvino, il contenuto delle intercettazioni ambientali, fondanti i capi di imputazione contestati al Ferro.
Ebbene, il quotidiano in tale articolo si pone una serie di domande (Ma perché Romito, appena uscito dal carcere, doveva andare lì dove è stato ammazzato? Chi lo aspettava ad un probabile appuntamento o incontro? Chi lo attendeva in un territorio ritenuto per lui protetto e che riscuoteva la sua fiducia? Qualcuno che già sapeva gli ha teso una trappola?… Qualcuno avrebbe girato le spalle a Romito, consegnandolo ai rivali per porre fine alle ostilità? La sua morte avrebbe in un certo senso “liberato” i propri sottoposti?… Dalle indagini dell’epoca si appurò che Rendina non avesse intenzione di lasciare quei terreni e allora ci si domanda: qualcuno avrebbe risolto la questione con la forza? C’è una correlazione tra l’omicidio del 2012 e la strage del 9 agosto 2017? …Pochi giorni dopo la strage, si suicidò il fratello di Ferro. Perchè? Cosa lo avrebbe spinto all’insano gesto? L’aver mandato qualcuno a morire? E ancora: sono mai stati controllati i tabulati telefonici del suicida e della moglie relativi ai periodi precedenti al quadruplice omicidio) e nel cercare di dare “le sue risposte” (Di certo, quel giorno, il boss imboccò la Pedegarganica sicuro di raggiungere uomini di fiducia. Con lui il sempre devoto cognato De Palma, alla guida del Maggiolone nero. Non si esclude che qualcuno del posto possa aver fatto da “gancio”, accompagnando il boss all’appuntamento mortale… L’omicidio, il cui movente e responsabile sono rimasti ignoti, avvenne nei pressi di una tenuta, sui terreni di un tale Luciani, soltanto omonimo dei contadini ammazzati… Dalle indagini dell’epoca si appurò che Rendina non avesse intenzione di lasciare quei terreni… A San Marco in Lamis, lo storico luogotenente di Mario Luciano Romito era Luigi Ferro, detto “Gino di Brancia”, compagno di rapine anche nell’operazione “Ariete”, per la quale furono entrambi arrestati insieme ad altri personaggi noti della mafia garganica), allude pacificamente ad un ruolo presuntivamente svolto dall’esponente e dal povero germano Ferro Giuseppe, morto suicida, nella cosiddetta strage di S. Marco in Lamis ove trovarono la morte i fratelli Luciani nonché ad un ruolo presuntivamente svolto dal Ferro Luigi nell’omicidio di Rendina Carmine, dal momento che i terreni occupati in passato dal Rendina e dai Luciani, omonimi dei fratelli Luciani, assassinati il 09.08.2017, sono ora di proprietà del Ferro Michele e di altri soggetti, dopo cinque anni dalla morte del Rendina Carmine.
Ebbene, se è vera la ricostruzione, assolutamente fantasiosa del quotidiano online, secondo cui il Ferro Luigi era ritenuto il braccio- destro o addirittura il luogotenente dei Romito in S. Marco in Lamis, non si comprende perché egli avrebbe dovuto tendere una trappola e quindi concorrere nel quadruplice omicidio.
Il quotidiano online, nei propri articoli “inqualificabili”, prima aveva ipotizzato che i poveri Luciani fossero stati ammazzati in quanto testimoni scomodi; in un secondo momento addirittura aveva ipotizzato uno scambio di persona, alludendo che il vero obiettivo dei sicari fosse proprio il Ferro ed ora addirittura ha ipotizzato che, nel quadruplice omicidio, il Ferro abbia teso una trappola al Romito ed ai Luciani, conducendolo all’appuntamento mortale e tanto perché obiettivo del Ferro era quello di destituire il Romito per occupare un ruolo apicale nella presunta mafia garganica.
E per avvalorare tale infamante ipotesi accusatoria è stato tirato in ballo il germano del Ferro, il povero Ferro Giuseppe, suicidatosi, secondo tale quotidiano, pochi giorni dopo il quadruplice omicidio per presunti rimorsi, omettendo di verificare che in realtà il suicidio era avvenuto il 24.07.2018, ossia circa un anno dopo il tragico evento del 9 agosto.
Ma vi è di più!
Il Ferro Giuseppe era affetto da depressione ancor prima dei fatti avvenuti il 09.08.2017 e, senza ombra di dubbio, non si è suicidato per i presunti rimorsi avuti dopo il quadruplice omicidio.
Ad ogni buon conto, il Ferro Luigi non risulta essere indagato in relazione ai fatti relativi al quadruplice omicidio e ove mai così fosse, sarebbe opportuno ricevere le dovute comunicazioni dalla Procura Distrettuale Antimafia e non dalle pubblicazioni operate dai quotidiani, restando comunque disponibile a chiarire la propria posizione dinanzi agli inquirenti in ogni momento, poiché egli è assolutamente estraneo a tali fatti.
Ed infine non si può non spendere alcune parole in merito alla morte del povero Rendina Carmine!
IL Rendina Carmine, all’epoca dei fatti, deteneva in affitto, unitamente ai Luciani, omonimi dei fratelli Luciani ma non legati ad essi da alcun rapporto di parentela, i terreni ubicati in agro di Apricena alla località Foreste.
Dopo l’omicidio del Rendina Carmine, i Luciani spontaneamente lasciarono i terreni e senza ricevere alcuna pressione dal Ferro e, dopo circa cinque anni dai fatti, tali fondi venivano acquistati dal Ferro Michele e da altri soggetti
Ed anche in relazione a tale vicenda il Ferro è disponibile a chiarire la sua posizione ove mai dovessero essere pendenti indagini a suo carico, poiché egli è assolutamente estraneo ai fatti.
Ad ogni buon conto, per tali allusioni e ricostruzioni fantasiose il Ferro ha presentato atto di denuncia- querela dinanzi alla Procura della Repubblica di Foggia, sperando che una volta per tutte si faccia luce su questa vicenda
Tanto si doveva.
Avv. Angelo Pio GAGGIANO