di Antonio Del Vecchio
Oh come fa male! Non sono gli anni, ma il calore umano ciò che conta nella vita e rimane impresso per sempre nella memoria. E’ il caso di Joseph Tusiani, uno dei più grandi letterati del mondo. Si è spento questa mattina nella sua abitazione di Manhattan, quartiere scic di New York. Aveva 96 anni compiuti lo scorso 14 gennaio ac., originario di San Marco in Lamis, Città che aveva lasciato a 23 anni e che egli amava al di sopra di ogni cosa e riconoscimento. Non per niente possedeva in città la casa dove era nato, ubicata nell’antico quartiere ‘Padula’ cuore del centro storico, di origine e fattura medievale. Qui veniva puntualmente a trascorrere le sue vacanze, all’inizio dell’estate o a settembre di ogni anno, sino a pochi anni fa. Lo faceva, gustando l’atmosfera dei luoghi e intrattenendosi con gli amici vecchi e nuovi, appartenenti a qualsiasi strato sociale. Per lui il posto era anche un luogo di ispirazione per le sue opere in prosa e in poesia. In molti più che la sua statura letteraria, che pure era grandiosa e prolifica sia con opere in Italiano e dialetto sammarchese, sia con quelle di lingua inglese, o addirittura latino, quanto la sua umanità caratterizzata dalla modestia e semplicità dei sentimenti e della visione del mondo. In chi scrive resteranno eternamente fissi nella memoria due fatti salienti inerenti al suo rapporto con lui, quello giornalistico e quello amicale. Dopo la caduta delle Torri gemelle (lui aveva assistito ed avvertita la gravità dell’evento accaduto a trecento metri e passa dalla sua residenza) ebbe modo di descrivere in un suo articolo apparso su La Gazzetta del Mezzogiorno la viva preoccupazione sofferta da Sammarco per il suo figlio lontano. Quando rivenne in paese, pochi mesi dopo, mentre si recava in Biblioteca, chiamò in disparte l’articolista e gli disse: “ Il tuo articolo sulle Torri mi ha colpito assai, più di ogni altra recensione e premio, scritta o concessa alla mia persona Grazie, te ne sarò eternamente grato”. Inoltre, chi scrive non dimenticherà mai la serata e il suo gioioso divertimento trascorso con il canto, il violino e qualche bicchiere di vino, pochi anni or sono, in un locale tipico di Rignano, dove vi era venuto accompagnato da Grazia Galante , sua grande amica ed estimatrice assieme al fratello Michele, rinomato storico locale, già sindaco e deputato al Parlamento. Quella sera, Tusiani era scanzonato e felice di essere finalmente tornato a terra, in un paese, che aveva tanto amato in gioventù, anche per via di due belle ragazze (ora novantenni), che lui, studente universitario, aveva impartito loro le sue accattivanti lezioni di letteratura italiana. Per il resto, da sottolineare l’ultimo suo volume, curato da Raffaele Cera, e Cosma Siani: In una casa un’altra casa trovo, che racchiude in sintesi la precedente trilogia autobiografica di Tusiani (“La parola antica”, “La parola difficile” e “La Parola nuova”), ha affermato con convinzione che proprio in virtù del predetto ‘romanzo’ dove “l’io si fa uno”, in termine di umanità, creatività e lingua, Tusiani acquisisce quella notorietà nel paese di origine che non aveva prima per difetto di grandi case editrici alle spalle. Ora con la Bompiani e l’apporto di critici di levatura, quali Martino Marazzi e Francesco Durante, il salto di qualità è compiuto e pertanto avrebbe meritato già il premio Nobel, quale ‘italiano’, noto non solo in virtù delle sue opere in lingua e in dialetto, ma nel contempo colosso creativo affermato in lingua latina e soprattutto in quella inglese. Ritorneremo in merito con un articolo più approfondito e particolareggiato di altri episodi noti e meno noti che hanno interessato il nostro protagonista. La direzione e redazione di questa testata esprime tutta la sua vicinanza al fratello Micael, ai nipoti e al resto dei famigliari. Addio, maestro ed amico, Joseph Tusiani, non ti dimenticheremo mai!