Nomine in Regione, FdI: «Trombati, fedelissimi, parenti e indagati alla corte di Emiliano»
Dichiarazione congiunta del gruppo regionale di Fratelli d’Italia
“Dopo le nomine dei trombati alle regionali e riciclati come consiglieri di Emiliano pensavamo francamente di aver visto tutto. Ma negli ultimi giorni leggiamo articoli di stampa che fanno apparire come ‘verginelli’ i 10 consiglieri del presidente Michele Emiliano.
Abbiamo letto della portavoce del presidente del Consiglio, Loredana Capone, il cui compenso di 91mila euro pone già qualche problema di curriculum, convinti come siamo che chi ricopre un ruolo istituzionale così importante, per la comunicazione del Consiglio regionale, debba possedere titoli ed esperienza idonei, ma soprattutto non dovrebbe mai lanciarsi in offese alle ministre di Forza Italia (visto che la presidente Capone nel suo discorso di insediamento ha fatto del valore della parità di genere la connotazione della sua presidenza) e a politici dell’area minoritaria in Consiglio (il centrodestra). Restiamo convinti che non bastino le scuse per archiviare una bruttissima pagina del Consiglio regionale.
Ma questa mattina apprendiamo che il vicepresidente del Sepac non avrebbe i titoli per ricoprire il ruolo e per questo non avrebbe partecipato all’avviso pubblico che dava vita alla short list, dalla quale il presidente Emiliano avrebbe dovuto attingere i componenti del Comitato regionale. E il ‘nominato’ fratello del deputato e coordinatore regionale del Pd, Marco Lacarra, avrebbe avuto una corsia diretta e privilegiata: è approdato sulla poltrona senza passare dal VIA!
Ma oltre ai trombati, ai fedelissimi e ai parenti, esiste un’altra categoria di politici scelti da Emiliano per amministrare la cosa pubblica – vale a dire i soldi dei pugliesi – che messi alla prova come imprenditori hanno fallito. Stiamo parlando sia del direttore generale dell’Arpal, Massimo Cassano – indagato per bancarotta fraudolenta per il fallimento di una società della quale è stato anche lui (insieme ad altri) amministratore unico per sei anni – sia dell’assessore al Personale, Gianni Stea, che in qualità di amministratore di un’azienda di import-export di prodotti ortofrutticoli non ha pagato contributi e tasse allo Stato per oltre 2 milioni e 650mila euro. Un dubbio ci assale: ma due imprenditori che nel privato non sanno gestire le aziende che hanno, sono le persone più idonee ad amministrare la Cosa Pubblica?
Insomma, negli anni passati avevamo sempre denunciato lo squallido mercimonio che Emiliano e il centrosinistra avevano fatto delle nomine di loro competenza, ma francamente mai si era scesi a questo livello”.