Ecco di seguito un altro breve capitolo tratto (trascrizione da copia anastatica di dattiloscritto) dal v. “Giornale di scavo”, romanzo ispirato a Grotta Paglicci di Arturo Palma di Cesnola.
“Saputo del nostro arrivo, don Arnaldi oggi pomeriggio si è precipitato a Terlizzi. Dunque anche Santa Romana Chiesa è ora rappresentata allo scavo. Don Arnaldi è il preposto di Capriano. Tutti gli anni viene a trovarci durante i lavori. Pratica certo pi luigi la nostra grotta di quanto non frequentiamo noi la sua canonica e la sua chiesa.
Ci conosciamo oramai da un secolo. Dal giorno lontano in cui la sua ampia tonaca nera fu avvistata –con sospetto da parte di alcuni – sulla stradaccia che sale dal campo base. Era arrivato fin qui a piedi da Capriano. Correvan voci in paese di scavi archeologici, di una caverna fonda, veniva a vedere, a conoscere il Professore e i suoi assistenti (tutti indistintamente “assistenti”, dal dottor de Gilbert all’ultimo studentello: a questo forse gettò il primo seme dell’antipatia di de Gilbert per il prete, che ancora dura).
Don Arnaldi è gaio, gioviale, aperto, è un “curiosus naturae”, come lui stesso si definisce; un prete che tiene ad essere, o parer d’essere, meno prete e più uomo moderno, di cultura e di mondo che sia possibile.
Non sempre ci riesce.
“Da quanti giorni è qui? Come non mi ha avvertito, Professore stimatissimo? Sarei venuto prima ad ossequiarla”
“Ossequiare chi, don Arnaldi? Un povero preistorico, calzoni di velluto a coste rammendati e camiciaccia militare.”.
“Eh via, tutta modestia, la sua. Sotto a quei panni c’è ben altro, nem altro”. E porta la mano al petto con un gesto tipicamente meridionale.
In realtà non è di queste parti, è originario del Nord. Anche prima che lui stesso ce lo confessasse, lo si era capito da un certo suo modo di fare, dalla parlata, mista d’espressioni locali e di lontani accenti padani.
Perché ma l’abbiano sbattuto in questo posto come Capriano, Dio solo lo sa. Certo, questo, don Arnaldi non ce l’ha detto. Forse in passatone avrà combinata qualcuna, lassù al Nord. Ad ogni modo, e sebbene i maligni qui ci abbiano ricamato sopra il loro bravo romanzetto, sono affari che riguardano lui solo.
“Oggi purtroppo non ho tempo, sono venuto solo a far atto di presenza; ma la settimana prossima, con più calma, tornerò, e e Lei avrà la bontà di dedicarmi un momento, voglio vedee tutto, saper tutto quello che è venuto fuori di nuovo: in questa grotta ogni pagina è colma, un mondo, come nella Bibbia.
In media lo abbiamo una, anche due volte alla settimana, quando per qualche ora, quando per l’intera giornata. In questi ultimi anni viene, non più a piedi, ma in corriera; scende alla curva dello stradale, prende poi a dritto tra gli olivi, da cui sbuca a un tratto col faccione rubizzo. Oppure compare a cavallo di un minuscolo motorino scoppiettante, che la sua tonaca avvolge tutto, lasciando scoperta solo la ruota anteriore, polverosa o inzaccherata a seconda del tempo. Dice di averlo comprato appositamente per venire a Terlizzi.
Malgrado l’abito che porta, malgrado la sua condizione di esterno, possiamo considerare don Arnaldi pienamente uno dei nostri.
N.B. pp. 25-26 del v. Giornale di scavo”, romanzo di Arturo Palma di Cesnola, edito, a cura di Angelo e Antonio Del Vecchio, dal Circolo “Giulio Ricci” di Rignano Garganico, gennaio 2020.
Forse Terlizzi sta per Paglicci e Capriano (paese di capre) per Rignano.