Domani la giornata mondiale sulla violenza contro le donne
di Barbara MASSARO
Della violenza sulle donne se ne parla tanto, troppo, sempre. Il 25 novembre è data fortemente simbolica per ricordare questo triste ed attuale fenomeno. La data ci riporta ad una delle tante tragedie politico-sociali dell’area geografica dei Caraibi. Nella Repubblica Dominicana, nel 1960, i servizi segreti del dittatore Rafael Leonidas Trujillo, autocrate sanguinario e crudele, torturarono ed uccisero le tre sorelle Maribel (Patria, Minerva e Maria Teresa) che lottavano contro il regime dittatoriale del loro Paese, e questo mentre andavano a trovare i mariti, detenuti politici, in carcere.
Il 25 novembre è la “Giornata mondiale contro la violenza sulle donne “istituita dall’ONU con un’Assemblea Generale il 17 dicembre 1999. La violenza sulle donne viene riconosciuta come violenza di genere e riconosciuta come violazione fondamentale dei diritti umani. Tutte le forme di vita sociale hanno in sé questo tipo di violenza che oscilla sempre tra cronaca e storia e che al giorno d’oggi, in tempi di globalizzazione selvaggia, ha una carica d’attualità notevole.
La lotta contro tale violenza ha bisogno non solo di strumentazioni giuridiche, ma soprattutto educative. Civiltà e barbarie sembrano strettamente legate in quest’atto fortemente negativo verso la donna che, se non erro, era definita letterariamente come “l’altra parte del cielo “. Che dire? Che è necessario non stancarsi né degli appelli formali né dell’educare con l’esempio, con il rispetto, con l’informazione al fine di sensibilizzare tutti per la costruzione di rapporti sociali più armonici che vedano diminuire il numero delle donne che subiscono violenze che quando vengono attuate con più durezza portano inevitabilmente alla variante tragica del femminicidio. Il dato normativo è necessario in ogni contesto sia familiare che sociale, quando un uomo maltratta fisicamente od oltraggia una donna.
Che dire ancora? Che si sentano sempre meno a livello di media, social o discorsi sociali termini vaganti, relativi a donne maltrattate, che fanno spavento come: offendere, pretendere, umiliare, schiaffeggiare, percuotere, sottomettere, oltraggiare, malmenare, per non dire assassinare. La donna deve avere cittadinanza effettiva nel mondo dei valori che sono i soli elementi che possono guidarci nell’intricato mondo della vita di tutti i giorni. Non voglio sciorinare dati e numeri che hanno il senso dell’aridità, ma concludere con parole molto illuminanti dello scrittore Andrea Camilleri.
Il nostro a riguardo affermava: “Questo tipo di violenza che spesso e volentieri arriva all’omicidio – magari effettuato nei modi più crudeli e più barbari – ha una caratteristica: nella maggior parte dei casi viene compiuto da fidanzati, ex fidanzati, mariti, ex mariti. Viene fuori un desolante quadro di arretratezza dei nostri costumi, di sconsolante angustia mentale… In Italia una gran quantità di maschi, di qualsiasi classe sociale, considera la donna oggetto di sua proprietà in eterno, come se non dovesse avere mai più la libertà… questa concezione è il modo più degradante e più abietto di considerare la persona umana. Il rifiuto alla sottomissione non ha che un verdetto possibile: la morte, l’annullamento totale dell’esistenza di una donna che ha osato opporsi. Potremo vantarci della ripresa economica, della disoccupazione diminuita, di tanti passi avanti, ma fino a quando non raggiungeremo questo concetto di parità assoluta tra uomo e donna noi faremo dei passi falsi in avanti”.