Le poesie di Pasquale Soccio
Curato da Michele Galante, disponibile il volume di poesie inedite di Pasquale Soccio
di Luigi Ciavarella
Con una dotta introduzione a cura del prof. Ferdianando Pappalardo, Michele Galante, già presidente della Fondazione Pasquale ed Angelo Soccio nonché storico e politico molto noto negli ambienti intellettuali della provincia, ci introduce, attraverso la pubblicazione di una raccolta di testi poetici, nell’inedito universo poetico di Pasquale Soccio. Il volume aggiunge al titolo una data (1925-1998) che delimita il campo entro cui il noto studioso di San Marco in Lamis, scomparso nel 2001, ha espresso, salvo una interruzione durata circa quarant’anni, la sua vena poetica.
Dalla prima lirica, scritta nel 1924 (a soli 17 anni sino all’ultima del 1998,- quindi un un arco di tempo molto lungo – Pasquale Soccio ha prodotto qualcosa come 200 poesie, rimaste quasi del tutto inedite ad esclusione di alcune apparse su riviste sparse, e di altre invece, pubblicate grazie al contributo dato dallo studioso Matteo Coco nel 2008 con la divulgazione di una ventina di testi (“Il tempo, l’incanto e la memoria di Pasquale Soccio”, contenuta nella raccolta dei saggi “Libertà va cercando. Saggi, articoli e poesie“ a cura di Giuseppe Trincucci (Edizioni del Rosone 2010).
A parte ciò non vi è traccia di una raccolta di poesia regolare intestata a suo nome. Il motivo di questa sua rinuncia viene descritta come “una mancanza di organicità” del corpus poetico tale da giustificare la mancata divulgazione. Oppure, come meglio giustifica il prefatore, forse gli mancarono “l’incoraggiamento e l’approvazione degli illustri esponenti della società letteraria del tempo” (Pappalardo).
Tuttavia si deve a Michele Galante il rinvenimento di questa corposa produzione inedita comprensiva in una quindicina di quaderni (oltre alle poesie, ben datate, coesistono anche appunti e racconti) e quindi l’impegno di renderle pubbliche attraverso una degna pubblicazione (a cura delle Edizioni Il Rosone) peraltro molto ben curata sia nelle veste grafica quanto nell’analisi letteraria.
Una raccolta che possiamo suddividerla in diverse fasi temporali a secondo delle località dove Pasquale Soccio ha vissuto, ispirata dalle percezioni del posto, con una scrittura che, inizialmente, guarda ai poeti classici : Leopardi, Pascoli e Ungaretti su tutti. Il primo luogo è un paesino dell’Alto Molise dove egli vi resta quattro anni quale maestro elementare di prima nomina. Si tratta del suo primo impiego in un posto che, “non potendo fare altro”, si dedica freneticamente allo studio. Qui elabora il suo rapporto, in maniera consapevole, con la poesia, indicato nel volume come periodo molisano (1925 – 1931). Prima però vi sono le poesie esordienti (1925 – 1927) a cui appartengono testi come “Sosta” o “Colloquio”, e, tra le altre, anche una poesia dedicata a L. V. Beethoven nel centenario della sua morte, che già delineano uno stile e un lirismo che, seppure ancora acerbi e dipendenti dai suoi studi recenti (ma in parte anche dovuti ad un certo spaesamento) segnano la nascita di un poeta che avrà col tempo una maggiore fisionomia.
Nella seconda fase fanno parte un gruppo di poesie datate 1931 – 1934 del cosiddetto “periodo garganico”. Appartiene allo stesso tempo anche l’unica raccolta ordinata dall’Autore e dedicata a Gaetano Poppa, un suo amico di Sannicandro Garganico. Di questa sezione vi sono una quarantina di testi (“Nasco fra vergini silenzi/nuovo a me stesso e solo”) mentre nella successiva, “periodo romano 1935 – 1938”, circa la metà. In ultimo il cosiddetto “Periodo della Senectus” (1978 – 1998) che raccoglie un numero minimo di liriche, da attribuirsi all’ultima parte della sua vita.
Pasquale Soccio è stato ed ha rappresentato per la cultura garganica/Capitanata, ma direi per l’intera area meridionale ed anche nazionale, un punto di riferimento importante. Con questa raccolta, che ha il pregio di svelare un aspetto inedito dell’intellettuale sammarchese, feconda, ridondante di prezioso lirismo, ci dimostra quanta attenzione e quanta nobiltà d’animo egli riponga nella parola. D’altra parte Pasquale Soccio (che per noi era il “Preside” poiché ha svolto questo ruolo per 25 anni all’Istituto Bonghi di Lucera) si è pronunciato più volte in vita come poeta anche se in forma di prosa. In fondo basta leggere il volumetto “San Matteo Rupe di luce” e, per certi aspetti, anche “Gargano segreto” e “Lucera minore” per rendersene conto.
Un libro caldamente raccomandato.