Arriva Delvy: attraverso la lavorazione del melograno si rinnova una tradizione di famiglia, quella dei Del Vecchio
di Antonio Del Vecchio
Appena un ettaro e mezzo l’ “orto” dei fratelli Del Vecchio, alias Delvy, coltivato a melograno ed ha già una storia. In primis perché richiama alla memoria collettiva la poesia Pianto antico di Giosué Carducci che tutti conosciamo fin dalle scuole elementari. Non a caso uno dei produttori si chiama proprio Giosuè, come l’altro, dedito all’agricoltura fin dall’infanzia.
Il luogo dove gli alberi hanno preso piede pochissimi anni fa si chiama Cappelli, parte della più estesa e ben coltivata Mezzanagrande, ieri composta da una miriade di poderi dell’Ente Riforma Fondiaria, oggi in via di dissolvimento e ricomposizione di più grandi fondi a conduzione diretta, come l’azienda degli interessati, considerata dagli addetti dei lavori una delle più attive ed innovatrici. Tra l’altro gli stessi sono stati componenti di Gargano Energia, consorzio formato da soli soggetti locali, che ha messo su il primo parco di pale eoliche attivo in zona, successivamente venduto alla società 2 e dell’Edison.
L’appezzamento di terreno in parola, come l’attuale fabbrica di succo di frutta , di cui già si è scritto e si dirà ancora, si trova nelle vicinanze della masseria, composta da un insieme di fabbricati destinati in parte ad uso abitativo dei proprietari e dipendenti, per il resto a capannoni e laboratori. Siamo andati in campagna. Ad accoglierci è stato Giuseppe, il fratello maggiore, ultraquarantenne come l’altro, ma già proiettato verso il futuro. Infatti, è padre dello studente universitario Antonio, al primo anno di Scienze dell’Alimentazione.
Ci ha detto subito: “Quel che vedi l’abbiamo costruito dal basso, grazie ai nonni che hanno cominciato come assegnatari, ai genitori che ci hanno lavorato sodo per estendere a poco a poco la proprietà e poi a noi stessi che abbiamo sacrificato tante vacanze per dotarci di altre terre e mezzi per lavorare e produrre sempre più affinando le colture intensive e soprattutto quelle orticole ed orto frutticole, come asparagi, broccoletti, ulivi, mandorle e infine i melograni”.
Quindi, ha rincarato la dose comunicativa il fratello più giovane, il citato Giosuè: “Personalmente ho dato la mano quando ho potuto, dividendo il mio impegno tra pubblico e privato, ossia esercitando le cariche elettive ricoperte e il lavoro nei campi. Talvolta, ci rimettevo di proprio, abusando del lavoro doppio di mio fratello, costretto a stare notte e giorno in masseria. L’ultima coltura – ha aggiunto – ci appassiona maggiormente, perché ci permette di passare direttamente alla trasformazione del prodotto e alla sua commercializzazione di prima istanza”.
Incantevole il luogo in cui ci troviamo. Il terreno leggermente a coppa ci permette una vista panoramica dei dintorni. A Sud si staglia la storica Masseria con il Palazzotto signorile e annessa Chiesetta, in funzione sino agli anni ‘60 per l’ascolto della Santa Messa da parte delle famiglie dei ‘poderisti’. Così si chiamavano coloro che a quel tempo vivevano e lavoravano in campagna. Lo stabile già dei marchesi Cappelli, latifondisti di origine abruzzese – napoletana, che avevano estesi fondi in Capitanata, come il vicino Cappelluccio in Contrada Saldoni e l’altro più importante alla contrada Paglia, dove fu sperimentato il famoso grano duro detto “Senatore”. E ciò dall’appellativo del marchese di Raffaele Cappelli, parlamentare e ministro del Regno d’Italia nei primi anni del secolo scorso. A qualche centinaio di metri vediamo il torrente Candelaro e subito dopo la SS Pedegarganica e poi, su su, il cocuzzolo dove sorge Rignano.
Il tutto ispira poesia, come luogo e significato, perché a pochi metri dal nostro osservatorio si estende la selva dei melograni, ora spoglia e muta, come appunto l’albero a cui, Dante, il figlioletto del grande Carducci, stendeva la sua pargoletta mano, ossia il melograno che al tempo della primavera inoltrata si presenta ammantato di verde e trapuntato “Da ‘bei vermigli fior”, ristorato com’è di luce e di calore .
In questa poesia il grande poeta esprime il dolore profondo che prova per il suo figlio morto, rappresentato in questo periodo da uno di quegli alberi sopraccitati, spoglio e ‘solingo’, rappresentando se stesso non dissimile da una pianta inutile, perché percorsa dall’acqua e dal vento e senza fiori. A differenza del poeta che non rivedrà più suo figlio, ormai sepolto sotto la terra nuda e fredda, qui gli alberelli ritorneranno nelle stagioni propizie di nuovo a fiorire e a dare i suoi frutti di colore rosso detto appunto ‘granato’. Così come lo sono i citati ‘vermigli fior” decantati in poesia.
E questo consola i nostri ospiti, che si avviano ad essere presto i protagonisti di una produzione tutta biologica, utile alla salute e scevra di sostanze dannose e soprattutto per i suoi effetti antitumorali vantati sin dall’antichità.
N.B. : I succhi di melograno Delvy, sono completamente integrali, ossia privi di acqua e zucchero, e di coloranti e conservanti di qualsiasi specie.