I pellerossa non volevano farsi fotografare: la loro anima sarebbe rimasta impressa su quelle lastre. E quando Manitù li avrebbe chiamati nelle Grandi Praterie Verdi, si sarebbero presentati davanti al Grande Spirito senza la parte più importante. Con la quale si dimostra di essere stati dei grandi guerrieri prima dell’addio. Evitavano il progresso, in sintesi, un qualcosa di poco naturale, per loro.
Ci sono ancora tantissimi popoli che sfuggono dal “vivere civile”, e preferiscono rimanere come madre natura li creò, e dove li fece nascere. Continuano a vivere tutti lì: insieme, in gruppo, come mandrie che non vogliono essere prede di cacciatori. Ma a volte, fanno avvicinare uomini bianchi, muniti di strani oggetti che terminano spesso con dei cilindri lunghi pochi centimetri e che puntano sugli indigeni, che sono andati a trovare.
Per fotografarli. Solo questo. La teoria dei pellerossa sopra descritta non è più valida: l’anima rimane dentro di loro, non viene rubata da scatti di macchinette. Così, quando anche loro attraverseranno la porta dello spavento supremo, potranno portare davanti al creatore corpo e anima.
Costanzo Cascavilla è stato uno straordinario fotografo, ma anche un bravissimo dottore, ha operato presso l’ospedale di Padre Pio, Casa Sollievo della Sofferenza. Ho avuto il piacere di incontrarlo alcune volte, e ho subito capito che c’era qualcosa di diverso: non solo un medico, ma anche un bravo scrutatore dell’animo umano.
Spesso le diagnosi si fanno anche con il tatto, la sensibilità che ognuno di noi possiede aiuta molto. Poi ho saputo che è stato uno straordinario fotografo, di quelli che “vanno sul posto” per testimoniare ciò che la realtà racconta. Come quado vediamo i documentari in tv e ci sembrano un po’ cinematografici, ma poi scopri che è tutto vero: quei popoli, quelle usanze sono uguali da sempre. I colori con i quali si dipingono il corpo fanno parte di rituali ancestrali, e guai se non lo facessero sempre allo stesso modo: finirebbero i loro mondi.
Quei colori, le espressioni, i mondi che ci circondano li ho potuto conoscere grazie ad una mostra fotografica straordinaria dedicata al dott. Cascavilla dove sono esposte le sue foto realizzate in tutto il mondo. Soprattutto in quello che qui da noi pochi conoscono: India, Nepal, Cina, Indonesia… i colori impressi nelle sue macchine fotografiche sono testimoni muti della spiritualità che ci circonda, del mistero del nostro pianeta. E gli sguardi: soprattutto di bambini che ci guardano dalle macchine fotografiche di Cascavilla, come se fossero dei confessionali dove non si confessano peccati, ma misteri.
Le foto di Costanzo sono dei misteri: riprodotti in pochi centimetri e davanti a quegli uomini ripresi. Da decifrare, interpretare e cercare di capire il perchè di quegli sguardi e di quelle costruzioni. Il perché di quella povertà. Di quelle ingiustizie. Dell’assurdità del mondo. Della logica che ci sfugge o che addirittura non c’è. Del silenzio di dio. Delle urla di dio. Di bambini che si fanno bagnare dalla pioggia. Di uomini e donne che rimangono sotto un sole cocente. Di monaci buddisti che non parlano mai. Di vecchi che non ricordano quando sono nati. Di neonati che non sanno ancora di essere nati. Di gente che piange. E di gente che non lo vuole fare. Di carretti poverissimi con poca roba da vendere. E simpatici motorini truccati per metterci sopra 3-4 persone.
Le foto di Cascavilla ci aprono delle porte che poi è difficile chiudere: si aspetta sempre che qualcuno si affacci e ci spieghi il perché di quel posto.
Adesso il dott. Cascavilla è in un luogo dove le fotografie non servono: lì la verità è fin troppo lampante, non servono né flash e né rullini da sviluppare. Ma bastano gli occhi. Anche se sono chiusi.
Mario Ciro CIAVARELLA AURELIO