di Antonio Daniele
Ieri sera per le strade di Foggia ha preso coscienza un popolo, quello di Foggia e della sua Provincia, soffocato dalla malavita e dalle mafie. Per la verità, quella bella gente ha detto molto di più di mille parole che a volte rischiano solo di essere retorica. Quella bella gente fatta di adulti, di giovani, di ragazzi, di uomini e donne delle istituzioni, delle associazioni, del sindacato e del mondo dell’università e della scuola, si è riappropriata di uno spazio, della piazza, della città. Luoghi, a volte, lasciati liberi a logiche che nulla hanno a che fare con la bella gente. Foggia e la sua provincia ha detto basta al marciume e alle logiche di collusione. Adesso tocca a noi continuare su questa strada. Oltre ai parenti delle vittime di mafia, ieri sera hanno preso la parola due uomini di chiesa. Differenti tra loro, ma uniti dallo stesso amore per l’uomo, immagine di Dio. I circa ventimila persone hanno potuto ascoltarli. Tanti forse per la prima volta ascoltavano preti che hanno a che fare e lottano la mafia. L’accorato discorso di don Luigi Ciotti ha strappato più di un applauso, ma oltre a parlare ai foggiani, ha parlato al Paese Italia. Il problema non è solo Foggia, il problema è l’Italia intera che deve cambiare marcia per assicurare soprattutto ai più giovani un avvenire trasparente e limpido. Il discorso dell’Arcivescovo Pelvi era rivolto alla sua città. Ha analizzato chiaramente e senza nascondimenti di circostanza quello che la città vive. Ma ha soprattutto dato degli spunti per ripartire e non lasciare che tutto termina in una mobilitazione come ha preferito chiamarla don Ciotti la marcia di ieri sera. L’arcivescovo Pelvi ha lasciato tre parole in disuso: armonizzare, solidarietà tra generazioni e patti di stima. Armonizzare il pensiero con l’emozioni, cioè sviluppare un percorso di azione e di formazione senza fermarsi alle emozioni che sono senz’altro legittime nei primi momenti. Incentivare anche nei nostri ambienti ecclesiali percorsi di solidarietà tra le generazioni. Adulti e giovani devono trovare uno spazio in cui parlarsi, raccontarsi e se è possibile di mutuo aiuto. Infine, patti di stima non solo tra generazioni, ma anche tra gli attori protagonisti del nostro territorio: tra le Istituzioni, tra scuola e famiglia, tra Chiesa e territorio, tra le associazioni. Tre percorsi che dobbiamo sviluppare e studiare per non lasciare che la mobilitazione di Libera non rimanga solo un bel ricordo. Allora rimbocchiamoci le maniche e partiamo noi, le associazioni, i movimenti e le nostre parrocchie, a far bello il nostro territorio con una risposta limpida e chiara.