San Marco in Lamis, sull’Arco di Saracino si accende il dibattito
di Antonio Del Vecchio
L’Arco appena inaugurato a San Marco in Lamis non solo ha un solo padre, che è il giovane progettista e designer Antonio Pio Saracino, ma, nell’esecuzione, ha avuto la collaborazione corale dei Lions club locale, che ne ha lanciato l’idea originaria, tantissimi professionisti locali, gli Enti pubblici finanziatori e sostenitori e l’intera cittadinanza, come ci ha tenuto a precisare il sindaco Michele Merla, dalla platea.
E questo perché ognuno ci ha messo la sua ‘pezza’, ritrovando nell’opera tutto la sua anima, in termini di storia, di ambiente e di vita in genere. Tra l’altro, il merito – a dire del medesimo Saracino e della presentatrice ed intervistatrice, Meriligia Nardela, va distribuito tra i seguenti personaggi: Antonio Del Mastro, ingegnere, per la collaborazione tecnica allo sviluppo progettuale; Alfredo Pitullo, geologo, per la relazione sulla statica; Leonardo Bonfitto, geometra, per progettazione strutturale e direzione dei lavori; Matteo Bonfitto, ingegnere, per la collaborazione generale; Antonio Palma, architetto, per il piano di sicurezza; Antonio Scola, ingegnere, per il collaudo; Giuseppe Leone, per la grafica artistica; Edil Coco-Ciavarella, impresa, per l’esecuzione dei lavori, durati cinque mesi, compresi quelli sotto cocente periodo luglio-agosto; le ditte Leone MARMI e Di Maso Antonio MARMI per la fornitura conci di pietra e lavorazione artistica, Matteo Soccio, ditta addetta alle gru, per il sollevamento e la sistemazione dei cocci pesantissimi; Chiaramonte-Ciavarella, ditta di elettricisti, per l’illuminazione dell’Arco.
Nell’intervista sostenuta dall’assessora Nardella sul palco, Saracino ha spiegato non solo i risvolti simbolici del progetto, ma anche le sue impressioni e sentimenti provati per questo suo ritorno in paese durante la pandemia in corso. Tra l’altro, ha capito che la certezza della vita non c’è. Per cui il ritorno alla fede, simboleggiato dall’Arco, è un rifugio indispensabile per l’essere umano, indipendentemente da qualsivoglia religione perseguita nel mondo. Da qui la significazione essenziale della forma-arco di portatrice di valori universali strettamente legati alla vita e all’essenza dell’uomo.
Specificamente per il paese, i suoi sentimenti sono di estrema riconoscenza, perché ad esso è fortemente legato. Per cui stando lontano prova il sentimento di nostalgia. Lo stesso che provava di continuo e in modo struggente e lo trasmetteva in tutte le sue opere, il ‘vicino di casa’ e concittadino illustre, Joseph Tusiani, che andava a trovarlo spesso nella sua abitazione di Manatthan. Si intratteneva per parlare costantemente di San Marco. In proposito ha ricordato il racconto dell’emigrante in cerca del tesoro. Quest’ultimo, ha sottolineato, da bravo affabulatore, dopo aver girato in lungo e in largo il mondo alla ricerca del suo tesoro, finalmente lo riscopre nel suo paese d’origine.
Si tratta del suo amore inestinguibile nei confronti della propria terra e delle sue origini. Il suo commento sull’opera e le critiche sollevate da molti sui social egli ribadisce le finalità dell’arte e della sua interpretazione, che sono impressioni e pareri prettamente soggettivi, ossia presenti dentro ciascuno di noi. Impressioni, a cui aveva cercato di dare valore, poco prima nel suo intervento, la stessa Flavia Pankiewicz, vice-governatrice distrettuale dei Lions..