Alle origini delle Fracchie tra fede e cultura
Un breve ma importante contributo di Romano Starace relativo alla nascita e allo sviluppo della tradizione delle Fracchie nel nostro paese, con una poesia di Gabriele Tardio.
di Romano Starace
Bosco Difesa di S. Matteo. Da quest’area viene prelevato il legname con cui si realizzano le fracchie, manufatti devozionali e iconografici allo stesso tempo indissolubilmente legati alle tradizioni religiose del Venerdì Santo sammarchese, ora assimilabili a giganteschi coni lignei posti in orizzontale che fluiscono lungo le vie cittadine grazie a ruote di ferro e alla trazione umana.
Nel Medioevo le fracchie altro non erano che torce alimentate a olio o a cera. Così leggiamo negli Statuti comunali del 1490: “Ogni sera il vicario facci sonare el posciaio, el quale sonato, qualunque persona anderà per Terra senza lume, fracchia o segno di lume per infino alle venie della mattina, sia punito per ciascheduna volta in pena; et basti uno lume a sei persone et una fracchia a dieci”. Si ricorda ancora, nel 1649, l’antica consuetudine di donare fracchie del peso di un chilo all’abate, chiaro esempio di sudditanza feudale. Fin qui il significato comune del termine fracchia, piccoli manufatti che finiranno per segnare in modo spettacolare il percorso notturno dei fedeli nel corso delle processioni pasquali.
È da dire, come ha ben documentato Gabriele Tardio che vi ha dedicato lunghi studi, che il binomio fracchia-fede è legato alla liturgia del Giovedì (ora Venerdì Santo). Nel 1848, in una relazione inoltrata alla Curia arcivescovile sipontina, troviamo questo commento: “Le funzioni della Settimana Santa sono state tutte partecipate e tutto il clero ha partecipato con ottimo senso del proprio stato. Le processioni sono fatte con estrema fede, è caratteristica la processione del giovedì santo dove la Madonna Addolorata va visitando i Sepolcri con le fracchie, che sono delle fiaccole di legno accese”. Il fenomeno del gigantismo risale in effetti al secolo scorso. La chiesa di riferimento è quella dell’Addolorata, rinata nel 1717 “fuori Terra” ai margini della strada di ingresso occidentale alla Valle per iniziativa del benestante reverendo Costantino Iannacone.
Per i risvolti più profondi legati al tema della fede, si può dire che nel cerimoniale cattolico il fuoco rappresenta la luce di Cristo che impedisce ai credenti di camminare nelle tenebre della morte, e allo stesso tempo è il segno della vita nuova in Cristo. A questo proposito, nei riti delle onoranze funebri era consuetudine che il “provveditor de morti badasse a sistemare quattro torcette intorno al cadavere… “. Senza darvi significato assoluto, credo sia possibile che il richiamo al fuoco nel corso del rito processionale della settimana Santa possa riferirsi alla Pasqua di resurrezione.
LE FRACCHIE
di Gabriele Tardio
Le fracchie
Sta serrata la Madonna Addolorata
in un fantastico cerchio di fuoco,
procede ondeggiando lentamente
sopra i vermigli guizzi
di un fiume di fiamme,
il salmodiare lento ritmato
di pie donne e di devoti fratelli
leniscono le sue lacrime materne
che invano cercano il suo Figlio diletto.
Il fuoco e il cuore s’innalzano.
Le fiamme all’etereo,
il cuore all’eterno,
animati dalla tensione
di tornare donde son venuti.
E in alto nel cielo arriva
il fumo e le scintille
per portare a Dio
le preghiere, il sacrificio, i dolori.
Lungo questa strada
che comunica con l’Eterno
sale il grido degli uomini
e scende il messaggio divino
tra il crepitio delle fiamme.