Una foto, una storia: “Da Checco il Carrettiere”
di Mario Ciro CIAVARELLA AURELIO
In principio doveva esserci solo Cassius Clay. Poi arrivò Robert De Niro. Si accodò Sergio Leone. E Gabriel Garcia Marquez per non sentirsi escluso arrivò per ultimo. Non è l’inizio di una barzelletta o un aneddoto senza né capo e né coda: ma è una realtà che superò di gran lunga una fantasiosa riunione presso una trattoria.
A sua insaputa Gianni Minà aveva riunito in pochi minuti un gruppo che lui stesso definì “un bene dell’umanità!” Il tutto non venne organizzato, ma semplicemente fu un “evento” improvvisato. Il giornalista Minà doveva intervistare per la trasmissione “Blitz” su Rai 2 nel 1984 Cassius Clay. Saputo ciò, De Niro che si trovava a Roma in quei giorni, volle essere presente da Checco il Carrettiere, storica trattoria romana per conoscere il pugile. Minà chiamò il regista Leone visto che c’era De Niro, e poi arrivò anche lo scrittore Marquez.
Non sappiamo chi scattò la foto! Non penso che sia stato Checco, può darsi pure che l’abbia scattata lui, ma a noi piace pensare che il fotografo fosse stato almeno… il Papa! In quel periodo Cassius Clay non era più in attività, tre anni prima aveva disputato il suo ultimo incontro alle Bahamas contro un certo Berbick. Nessuna diretta dell’incontro: Clay era ormai in discesa sia come popolarità, che come stato di salute, iniziava ad avere il cervello in fumo.
E quella partecipazione al “Blitz” di Gianni Minà serviva per far chiudere il cerchio ad una carriera straordinaria del pugile americano: avrebbe parlato della sua lunga e straordinaria vita di uomo prima, e di pugile dopo.
Sergio Leone e Robert De Niro a Roma: per presentare quello che per me è il più bel film di tutti i tempi: “C’era una volta in America” uscito proprio nel 1984, attore e regista per mettere nero su bianco la storia di questo straordinario film. Rendere noto a tutti come venne concepito in un lunghissimo arco di tempo: undici anni. Film molto tribolato come scrittura e produzione, gli americani vollero fare assolutamente cambiare il titolo originario che doveva essere “C’era una volta l’America”. No, dissero di intitolarlo “… in America”. Il regista italiano ubbidì. Giustamente l’America non è solo quella dei gangster italo-americani.
Lo scrittore colombiano Marquez reduce due anni prima (1982) del premio Nobel per la Letteratura, quasi portò in trasmissione quel riconoscimento, quando parlò dei suoi romanzi: “Cronaca di una morte annunciata”, “La morte al tempo del colera” ed altri.
Ma prima di tutto questo, il quintetto si ritrovò per puro caso in una trattoria di Roma, dove penso non si parlò di quello che venne poi detto in trasmissione, ma parlarono di loro: delle loro vite. Quelle che non si possono rendere pubbliche. Del loro privato: dei loro amori quelli veri, dei loro guadagni (cifre per difetto), delle loro famiglie, del loro futuro immaginato, di come il mondo molti anni dopo li avrebbe ricordati.
In una foto c’è tutto e non c’è niente: dipende da chi la guarda, e se riconosce o meno quelle vite impresse su quella pellicola.