Nelle scorse settimane altri cinque uomini sono stati arrestati in flagranza di reato dai carabinieri di Cerignola per reati come “maltrattamenti in famiglia” e “atti persecutori”, tutti commessi ai danni di donne.
A Cerignola i carabinieri della locale Stazione hanno arrestato in flagranza per “atti persecutori” un 28enne del posto. L’uomo, al fine di indurre la sua ex convivente a riprendere la relazione sentimentale ormai conclusa, l’ha più volte molestata, usando violenza fisica e verbale al punto da cagionarle un grave stato di preoccupazione per la propria incolumità. La donna si è finalmente rivolta ai militari quando, una mattina, il suo ex l’ha minacciata di morte per costringerla ad avere un rapporto sessuale. Per l’agitazione la vittima è stata costretta a ricorrere alle cure del pronto soccorso, da cui era stata dimessa con 10 giorni di prognosi. Il 28enne, bloccato e identificato dai carabinieri, è stato arrestato e associato alla casa circondariale di Foggia.
Per lo stesso reato, a Trinitapoli (BT), i militari della locale Stazione carabinieri hanno arrestato un 20enne del posto. Il giovane è stato arrestato in flagranza perché, per motivi di gelosia, ha aggredito con strattonamenti e schiaffi la sua giovane compagna, cagionandole lesioni guaribili in 15 giorni. I carabinieri intervenuti hanno accertato che il 20enne aveva anche in passato, in più circostanze, assunto atteggiamenti violenti con la sua compagna, sempre per motivi di gelosia. Dopo le formalità di rito, anche per lui si sono aperte le porte del carcere di Foggia.
Sempre a Trinitapoli, i carabinieri hanno arrestato in flagranza per “maltrattamenti in famiglia” un casalino di 25 anni. Il giovane, al culmine dell’ennesima lite familiare, è stato bloccato dai militari dopo aver tentato di estorcere, con violenza e minaccia, 50 euro a sua madre e alla sua convivente, probabilmente per l’acquisto di sostanze stupefacenti. È emerso che già in passato, in più occasioni, il 25enne era stato violento con le due donne, portandole così a vivere in un clima di paura e preoccupazione per la loro incolumità. È stato associato al carcere di Foggia, come disposto dalla locale Procura della Repubblica.
Per lo stesso reato, a Cerignola, i carabinieri hanno arrestato in flagranza un 25enne del posto. I militari sono intervenuti presso la sua abitazione su richiesta della madre, esasperata dalle continue minacce, violenze verbali e aggressioni fisiche poste in essere per anni dal figlio, che in più occasioni aveva preteso somme di denaro verosimilmente destinate all’acquisto di droga. Anche per lui l’Autorità Giudiziaria ha disposto l’associazione alla casa circondariale di Foggia.
Ancora a Cerignola, i militari della locale Stazione hanno eseguito una ordinanza di aggravamento della misura cautelare, emessa dal Tribunale di Foggia nei confronti di un 42enne del posto. L’uomo, che già si trovava sottoposto alla misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa poiché ritenuto responsabile di “maltrattamenti in famiglia” nei confronti della moglie non più convivente, ha violato le prescrizioni a lui imposte dall’Autorità Giudiziaria. È scattato pertanto l’arresto e il 42enne è stato sottoposto agli arresti domiciliari presso l’abitazione di alcuni parenti.
In tutti questi casi, il ricorso alle forze dell’ordine, in particolare ai carabinieri, che operano sotto la costante direzione della Procura della Repubblica di Foggia, ha permesso ad altre sei donne di liberarsi dall’oppressione di relazioni sentimentali e familiari pericolose e dannose.
CONSIGLI UTILI DEI CARABINIERI (www.carabinieri.it/cittadino/consigli/tematici/)
Atti persecutori (stalking)
Dal momento che non tutte le situazioni di stalking sono uguali, non è possibile generalizzare facilmente sulle modalità di difesa che devono essere adattate alle circostanze e alle diverse tipologie di persecutori.
Si possono tuttavia dare dei suggerimenti in linea generale:
- tenete presente che prendere consapevolezza del problema è già un primo passo per risolverlo. A volte, invece si tende a sottovalutare il rischio e a non prendere le dovute precauzioni come per esempio, informarsi sull’argomento e adottare dei comportamenti tesi a scoraggiare, fin dall’inizio, comportamenti di molestia assillante;
- ricordate che, in alcune circostanze, di fronte ad una relazione indesiderata, è necessario “dire no” in modo chiaro e fermo, evitando improvvisate interpretazioni psicologiche o tentativi di comprensione che potrebbero rinforzare i comportamenti persecutori dello stalker;
- la maggior parte delle ricerche ha rilevato che la strategia migliore sembra essere l’indifferenza. Infatti, sebbene per la vittima risulti difficile gestire lo stress senza reagire, è indubbio che lo stalker “rinforza i suoi atti sia dai comportamenti di paura della vittima, sia da quelli reattivi ai sentimenti di rabbia;
- cercate di essere prudenti e quando uscite di casa evitate di seguire sempre gli stessi itinerari e di fermarvi in luoghi isolati e appartati;
- in caso di molestie telefoniche, tentate di ottenere una seconda linea e utilizzate progressivamente solo quest’ultima. Registrate le chiamate (anche quelle mute). Ricordate che per far questo è necessario, al momento della telefonata, rispondere e mantenere la linea per qualche secondo (senza parlare), in modo da consentire l’attivazione del sistema di registrazione dei tabulati telefonici;
- tenete un diario per riportare e poter ricordare gli eventi più importanti che potrebbero risultare utili in caso di denuncia;
- raccogliete più dati possibili sui fastidi subiti, per esempio, conservate eventuali lettere o e-mail a contenuto offensivo o intimidatorio;
- tenete sempre a portata di mano un cellulare per chiamare in caso di emergenza;
- se vi sentite seguiti o in pericolo, chiedete aiuto, chiamate un numero di pronto intervento, come per esempio il “112” o rivolgetevi al più vicino Comando Carabinieri.
