Una foto, una storia: Pietro Mennea e Cassius Clay

Il più veloce e il più forte. Vedendo questa foto possiamo così riassumere la sopravvivenza dei primi uomini sul nostro pianeta. La selezione naturale ha da sempre scelto i più forti per combattere contro i propri simili e contro le bestie, e il più veloce che doveva sfuggire come preda a predatori molto veloci. E si sono incontrati una sola volta.

Non sono riuscito a trovare l’anno di questa foto, l’incontro è avvenuto in California, quasi sicuramente negli anni ‘80, avendo Mennea stabilito il record del Mondo dei 200 metri nel 1979.  E anche perchè quando si incontrarono il pugile “provocò” il velocista dicendo: “Ma tu sei bianco!”, come dire: come fai ad essere il più veloce? E Mennea rispose: “Ma dentro sono più nero di te!”

Per Cassius Clay il colore della pelle era molto importante, cambiò il suo nome in Muhammad Ali, poiché il nome di battesimo era quello di uno schiavo. Quindi di un nero. Il nuovo nome scelto è di origine islamica, come la sua nuova religione: rinnegò praticamente tutto, origini e credo religioso, volle essere un uomo nuovo. Ubbidendo solo al volere di dio, come dicono i musulmani: “Se dio vuole”.

Meno fatalista invece la vita sportiva di Mennea, di Barletta, dove a 14 anni per le strade della città sfidava le Alfa Romeo per scommessa e vinceva sempre. Si allenava 350 giorni all’anno: riposava solo nel periodo natalizio. Record mondiale, medaglia d’oro alle Olimpiadi di Mosca nel 1980, in una delle gare di atletica più belle di tutti i tempi: recuperò cinque posizioni e vinse di un millimetro sul britannico Allan Welles.

Su Cassius Clay le leggende si sprecano, ma le storie sono poche e vere!!! Come quando nella notte del 30 Ottobre del 1974, Kinshasa divenne la capitale degli uomini: tutti avevano gli occhi puntati sul ring, posizionato al centro dello stadio, dove c’erano almeno 100.000 spettatori a tifare tutti per Cassius Clay. Forse si voleva rappresentare l’Alba dell’Uomo: quando i primi ominidi si scontrarono tra di loro per darsi un re!! Sicuramente un despota, poco democratico, ma unicamente più forte fisicamente. despota, poco democratico, ma unicamente più forte fisicamente.

Nella boxe si grida chiaramente che bisogna ammazzare l’avversario, come si gridò quella notte: «Ali boma yé», “Ali uccidilo”. E quello che doveva morire era Foreman, un nero poi così non proprio nero, ma un quasi bianco, un americano non solo di nascita. Cassius Clay invece rappresentava l’Uomo Perfetto, nato da “Mamma Africa”, solo lui poteva far capire soprattutto agli americani che l’Africa deve dettare legge quando si ha a che fare con la Natura e la Forza dell’Uomo.

Il ring di Kinshasa era come una culla dove nascevano i primi pugni degli uomini: mani che si muovevano cercando qualcosa da abbattere, uomini contro, natura umana contro sè stessa. La logica non era nata con l’Uomo. E forse nemmeno dopo. Solo la forza aveva un senso. Un senso che dava forza al Creato di esistere: si nasce e si vive con la forza di vivere, se manca si muore. Alla fine vinse Cassius Clay, come “logica” volle!!

Pietro Mennea il suo trionfo più grande l’ottenne non tanto con il record del Mondo a Città del Messico nel 1979 durante le Universiadi, ma soprattutto a Mosca, come dicevamo, alle Olimpiadi del 1980. Quando vinse la finale dei 200 metri. Il favorito alla medaglia d’oro e già vincitore nei 100 metri era il britannico Wells. Oltre al britannico, correvano contro Mennea i più veloci del mondo di quegli anni: i cubani Silvio Leonard e Osvaldo Lara, i polacchi Woronin e Dunecki, il tedesco orientale Hoff, il giamaicano Quarrie. I predatori umani più veloci del Mondo!!

Lo svantaggio di Mennea consisteva nel fatto che, da sorteggio, gli venne assegnata la corsia numero 8, quella più esterna e difficile da gestire, non potendo seguire la corsa degli avversari. Al suo fianco il sempre presente Wells. È la sera del 28 luglio del 1980, stadio olimpico di Mosca, stracolmo per assistere a questa finale dei 200 metri. Gli atleti sono ai blocchi di partenza. Viene sparato il colpo che dà il via alla gara. La partenza dell’italiano non è delle migliori, Mennea arranca e ha difficoltà a tenere a distanza il suo rivale Wells che lo supera dopo 20 metri.

Mennea sembra sbandare prima di imboccare la curva che porta al rettilineo e quindi sulla linea del traguardo. All’uscita della curva, a 80 metri dal traguardo, è terzultimo. Poi quarto, terzo, secondo.

Dopo aver superato il giamaicano Quarrie, Mennea si trova spalla a spalla con il mastino Wells, che riesce a superarlo solo sulla linea del traguardo e vince con il tempo di 20 secondi e 19 centesimi. Battendo il britannico di due centesimi!! Mennea è medaglia d’oro!!!

Da bambini non imitavamo le gesta pugilistiche di Cassius Clay, ma soprattutto le “mosse” delle arti marziali, uscendo dal cinema comunale di Pompeo, dei film di karate. Appena usciti dalla piccola sala cinematografica, cercavamo di imitare quei colpi, ma fortunatamente non li portavamo a compimento: ci fermavamo sempre prima di colpire l’amichetto di gioco. Il pugilato non ci allettava tanto come sfide tra ragazzini. Su questo Clay viene battuto abbondantemente da Mennea!

Infatti Mennea era il nostro idolo! Mentre si correva si sentivano nelle orecchie gli incitamenti di parenti e amici: “Va’ Mennea, fuje!!”. Solo quel nome poteva darti una spinta in più per cercare di superare i compagni di classe che correvano nelle corsie parallele alla tua, quando venivano organizzati i Giochi della Gioventù (per la nostra gioventù), nella villa comunale del mio paese, venivano tracciate delle simil-righe per delimitare le corsie che dovevano servire per correre i 100 o 200 metri, e per quelli più resistenti, le corsie prendevano tutto il perimetro del nostro parco comunale.

Pietro Mennea e Cassius Clay. Due vite vissute al limite. Andarono via in punta di piedi, senza clamore. Il pugile dopo una lunga malattia, il velocista ci lasciò dopo pochi mesi di una bruttissima patologia. Adesso saranno Altrove dove si sfidano a chi è il più forte. Il bello è che lì difficilmente avranno trovato degli sfidanti. Forse si stano allenando per l’eternità, in attesa che qualcuno li voglia sfidare…

Mario Ciro CIAVARELLA AURELIO

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