‘Ammonito’ per aver “fatto campagna elettorale”, carabiniere fa ricorso e il Tar gli dà ragione: “Sentenza storica”“
di Maria Grazia Frisaldi
Ammonito dall’Arma dei Carabinieri per aver partecipato – in abiti civili e fuori dal servizio – ad attività di campagna elettorale per le passate Amministrative, a San Marco in Lamis.
Dopo cinque anni di battaglie a suon di carte bollate, il Tar Puglia elimina ogni ombra sull’operato dell’allora appuntato Michele Rendina, ora in pensione, e scrive una sentenza che potrebbe costituire un caso-scuola.
L’accusa, in sostanza, si basava sull’idea che un militare non poteva, per regolamentazione ufficiale, fare in alcun modo campagna elettorale o prendere parte ad attività politiche e propagandistiche.
I fatti si inquadrano nell’ambito della vivace campagna elettorale tenuta in quel di San Marco in Lamis, durante la quale il militare ha simpatizzato e sostenuto, da libero cittadino, la lista dell’attuale primo cittadino, Michele Merla.
Per questo motivo, lo stesso si è visto bersagliato sui social con una serie di post e fotografie che testimoniavano la sua vicinanza alla lista elettorale, sollevando dubbi sulla liceità di tale collaborazione dato il suo status di militare.
Una vera e propria campagna di discredito, a seguito della quale il comando provinciale dei Carabinieri di Foggia ha ritenuto opportuno sanzionare Rendina, con un provvedimento disciplinare (una ammonizione) che per il carabiniere ha rappresentato una grave macchia sul finire della carriera.
Consapevole di essere nel giusto, Rendina – con gli avvocati Giovanni Fiorentino di San Giovanni Rotondo e Michele La Porta di San Marco in Lamis – ha impugnato la sanzione davanti al Tribunale amministrativo che, dopo 5 anni, ha accolto il ricorso scrivendo una sentenza che potrebbe fare giurisprudenza.
In sostanza, i giudici del Tar (presidente Angelo Scafuri) hanno sancito non solo la liceità dell’azione posta in essere dall’ormai ex carabiniere ma anche la legittimità dell’attività politica ed elettorale fatta dai singoli militari.
La sentenza, quindi, ammorbidisce quei principi secondo i quali carabinieri non possono e non debbono fare attività politica o elettorale, sdoppiando l’aspetto miliare da quello civile.
La sentenza non solo elimina la ‘macchia’ sulla carriera del militare, ma restituisce un riferimento nuovo di diritto per le libertà costituzionali, civili e democratiche di chi svolge il ruolo di carabiniere (et similia) il quale, nella sua libertà come singolo, è con questa sentenza parificato a tutti gli altri cittadini.
In particolare, si legge nella sentenza: “La questione in esame attiene al complesso tema dei limiti all’esercizio dei diritti politici relativi al personale in servizio presso le Forze Armate. Il punto di partenza è il presupposto costituzionale fornito dall’art. 49 Cost. a norma del quale tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
“Un’eventuale delimitazione di tale fondamentale presidio di libertà del singolo e di garanzia della permanenza del carattere democratico della Repubblica è, quindi, possibile solo per specifiche categorie di cittadini, ai sensi del successivo articolo 98 della Carta fondamentale, tra cui ‘i militari di carriera in servizio attivo’”.
In sostanza “se il senso di dette norme è da ravvisare nella necessità di tutelare la funzione di garanzia e la terzietà ideologica delle Forze Armate come istituzione imparziale al servizio della collettività, l’eventuale attività politica svolta in favore di un’istanza di partecipazione civica a livello meramente locale non sembra realisticamente intaccare il nucleo concettuale di detta ratio, non apparendo pertanto in alcun modo lesiva delle norme vigenti”. (FoggiaToday.it)