E’ stato uno degli album più iconici della storia della musica rock
di Luigi Ciavarella
Uscito nel novembre del 1971 il quarto album dei Led Zeppelin ricordo di averlo acquistato in un Centro Commerciale all’incirca qualche mese dopo. Nessuna traccia identificativa in copertina l’album mostrava soltanto un quadro appeso sulla parete di una casa diroccata raffigurante un vecchio boscaiolo che teneva una fascina di legna sulle spalle. Si trattava, scoprimmo in seguito, di un dipinto a olio che Robert Plant
L’album senza titolo (ma non fu il solo in quel periodo turbolento), che uscì alcuni mesi dopo la data prevista per volere di Jimmy Page insoddisfatto del risultato iniziale (l’eterno dilemma del chitarrista), venne denominato genericamente come Volume IV oppure Sozo per via di alcune strane lettere interne, oppure, forse l’indicazione più rappresentativa, come l’album di Stairway To Heaven, il brano-capolavoro indiscusso dei Led Zeppelin, contenuto nell’album.
Dal punto di vista personale, di questo album non conservo soltanto l’impatto emotivo di Stairway To Heaven, che come potete immaginare fu devastante, ma anche di altri brani che furono altrettanto folgoranti, a cominciare da Black Dog, (dedicato ad un cane nero che presenziava alle sessions del gruppo a Headly Grange), il pezzo introduttivo, che rassicura i fans riguardo stile e suono rimasti inalterati, ossia un rock blues potente ed aggressivo. Rock And Roll, il successivo, continua a battere su quel tasto mentre con il brano successivo, The Battle Of Evermore, la musica cambia registro, ammorbidisce i toni passando ad arie medievali e strumenti acustici per una composizione tra le più suggestive dell’intero album, dove la voce di Robert Plant incontra quella di Sandy Denny (dei Fairport Convention) in un duetto dalle atmosfere crepuscolari. Su questa scia anche Going To California, ispirata a Joni Mitchell, la cantautrice californiana da sempre nel cuore della band, che arricchisce di ulteriore slancio acustico un lavoro dalle tante risorse stilistiche. Four Sticks, quattro bacchette, è chiaramente ispirato a John Bonham, forse il più grande batterista rock di tutti i tempi, ed è un incedere di suoni avvolgenti, come d’altronde la finale When The Leavee Breaks, anch’essa spinta su quelle stesse coordinate.