San Marco in Lamis, chiuso l’Ufficio di Collocamento
di Raffaele Fino
Avrei voluto scrivere CHIUDE, invece che CHIUSO. Chiude contiene ancora un filo di speranza. Può significare, infatti, anche, che “ci si avvia alla chiusura”; che “si vuole chiudere”; che “ si ha intenzione di adottare provvedimenti che portano alla chiusura”; che “siamo lì lì per chiudere” ma che ancora non è “chiuso”. “Chiude” ti lascia ancora la possibilità di attivarti, se non condividi la chiusura, per bloccarla, per rimandarla, per recuperare un po’ di tempo e organizzarti per non fare chiudere “un qualcosa” che ti interessa.
Non è stato così per il nostro Ufficio di Collocamneto, che ha chiuso di fatto i battenti con l’andata in pensione, a luglio 2020, dell’ultimo dipendente.
Ne sono venuto a conoscenza solo per caso, qualche settimana fa.
Andato in biblioteca per chiedere in prestito il romanzo di Nino Casiglio, “La strada Francesca”, e sceso per la scala di emergenza, vedevo che nei locali dell’Ufficio di Collocamento si stavano eseguendo dei lavori di piccola manutenzione. Pensando che adattassero l’ufficio anche alla nuova figura del navigator, assegnato a San Marco, con il compito di accompagnare i nostri giovani nell’individuare qualche possibilità (molto remota in questo nostro Sud) di lavoro, mi sono fermato e ho chiesto notizie in merito. Apprendevo così che “l’ufficio di Collocamento non c’era più” e che quegli spazi in fase di ristrutturazione l’Amministrazione Comunale li aveva destinati alla Commissione per gli Invalidi Civili.(Come se la biblioteca non ne avesse bisogno. Ma questa è tutta un’altra storia)
Del tutto casualmente, quindi, appresi, che un altro pezzo della nostra San Marco “se n’era andato”. Un pezzo importante, che aveva alle spalle, come vedremo più sotto, giorni di lotta dura per mantenerlo.
Un pezzo importante anche per la vicina Rignano Garganico, che si serviva del nostro Ufficio.
“Se n’era andato” senza che nessuno ne avesse saputo niente. Nemmeno un selfie, tanto di moda, ad annunciarne la “partenza”, verrebbe da ironizzare se il fatto non fosse così grave.
Certamente non ne sapeva niente la cittadinanza e, forse, neppure parte dei consiglieri comunali e degli assessori. E se sapevano e hanno taciuto la cosa è ancora più grave.
Ora, per sbrigare le pratiche, i giovani, le donne, i lavoratori dovranno recarsi a San Giovanni Rotondo.
Tutto è perduto?
Personalmente, per carattere, penso che anche oggi, a cinque mesi dalla chiusura, si debba tentare la carta di riavere l’Ufficio di Collocamento. Ci avviamo, infatti, anche se con ritardi e contraddizioni, verso una nuova fase, a livello regionale e nazionale, che, alla luce delle nuove politiche attive del lavoro, vedrà un rilancio degli uffici di collocamento unitamente ad altri soggetti presenti sul territorio come i piani di zona, per esempio.Se riusciamo a inserirci in questo processo potremmo riavere l’Ufficio di Collocamento, anche con l’aiuto, alla Regione, dei rappresentanti che, ognuno, per la propria parte, ha votato. E se no che rappresentanti del territorio sono?
Ma per fare ciò è necessario che tutti prendano consapevolezza del problema. In primis il Consiglio Comunale, che andrebbe convocato d’urgenza e aperto alla popolazione e ai rappresentanti della società civile, oltre che a quelle forze politiche e movimenti non presenti in consiglio.
Poi è necessario riassegnare i locali all’Ufficio di Collocamento, evitando il trasferimento del suo archivio, che mi auguro sia stato messo in sicurezza e mantenuto in ordine.
Con i locali a disposizione si può chiedere di inviare qualche dipendente, a scavalco, in alcuni giorni della settimana, dai vicini uffici di collocamento, in attesa che venga espletato il concorso, (già in fase avanzata e fermo solo per il Covid) per 450 nuove assunzioni.
Questo, come privato cittadino e come esponente del locale circolo socialista, ho sentito il bisogno di testimoniare, con l’augurio che possiamo recuperare, per i problemi comuni, quella visione d’insieme e di unità di cui il paese ha bisogno. Noi siamo disponibili.
Più sopra ho accennato che anche in passato ci fu un tentativo di chiusura, che grazie alla mobilitazione, veramente popolare, fu fermato.
Era il 1988, il 7 dicembre, quando il direttore dell’Ufficio Provinciale del Lavoro, non rispettando precedenti impegni, adottò una delibera che chiudeva l’ufficio di San Marco accorpandolo a San Severo. Una decisione grave. La mobilitazione fu immediata.
Venne costituito, con in testa l’Amministrazione Comunale, a guida D’Alessandro, un “Comitato Cittadino contro la chiusura dell’Ufficio di Collocamento” formato oltre che, appunto, dall’Amministrazione Comunale e dall’Assessorato ai Servizi Sociali e Lavoro e da tutti i partiti presenti a San Marco , ancha da CGIL, CISL, UIL, Associazione Muratori, Coldiretti, Confcoltivatori, ACLI, ARCI, Confesercenti e Confcommercio.
Gli incontri del Comitato si susseguirono in maniera quasi frenetica, fino ad arrivare alla proclamazione dello sciopero cittadino (vedere le foto, qui allegate, della giornata tratte dal n. 1 di Qualesammarco, Aprile 1989) che si tenne il 2 gennaio 1989, seguito, il 4 gennaio, da un’altra giornata di mobilitazione con picchetti che bloccarono tutte le strade di accesso al paese. San Marco restò isolata per un’intera mattinata.
Nello steso giorno, il 4, una delegazione, guidata dal Sindaco, incontrò il Direttore Generale del Ministero del Lavoro per illustrargli tutta la problematica. Nei giorni successivi gli onorevoli Galante e Cannelonga presentarono un’interrogazione orale al Ministro Formica, che, a sua volta, incontrati i sindacati il 14 gennaio, autorizzò il Direttore Generale dell’Ufficio del Lavoro di Foggia a prorogare l’apertura dell’ufficio di San Marco fino al 31 gennaio e, nel contempo, a rivedere il provvedimento. Il nuovo provvedimento arrivò il 31gennaio, quando, con due decreti, il direttore dell’Ufficio del Lavoro di Foggia, nel rispetto dell’intesa raggiunta con i sindacati CGIL-CISL-UIL, autorizzò la permanenza a San Marco dell’Ufficio del Lavoro con la nuova denominazione di “sezione decentrata” per l’agricoltura e di “recapito” per l’impiego.
Una vittoria dovuta alla mobilitazione unitaria e alla lotta che vide alla testa l’Ammiunistrazione Comunale e tanti, tanti citadini, organizzati e non.
Due momenti di un’unica storia.
Ieri grande mobilitazione. Oggi silenzio assordante.
Non c’è da riflettere?
Non c’è da preoccuparsi per questa rassegnazione dilagante?