Papa Francesco: «Restituita dignità ai migranti dei ghetti che avranno domicilio nelle chiese del Foggiano»
L’intesa a San Severo tra Comune e Diocesi per dare documenti e residenza ai braccianti in ‘via dell’angelo custode’: il pontefice ha ricordato l’accordo durante l’Angelus rivolgendo un “sentito ringraziamento”.
Il Papa ha rivolto pubblicamente un “sentito ringraziamento” al Comune e alla Diocesi di San Severo in Puglia per l’intesa che “permetterà ai braccianti dei cosiddetti ‘ghetti della Capitanata’, nel Foggiano, di ottenere una domiciliazione presso le parrocchie e l’iscrizione all’anagrafe comunale. La possibilità di avere i documenti d’identità e di residenza offrirà loro – ha sottolineato il Papa – nuova dignità e consentirà di uscire da una condizione di irregolarità e sfruttamento”.
Grazie tante al Comune e a tutti coloro che hanno lavorato a questo piano”, ha detto papa Francesco. A San Severo in Puglia è stata siglata, lo scorso 28 ottobre, alla presenza dell’Elemosiniere Apostolico, il cardinale Konrad Krajewski, una intesa tra il Comune e la Diocesi.
Stando al protocollo – il primo nel suo genere – che segue la visita del cardinale, un mese fa, ai cosiddetti ‘ghetti dei braccianti agricoli dell’area, le parrocchie potranno dare domiciliazione ai senza dimora, migranti e non, condizione indispensabile ai servizi anagrafici del Comune per il rilascio di documenti di identità e residenza. “Ciò significa uscire da una condizione di irregolarità e soprattutto essere finalmente ‘visibilì in termini di lavoro e di servizi”, spiegano in Vaticano.
Via dell’angelo custode è il nome della strada fittizia creata dall’amministrazione comunale. Toccherà poi alla Caritas e ai servizi diocesani aprire la pratica e portarla in Comune in modo che i migranti possano essere iscritti all’anagrafe. Il problema della residenza è molto sentito tra i richiedenti asilo: il primo decreto sicurezza ha infatti bloccato l’iscrizione all’anagrafe degli immigrati. Senza questo documento non è possibile avere un contratto di lavoro, essere curati, avere una casa. Proprio queste concrete necessità hanno spinto monsignor Krawjeski ad agire subito: “La parola misericordia significa fatti concreti, non perdersi in parole. Aiutare migliaia di persone che vogliono essere riconosciute e che vogliono lavorare in modo degno. Il Vangelo dice questo: lasciare le novantanove pecore e occuparsi di quella che si è persa, che è malata, che è esclusa. Il Pontefice costruisce ponti, per questo la mia presenza qui è il timbro del Papa, noi uniamo. Porto la sua benedizione, ma anche la sua ferma volontà di dare un aiuto concreto a chi ne ha bisogno”. (bari.repubblica.it)