San Marco in Lamis, chitarristi: dal vintage ai nuovi eroi elettrici
Seconda ed ultima parte della storia dei chitarristi in paese, sicuramente, tra tutti gli strumentisti, la comunità più numerosa e popolare
di Luigi Ciavarella
La seconda ondata generazionale, come abbiamo accennato nel precedente articolo, ha riguardato principalmente tre formazioni: Wolves, Pietre Azzurre e Birds. I loro chitarristi, giovanissimi come del resto i loro gruppi, sfoggiavano strumenti più moderni rispetto ai loro predecessori. Se Michele Fulgaro possedeva una Eko e Michele Verde una Hofner, con le nuove formazioni, forse fatta eccezione per Natale Tenace che suonava una rispettabile Corona d’annata, riguardo i Birds, per esempio, Michele Gaggiano esibisce una Epiphone (ma possiede anche una Fender Stratocaster del 66, opportunamente custodita), mentre Michele Giuliani gli rispondeva anch’egli con una Hofner o una Eko, a seconda dei casi, marchio, quest’ultimo, molto popolare in zona poiché vi era una concessionaria in paese (l’indimenticabile Michelino Napolitano).
La differenza col passato la fanno però gli amplificatori. Con i settanta il volume degli impianti si moltiplica. Non più modeste valigie valvolari ma autentici armadi amplificati che producono un suono molto più robusto oltre a rappresentare una nuova estetica del suono durante le performance. Difficile dimenticare l’GM bordato di rosso di Paolo Pinto degli Atomium o i Silfer valvolari di Natale Tenace, ciascuno teneva conto, oltre alla potenza, anche di dare una immagine di se moderna e rassicurante. Paolo Pinto, che ha avuto un percorso abbastaza lungo, ha iniziato con gli Atomium nel ’72 per concludere la sua “carriera” con i Fly nei novanta, passando attraverso l’esperienza progressive (nella metà dei settanta, sicuramente il dato più rilevante) de il Mosaico.
Anche la scena folk-popolare ha prodotto autentici virtuosi in quelle formazioni che si sono succedute nel corso degli anni ottanta, (Baracca, Celano Musica e, sopratutto, Festa Farina e Folk), con una strumentazione elettro-acustica molto efficace, dando lustro alla nostra canzone popolare. Tra coloro che ne hanno plasmato l’immagine figurano due fuoriclasse: Michele Gaggiano eAngelo Ciavarella, rispettivamente chitarra e mandolino, che rappresentano, insieme a Raffaele Nardella e pochi altri, l’anima del progetto. Molti altri si sono avvicendati nel corso degli anni (Giovanni Del Mastro, Antonio Scola, Carmine Lops, etc.), tra cui anche Angelo Ciavarella Jr., di cui ci ritorneremo poiché ha espresso anche altro.
Riguardo il mandolino, strumento molto popolare in paese, abbiamo oltre al Ciavarella citato anche Angelo Parisi per esempio (anche chitarrista dei Monoreddito), impegnato attualmente con Natale Tenace e Domenico La Sala a diffondere struggenti melodie napoletane in paese. Da citare anche Michele Ceddia, amico e sodale di Luigi Soccio, – scomparso da poco – stimato mandolinista di taglio classico, suo il mandolino in “Sante Marche mia” di Mikalett.
Dalla metà dei novanta in poi il ruolo della chitarra cambia volto per diventare un feticcio elettrico, sopratutto la solista che assume una padronanza scenica nelle varie rassegne musicali giovanili che si celebrano in paese. Un tempo impiegata soltanto per il ricamo, ora la chitarra solista detta legge ovunque, tanto sui palcoscenici, diventati più tecnologici, quando nei circuiti dei festival alternativi che spuntano un po ovunque sempre più numerosi. Anche da noi ne avremo alcuni organizzati tra l’area interna dell’edificio Balilla e la villa comunale (festival della musica giovanile). Sono i primi raduni pop/rock che serviranno da prototipo per gli anni a venire sopratutto quando nascerà il progetto/rassegna Rock No War inserito nel programma Chiu fa notte e cchiu fa forte, la notte bianca di fine agosto di Artefacendo che ha cessato di esistere qualche anno fa. In queste circostanze abbiamo visto crescere molti giovani chitarristi rock, dotati di grande tecnica e spirito di emulazione.
Naturalmente non tutti sono metallari, perlomeno non in senso classico, anzi molti qui da noi preferiscono guardare ai nuovi suoni alternativi, anche con piglio personale. Sono tuttavia chitarristi completi poiché suonano magnificamente più generi musicali con immutata passione e stile, anche se guardano in quella direzione per le loro esigenze creative. Cresciuti in quella linea di confine tra suoni alternativi e metal, la scena rock autoctona ha messo in luce molti giovani talenti dotati di inventiva e sufficiente forza comunicativa.
