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In ricordo di Don Soccio: insigne salesiano, ritornato al padre da poco

Giovanni Soccio, sacerdote salesiano è volato in cielo in quel di Roma.

Precisamente il triste evento si è consumato nella comunità “A. Zatti” nella capitale, dove era stato ricoverato, bisognoso di assistenza continua com’era, per via di una grave malattia.  Le esequie funebri sono state celebrate presso la Chiesa parrocchiale romana di San Giovanni Bosco. Ma, a Rignano, sua città natale e d’infanzia, la triste notizia si saprà alcuni giorni dopo. A renderla nota ci penserà il parroco Don Santino Di Biase, sempre attento e puntuale nell’appuntare e a far girare di casa in casa le buone e le tristi novelle del giorno.

Ovviamente la scomparsa è stata accolta con viva costernazione dalla comunità. E questo perché qui la famiglia è assai conosciuta. Lo è soprattutto per la proverbiale bontà di tutti i suoi componenti vicini e lontani.

Ma chi è don Soccio? Egli nasce nel piccolo centro garganico il 4/09/1938 da Raffaele e Frusina (Eufrasia) Del Vecchio. Il papà, era contadino e la mamma casalinga, gente semplice di campagna. Infatti, il genitore ogni mattina, dopo essersi vestito alla meglio e con il capo coperto dalla caratteristica coppola a visiera prendeva il suo bravo asinello e lo conduceva all’uscita del paese sulla strada per San Marco in Lamis. Qui accostato l’animale alla piattaforma dove si ergeva la Croce dei passionisti (1907) dirimpettaia alla Chiesa di San Rocco, saliva sul basto dell’animale e si recava al proprio fondo, ubicato ad alcuni chilometri da paese, in montagna. Qui si intratteneva sino a sera, lavorando sodo, per assicurare alla famiglia il pane quotidiano. Oltre a lui in casa aveva un fratello maggiore, di nome Antonio, come il nonno, originario della vicina San Marco in Lamis.

Anche, quest’ultimo, come l’altro vivrà la vita di emigrazione e della lontananza dalle proprie radici, prima in Germania, e poi dopo aver messo su famiglia, nella Capitale, dove alcun i anni dopo il pensionamento si spegnerà, con la morte nel cuore anche lui perché lontano dal paese che gli aveva dato i natali. Giovanni, sotto la guida di Raffaella Di Gregorio, insegnante assai valida, frequenta le scuole elementari del paese, scoprendo sin da piccolo la sua vocazione religiosa. E ciò non a caso. Infatti, era un allievo prediletto del sacerdote secolare Don Nicolino Martelli, che lo seguiva assiduamente in ogni dove, assieme ai suoi amici dell’epoca, coetanei o minori di lui, che siano. Il riferimento è a: Giuseppe Del Re, scrittore e poeta, Matteo Urbano, che emigrerà e morirà nella Germania dell’Est,  Giuseppe Resta e Michele Gentile, entrambi salesiani viventi, Angelo Nardella, uomo di scuola e dirigente in pensione(residente a Roma), Donato Cataldo, ex – docente a Cagliari (deceduto),  Gabriele Fania (frate francescano, già guardiano del Convento di San Matteo), Angelo Montesano, a chi scrive e a tanti altri ancora.  Con lui si faceva a gara a servire messa presso l’ex- Chiesa del Purgatorio, restaurata da poco, grazie all’impegno del citato Martelli.  

Quest’ultimo, a quel tempo, era una sorta di novello Don Bosco. Aveva, infatti, uno straordinario carisma ed era circondato costantemente da giovani ed alunni. Giovanni aveva un carattere aperto e scherzoso. Per cui l’empatia nei suoi confronti contaminava un po’tutti coloro che lo frequentavano come me. Ed è per questo che molti qui lo ricordano ed ora ne soffrono per la sua dipartita. Chi scrive da allora non l’ha più visto, né incontrato in paese, anche perché successivamente pure lui aveva preso altre strade, sempre nello stesso campo, ossia frequentando le medie in un collegio benedettino.  Ecco il resto delle notizie biografiche e curriculari date ed apprese presso i suoi confratelli salesiani.  

Dopo la scuola elementare di Rignano entra nel 1950, a 12 anni, nell’aspirantato di Gaeta, dove consegue al termine del quinquennio la licenza media e la quinta ginnasiale. Nel 1955 lo troviamo a Lanuvio (Roma) per il noviziato salesiano. Dopo di che passa al San Callisto di Roma, dove sino al 1959 compie gli studi liceali e filosofici e di seguito il tirocinio pratico al Don Bosco e poi a Villa Sora, dove rimane fino al 1962.  Da siffatto anno sino al 1966 è a Castellammare di Stabia, per lo studio della Teologia, in vista dell’ordinazione sacerdotale che avviene a Salerno il 13 aprile del 1966.

Lo stesso anno si ha, a Rignano, il “repetita iuvant” svoltosi in pompa magna pressso al rinascimentale Chiesa Matrice dell’Assunta, gremita di pubblico umile e motivato come non mai, perché a calcare la via del Signore, questa volta, è uno di loro, così come avevano fatto prima tanti altri suoi compagni e confratelli, a cominciare dal maestro Don Angelo Gentile, di cui il nostro ‘eroe’ segue le orme sin dall’inizio della sua scelta vocazionale. L’anno successivo è al Sacro Cuore di Roma, come docente ed assistente, per studiare all’Antonianum ed ottenere la benedetta specializzazione propria nella materia a lui così cara, la Teologia.  

Durante questi anni la sua conversione alla pietà, sia nella teoria, sia nella pratica è pressoché totale. Tuttavia, la sua missione salesiana è spesa maggiormente nell’ambito dell’insegnamento scolastico e nella scuola media. Dal 1967 al 1974 lo troviamo al Don Bosco di Cagliari, oltre che come catechista e insegnante nella scuola media, anche come studente all’Università Statale, dove, al termine del regolare quadriennio, si laurea in Storia e Filosofia, Dopo di che lo rivediamo a Genzano e poi al Gerini, come insegnante di scuola media con il contemporaneo servizio ministeriale presso la parrocchia Settecamini. Dal 1996 al 1999 è Roma, sempre al Don Bosco, come insegnante di scuola media. Nel 2004 lascia l’insegnamento ufficiale ed è di nuovo a Villa Sora (Frascati) e successivamente al Don Bosco, dove esercita fino a settembre dello scorso anno, l’incarico di vice parroco e di confessore ad oltranza.  

Quindi il ricovero al ‘Zatti’ sino alla sua morte, di cui si è già scritto. La direzione e redazione della presente testata esprime alla famiglia la sua stretta vicinanza di sentimento e di stima, in particolare al nipote Raffaele e alla sua gentile consorte Laura, che seppure abitanti nella città eterna, dimostrano con la costante frequenza, il loro grande amore verso il paese dei loro avi. Qui, hanno, peraltro, una casa tutta loro Addio, don Giovanni, il tuo esempio di vita resterà sempre vivo nella mente e nei nostri cuori! (AntDV)

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