Violenza domestica
Per difendersi da situazioni di abuso domestico è necessario prima di tutto imparare a riconoscere i comportamenti tipici dell’abusante. Occorre sapere che dalle ricerche condotte sulla problematica è emerso che, al contrario del pensiero comune, la violenza domestica non èsempre legata a patologie o al consumo cronico di sostanze alcoliche e di stupefacenti. I dati ci confermano che fra i casi sottoposti ad indagine solo il 10% degli abusanti era affetto da disturbi patologici e abusava normalmente di sostanze tossiche.
Chi commette ripetutamente azioni violente fra le mura domestiche di solito ha un unico obiettivo: desidera porre la sua vittima in uno stato di “sudditanza” perché vuole sentirsi potente e perché esercitare azioni di comando e di controllo su un membro della famiglia lo fa sentire appagato e sicuro di sé. I suoi comportamenti hanno sempre come unico scopo quello di controllare tutto il vissuto del partner per rafforzare il suo personale sentimento di potere; per raggiungere questo obiettivo sente che deve eliminare tutto ciò che potrà ostacolare il rafforzamento di questo senso di sicurezza. Di solito gli abusanti sono soggetti estremamente insicuri nella vita sociale, non hanno grandi possibilità di sfogo e relazioni sociali appaganti. Trovano più facile colpire gli appartenenti al nucleo familiare, soprattutto se i membri della famiglia hanno bisogno di loro per il sostentamento. Per fuggire dalla responsabilità delle proprie azioni, l’abusante tenta con qualunque mezzo di favorire l’oblio e il segreto perché vuole impedire che si creino attorno alla vittima relazioni sociali rassicuranti.
Nelle storie raccontate dalle vittime di violenza domestica, si apprende che la vittima nel tempo impara a “sopportare” eventi orribili, iniziando così a soffrire di problemi psichici che la spingono alla chiusura e ad una riduzione drastica della sua personale autostima ossia ad avere un atteggiamento eccessivamente critico verso se stessa e a sentirsi costantemente insoddisfatta delle proprie qualità.
Uscire da questo problema è possibile. Prima di tutto la vittima deve rendersi conto che quello che sta accadendo fra le mura domestiche è un reato. Per arrivare a questa consapevolezza deve osservare e analizzare quello che le accade attorno, imparare ad essere obiettiva e giudicante nei confronti di chi sta abusando.
Analizzando le esperienze attraverso i racconti di chi ha vissuto questo dramma è emerso che chi abusa:
- controlla i movimenti, i progetti e le attività della vittima generando isolamento sociale. La vittima così prende le distanze dal mondo, diventa più introversa e inizia a non amare più il contatto con gli altri;
- per generare la paura spesso distrugge cose e oggetti ai quali la vittima tiene particolarmente e se ci sono animali in casa prenderà di mira anche loro;
- in situazioni sociali, come nei locali pubblici o in ambienti all’aperto frequentati da altre persone, l’abusante cerca in tutti i modi di umiliare pubblicamente la vittima. Una delle frasi che gli viene facile pronunciare in tali ambiti e che è stata spesso riferita dalle vittime è “Sei un/a pazzo/a”. Questa espressione, proprio per la forza che contiene, aumenta psicologicamente la percezione di debolezza della vittima e la pone immediatamente in una condizione di passività;
- spesso accompagna alle violenze fisiche minacce verbali, parole che hanno un forte senso dispregiativo finalizzate a far sentire la vittima “invisibile” e che portano a ridurre l’autostima. Frasi tipiche possono essere: “Sei una stupido/a”, oppure “Non capisci niente”, “Non sei intelligente” oppure “Non fai mai niente che possa andare bene!”;
- teme l’autonomia della vittima. Di fronte ai comportamenti che manifestano il desiderio di autonomia del/la partner, ricorre a stratagemmi psicologici finalizzati ad annullare le sue volontà. Se la vittima lavora e gode di una certa autonomia cerca in tutti i modi di ostacolare la sua serenità nei rapporti di lavoro. La vittima può così sviluppare atteggiamenti negativi verso i colleghi di lavoro, sentirsi in difficoltà di fronte alle nuove attività, ha problemi di concentrazione. Venendo meno il supporto familiare, lavora in continua tensione e con senso di oppressione;
- rinforza nella vittima comportamenti servili ripetendole che lui/lei è la persona che comanda nel nucleo e che per questo deve essere sempre rispettato/a;
- l’abusante usa i figli per raggiungere i suoi scopi minacciando di portarli via qualora la vittima manifestasse la volontà di lasciare la casa;
- se durante una lite la vittima rimane ferita e tenta di mettere l’abusante di fronte all’evidenza delle violenze inflitte egli tende a negare i fatti di violenza;
- di fronte ai tentativi della vittima di voler parlare con altri dei fatti che accadono fra le mura domestiche l’aggressore le dice che sta esagerando e minimizza l’accaduto affermando che “si trattava solo di una banale lite” e che “simili liti sono normali in ogni rapporto di coppia”.
In caso di violenza domestica è importante rompere l’isolamento e trovare il coraggio di parlare con qualcuno di ciò che avviene fra le mura domestiche. Ci si deve rivolgere alle Forze dell’Ordine oppure si può individuare una persona vicina con la quale si ha confidenza.
Nella fase critica è importante individuare testimoni, se ci sono dei referti in casa vanno portati dove ci si reca per sporgere denuncia.