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Un paese sospeso

Non c’è il solito movimento di sempre: gente che gira spesso senza sapere il perchè. Ma passi fatti quasi contati. E parole dette che sono più ricercate. Come se non volessero far svegliare un ospite indesiderato che da pochi giorni aleggia nei paraggi. Poche auto in giro e parcheggi liberi come non si vedeva da almeno due decenni. Qualcosa è cambiato. C’è la consapevolezza che le novità spesso non sono sempre positive. O almeno non lo si spera. Ma non siamo noi a decidere come sarà il futuro. Ma è una strana casualità che gira, rigira e poi decide di fermarsi e di darci la condanna o l’assoluzione.

Come nella roulette russa: il colpo ci può essere oppure no! nelle pistole usate per la roulette russa c’è un solo colpo, e gli altri spazi nel tamburo della pistola sono liberi: ci sono più possibilità di salvarsi!! è un punto a nostro favore. Ma quell’incognita “di un solo colpo” e che potrebbe rovinare tutto, è sempre in agguato. È lì che va il pensiero: alla sfortuna di premere il grilletto nel momento sbagliato, dopo che il tamburo della pistola ha finito di girare.

Quel colpo di pistola adesso è un virus. Un nemico invisibile. Come un ospite inatteso e ingombrante. Come quando si aspetta la notte di Ognissanti: si attende l’arrivo dei nostri cari defunti nelle nostre abitazioni. Nessuno li vede ma sembra che ci siano. Per una sola notte: poi il mistero rimane tale.

Come il sottotenente Giovanni Drogo, protagonista del romanzo “Il deserto dei Tartari” di Dino Buzzati, che è in attesa nella Fortezza Bastiani, dell’arrivo del nemico. I nostri Tartari sembrano essere dei microscopici nemici che oltrepassano tutto: anche le nostre difese immunitarie, o almeno di quelli che non stanno così bene. Sono delle incognite che nessuno riesce a definire. È tutto un quiz!!

Sembra che il nostro destino sia scritto non nelle costellazioni, ma nel nostro DNA: è lì che si gioca buona parte della nostra vita. Un intruglio di caos biologico che ci viene donato in buona parte dai nostri genitori, ma non è tutto lì dentro. Anche fuori. Non si sa ancora in quali dosi. La sospensione delle nostre vite dipende anche da questo. La nostra volontà conta ben poco.

Viviamo sospesi. Tutti. Anche le nostre piazze soffrono nel vedere sempre meno gente che le calpesti. Il manto stradale non sente più, come giorni fa, la pesantezza e la presenza di gente che gli cammini sopra. Assoluta desolazione. Anche le parole fanno sentire vive le pietre di San Marco, le storie raccontate che si ripetono centinaia di volte, le pietre del nostro paese hanno bisogno di ascoltarle di nuovo.

Come se fossero dei fanciulli ai quali si raccontano sempre le stesse fiabe. Ma ogni volta che quei racconti vengono riletti, si scorgono nuovi particolari, nuove sfumature che danno tonalità diverse dalle precedenti narrazioni. Epifanie letterarie.

Chiese senza canti umani. Senza preghiere sommesse. Solo la presenza di un invisibile dio che come sempre tace. Non sappiamo se è un muto spettatore di tutto quello che avviene da sempre, oppure un protagonista che non vuole apparire nelle trame delle storie degli uomini. Anche le porte chiuse delle chiese vietano al “giovane nemico” di affacciarsi per vedere cosa succede lì dentro: anche i virus sono curiosi.

Soprattutto se sono virus nati da poco: forse non sanno nemmeno quello che fanno. Non sanno se sono utili all’ecosistema o dannosi: anche loro nel loro mondo sono delle anime innocenti. Saranno in buona fede: si aggrappano e vogliono sopravvivere dove trovano terreno fertile. È così! È la Natura così!!

La sospensione del tempo non ha senso: può durare per sempre, come per pochi istanti. Il tempo non esiste: lo abbiamo inventato noi per dire quando è il momento di iniziare e quando di smettere. Ma solo delle vicende umane.

Ma i virus tutto questo non lo sanno: la loro coscienza è diversa dalla nostra. E l’attesa dirà quando è arrivato il momento giusto…

Mario Ciro Ciavarella Aurelio

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