Tra i nomi più importanti abbiamo Felice Nardella il quale, partito come altri dai suoni alternativi/metal, approda nell’universo cantautorale di Fabrizio De André, (senza per questo distaccarsi del tutto, vedi i Sestrumer), con una cover band che porta in giro la canzone del grande genovese con impeccabile dedizione (I Faberi). Con lui anche Pietro Giuliani, chitarrista dalle tante risorse stilistiche, noto per l’estrema versalità con cui si pone al servizio della musica. Importante anche Michele La Porta dei Nameless. Degli altri chitarristi provenienti da quegli ambienti sono da citare Domenico Leggieri, Alessio Lops e Giuseppe Cursio, conosciuti e apprezzati sopratutto durante l’esperienza del No War.
Rimanendo nel circuito alternativo corre d’obbligo citare Antonio Giuliani, ecclettico chitarrista di ispirazione low fi, un tipo di musica molto influente nei circuiti underground che egli ha espresso nel gruppo La Pattuglia Cosmica, producendo anche dei demo. Anche suo fratello Michelangelo Giuliani, seppure impegnato su fronti opposti, si distingue per virtuosismo. Da citare anche Matteo Coco, formidabile chitarrista della band di Ciro Iannacone con un passato diviso tra rock e canzone d’autore; Michele Parisi, figlio d’arte, dotato di una eccellente tecnica, il già citato Giovanni Del Mastro, un trascorso da bassista (ne il Mosaico) passato alla chitarra, e Floriana Chiaramonte, anch’ella figlia d’arte, chitarrista e compositrice di rock alternativo, che vive ed opera a Roma.
E a proposito di chitarristi residenti fuori città (ma molto vicini emotivamente alle loro radici) ne abbiamo un buon numero sparsi tra Milano (Angelo Lallo), Bologna (Matteo Vincitorio e Alessandro Napolitano) e Teramo (Angelo Ciavarella) dove fanno valere le loro qualità. Da aggiungere anche Giancarlo Laera, pure lui di Bologna, sammarchese da parte di mamma.
Del gruppo, Matteo Vincitorio a parte, che è appassionato di blues (encomiabile messaggero in una terra avara di blues!) e suona prevalentemente la musica del diavolo nei locali fumosi della Romagna, degli altri li unisce la passione per il pop rock, le ineccepibili fughe strumentali e la grande generosità creativa.
Angelo Ciavarella è tra quelli più vicini alla sua terra, ha un inizio precoce e i suoi primi contatti musicali avvengono, da grande, dapprima con Angelo Gualano e in seguito con altri musicisti del paese, sino a portarlo a collaborare nel CD Terra Rumejia dei Festa Farina e Folk e i conseguenti tour. Dotato di un fraseggio molto spettacolare, oggi lo possiamo definire uno “sperimentatore elettrico” di grande versatilità. (Tra Vivaldi e i Megadeth).
Anche Angelo Lallo ha un passato trascorso in alcune band locali (tipo Nameless, Grungekurt, etc.) prima di raggiungere il capoluogo lombardo intraprendendo lassù, con la sua chitarra PRS, collaborazioni con cover bands del posto. Alessandro Napolitano invece nasce come bassista nel 1995, è autodidatta ed è dotato di una tecnica molto raffinata che spazia in più direzioni (hard rock e blues in genere), insomma un tipo di rock spettacolare che ben si adatta al suono prestigioso delle sue chitarre (Ibanez, Gibson, PRS, etc.).
Giovanissimo chitarrista dei Shiny Flowers, Angelo Delle Vergini invece nasce in una famiglia in cui la musica praticamente è di casa (suo fratello Ludovico è anche un noto pianista, un altro ha suonato la batteria). Anch’egli residente a Milano ama e suona principalmente musica rock di grande profilo (Pearl Jam, Radiohead, etc.). Ha ripreso a suonare un paio di anni fa dopo un periodo di assenza con una formazione rock milanese (Back in Time) brani dei Deep Purple, Steve Vai, Metallica, etc. Insomma la sua musica del cuore.
Chiudo questo lungo ed impegnativo excursus nei territori musicali del nostro amato microcosmo con la consapevolezza di aver fornito (spero) uno spunto, una idea di analisi su un fenomeno che ha interessato il nostro paese sin dagli albori della nostra conoscenza. Un fenomeno che ancora dura felicemente. Il paese ha avuto ottimi strumentisti, eccellenti direttori d’orchesta, tra passato e presente, grandi virtuosi, musicisti che hanno saputo animare una scena sempre ribollente di proposte, di autentica creatività riversando nella musica canzoni di una bellezza unica, splendide melodie tra il bucolico e l’intimismo, accenti country, fughe strumentali ma anche suoni rock intercettati attraverso l’esperienza delle tante formazioni che abbiamo visto negli anni suonare in ogni angolo di paese.
La musica è temperamento, emozione, esplosione, colore, urlo, vita, ciascuno ne può prendere una parte e servirsene secondo i propri gusti ma davvero non sapremmo come vivere senza.