Contagiata dal Covid si laurea in Medicina: «Quando il virus diventa malattia e argomento di ricerca»
«Mi è piaciuta così tanto questa tesi che ho voluto provarla in prima persona». Ha scherzato così Federica De Gregorio, 31 anni, subito dopo la sessione di laurea in Medicina avvenuta ieri in streaming con il professor Sergio Lo Caputo, della Clinica di Malattie infettive del Policlinico Riuniti di Foggia e relatore del suo lavoro. Votazione: 110 e lode.
Lei il Covid se l’è preso contagiata in famiglia ma per fortuna è paucisintomatica, quindi in isolamento a casa con i suoi, positivi e paucisintomatici pure loro. Il fratello invece ha preferito trasferirsi in altro appartamento per evitare il contagio. Federica in tutta questa storia è autrice e sperimentatrice di quello di cui scrive e studia perché questo virus le ha fatto visita nel momento più importante della vita da studentessa, mentre si stava preparando al giorno più bello di tutto l’excursus studiorum rivedendo un po’ la riorganizzazione della vita anche se non in maniera così pesante. L’ultimo tampone eseguito è risultato positivo, ha perso gusto e olfatto ma non la concentrazione per proseguire nella preparazione del lavoro il cui titolo è ‘Follow-up a breve termine nei pazienti guariti da Sars-Cov 2’. La raccolta dei dati è iniziata a luglio fino al 13 ottobre quando ha scoperto la positività al virus. Gli ultimi 15 giorni prima della tesi sono stati i più particolari nella vita di Federica.
Il focus della tesi è sui sintomi persistenti a tre mesi dopo la guarigione, quindi l’astenia, gli aspetti depressivi che spingono all’isolamento per un certo periodo, la ricerca dei residui di malattia (tosse, mal di testa e leggeri acciacchi quotidiani), cambiamento delle abitudini legato ad aspetti psicologici: un follow-up su un ristretto numero di pazienti che sarà ampliato e che proseguirà nel tempo. La tesi di Federica è completata anche con lo studio sierologico per analizzare la presenza di anticorpi per Covid-19 e studiare l’immunizzazione del soggetto nei confronti del virus: a tre mesi dal contagio lo studio ha rilevato che la maggior parte dei pazienti ha mantenuto le IgG (compaiono dopo 15 giorni dall’esposizione del virus), responsabili della protezione a lungo termine contro i microrganismi, e quindi ‘regalando’ potenzialmente protezione contro una nuova infezione perché il sistema immunitario ha memoria verso un microrganismo già entrato nel corpo. Questo è solo il primo step dello studio che prevede il monitoraggio clinico e strumentale delle persone guarite da COVID 19 a 6 e 12 mesi.
«Viverlo in prima persona mi ha fatto comprendere come siano forti le ripercussioni psicologiche a breve termine – racconta la neo dottoressa De Gregorio -: sono gli aspetti su cui si è concentrata la mia tesi, scelta prima che mi ammalassi e che ho potuto approfondire con esperienze ‘vive’. Anche i miei sono positivi al virus, paucisintomatici,e anche la loro reazione mi è stata utile per completare lo studio: dei 57 pazienti venuti in ambulatorio nel post acuzie, più della metà ha manifestato disturbi dell’umore e insonnia, poi pazienti con astenia e infine quelli che presentavano iposomia e anosmia, un’osservazione di quello che può succedere a chi ha presentato una malattia grave/severa e alle modalità di ritorno, gradualmente, a una vita normale pre Covid».
Cosa vuole fare Federica da grande?
«Questa esperienza non mi ha scoraggiato e mi piacerebbe specializzarmi in Malattie infettive ma non mi dispiace nemmeno Ginecologia. Adesso devo solo aspettare il tampone negativo e lanciarmi nei tirocinii post lauream per l’abilitazione, ma dubito potrò farli in presenza vista la situazione».
Peccato non festeggiare a dovere un traguardo così faticoso e ambito.
«Va bene così: i miei amici sono venuti sotto casa con striscioni e sorrisoni. Questo mi ha riempito di gioia. Però appena potrò voglio festeggiare con il prof. Lo Caputo e le specializzande che mi hanno aiutato. Poi volete sapere una cosa assurda? Ad un certo punto ho sperato nel tampone positivo così almeno avrei potuto abbracciare i miei appena terminata la sessione invece di stare confinata in una stanza da sola. Ovviamente si è trattato della lucida follia di una momento di incoscienza ma è ovvio che di questo virus bisogna avere rispetto».