“Stelle, stelle de Natale lumanatece la vija/Lumenatece la ciòcca pe ttené la pace ncore”
di Luigi Ciavarella
Ha per titolo “Natale, vinte, vinte” (Natale 2020, ndr) la poesia che quest’anno Antonio Villani rivolge a questa strano Natale che ci apprestiamo a celebrare. Una festività in cui ciascuno vi troverà motivo per riflettere, per interrogarsi sul presente e guardare al futuro o per ricordare, come sovente avviene in questi casi, quei momenti in cui lo spirito del Natale era di tutt’altro tenore. Nell’annus horribilis della pandemia tutto cambia, viene limitato, regolato per legge, persino stravolto nella sua percezione più intima. Credo che un confronto col passato sia possibile soltanto se riconducibile ai tempi di guerra. Infatti è come se lo fossimo: si avverte tutta la fragilità degli anziani, dei malati, i loro timori, i disagi anche se in questa folle banderuola siamo tutti possibili bersagli.
Ed ecco allora che il poeta immagina il suo Natale come sarebbe stato se Gesù Bambino fosse nato oggi, sulla scena del Presepio flagellato dagli effetti del contagio da Covid. Lu Bambinedde fridde e sule, avrebbe avuto le sembianze del bambino siriano nato tra le macerie del suo paese distrutto dalle bombe oppure del piccolo migrante nato su un barcone o, se si preferisce, nel gelo di una tendopoli in qualche angolo del nostro mondo. Nulla cambia nella geografia del dolore. Sono i Gesù Bambino di oggi di cui il mondo, opulento e distratto, non guarda mai. Dove persino l’accoglienza trova barriere invalicabile da quest’altra parte del mondo. Il senso della Natività è tutta in questi confini rigidi invalicabili, tra una sofferenza palpabile, reale, e un bisogno di umanità che spesso latita nel cuore degli uomini.
Il Natale di Antonio Villani è una rappresentazione della tradizione trasformata e aggiornata ai tempi nostri, con tutti i rituali della festività che nonostante tutto resistono e accompagnano la bellezza rassicurante della nostra tradizione (Pastastalle, Rusunèlle /Nastasia pan’è pizza) con immutato calore. Vi troviamo anche li cumpagne dell’oriente che per allusione immaginiamo siano i cinesi da cui partì il contagio, la trasmissione del virus; ma la bellezza del testo è tutta contenuta nella supplica che egli rivolge agli astri più luminosi: “Stelle, stelle de Natale lumanatece la vija/Lumenatece la ciòcca pe ttené la pace ncore”., affinché illuminino i cuori e la mente degli uomini di buona volontà.
Il testo è diventato anche una canzone musicalmente composta ed interpretata dal cantautore Ciro Iannacone a cui ci ritorneremo perché vi sono molti spunti interessanti.