“Quanne lu bannista scarpare receveva la chiamata da Nannine, ce luvava la vardera, ce deva na pulezzata alli scarpe, ce metteva lu berrette ncape, chiudeva la putecola a ce ne ieva alla strata che l’avevene ditte. Lu bannista scarpare jeva sempe lu cchiù leste” (Michele Ceddia, “Come eravamo”, 2001). Le origini e il ruolo centrale della scuola di Formazione Musicale “S.Cecilia”.
di Lugi Ciavarella
Introdurre nomi e fatti legati all’attività di quei musicisti che hanno suonato strumenti a fiato in paese equivale a parlare necessariamente della Banda Musicale o Orchestra di fiati e percussioni di cui il nostro paese, nonostante la scarsa letteratura esistente intorno a questi argomenti, può vantare una storia molto interessante.
Una delle fonti principali è senz’altro il saggio introduttivo di Gabriele Tardio al volume “Bande e Gruppi Musicali di San Marco in Lamis” (Regione Puglia, 2005) nel cui testo vengono definiti non soltanto la cronistoria minuziosa dei fatti ma vengono anche evidenziati quei dettagli (uniformi, regolamenti, compensi, etc.) utili per avere un quadro completo della situazione.
Possiamo dire, senza ombra di dubbio, che il nostro paese ha sempre avuto un corpo bandistico, anche con capacità di misurarsi con altre realtà circostanti, o comunque ha sempre sostenuto l’idea che una banda musicale fosse necessaria “poiché svolge una funzione culturale e di aggregazione sociale,(…) scandisce la vita della città, le emozioni degli individui e lo stesso scorrere degli eventi” (Tardio), come dire una componente imprescindibile del tessuto sociale del paese. La sua presenza rassicurante, costante nel tempo, va intesa in questa prospettiva poiché essa svolge un compito sociale di coesione in quanto allieta le funzioni religiose come le feste di paese e, a richiesta, serve anche per accompagnare l’ultimo viaggio verso il cimitero di un defunto. A secondo della musica suonata si capisce il compito che sta svolgendo in quel momento.
Le prime notizie della costituzione di una Banda sono del 1799 anche se generalmente si fa risalire agli inizi dell’800. Secondo Gabriele Tardio in quell’anno era già operativa una banda costituita, confermata peraltro da altre fonti (Dizionario della Musica italiana delle Bande 1800-1945) per cui possiamo far risalire in quel periodo la nascita di una orchestra a fiati e percussioni, senza per questo escludere che prima di quella data ci fossero in paese piccole aggregazioni di musici in grado di allietare momenti religiosi.
Tuttavia l’aspetto che qui ci interessa sottolineare è la nascita della Banda come Complesso Orchestrale che, formata da artigiani del luogo, – orafi, calzolai, sarti, barbieri, muratori, etc. -, a partire dagli inizi del novecento comincia a svolgere una funzione precisa all’interno della vita istituzionale cittadina, impegnandosi da subito ad assolvere oltre al consueto repertorio bandistico di rito (marce funebre per i funerali, musiche a festa in itinere, etc.) anche ad un programma di vera musica operistica, pure di un certo rilievo, che viene eseguita tanto nei piazzali quanto in cassa armonica, sul palchetto della villa comunale, con partiture impegnative, ricercate e sopratutto molto apprezzate dagli intenditori.
Se ciò è avvenuto lo dobbiamo senz’altro alla presenza dei primi Direttori d’Orchestra che, chiamati dai notabili locali a dirigire il complesso bandistico, si rivelano fondamentali in quanto contribuiscono a far crescere una consapevolezza nuova in rapporto al periodo che la nostra comunità sta vivendo. Questa svolta rende la Banda popolare non soltanto in loco e nelle zone circostanti ma la sua fama raggiunge persino le aree fuori provincia grazie alla serietà e la competenza con cui vengono affrontati i temi musicali.
Abbiamo avuto dapprima il M° Ferrante, citato da Tonino Lombardozzi, che guidò la Banda per i primi dieci anni del secolo scorso, seguito dal M° M.Lozzi che invece rimase operativo per venti finché non vi giunge, chiamato in quanto vincitore di Concorso bandito dall’Amministrazione, il M° Luigi Giordano.
Nativo di Salerno (1886), Luigi Giordano (“un galantuomo che onorò la città” secondo il giudizio che ne da Michele Ceddia), fu un personaggio determinante per lo sviluppo della Musica in paese. Sotto la sua guida il profilo della banda eleva il suo prestigio in maniera considerevole. Prima di assumere il suo impegno egli era stato Direttore a Castellabate (Salerno) dove aveva diretto la banda cittadina. Quando arrivò da noi, nel 1923, Luigi Giordano aveva 37 anni e un notevole bagaglio di esperienza alle spalle. Egli ebbe il grande merito di trasformare quella aggregazione di musici-artigiani in autentici musicisti di valore provvedendo all’insegnamento e al sostentamento di ciascuno, dando loro una dignità e una identità artistica. Per questo motivo ma anche per i suoi modi eleganti il M° Luigi Giordano (nessuna parentela con Umberto) fu molto stimato in paese. Si stabilì a San Marco in Lamis con la consorte Magda DeBiase con la quale ebbe cinque figli tra cui la primogenita Maria madre di Renata Marchesini, nostra concittadina, e Giovina nata a S. Marco e qui sepolta nella cappella Spagnoli/Ianzano, che fu insegnante elementare, molto nota in paese per le sue ripetizioni di matematica.
Il M° Luigi Giordano, che ha insegnato anche Musica nei vari istituti scolastici della zona, ci ha lasciato Opere per Banda e anche Romanze con testi di Luigi Guerrieri, le cui partiture sono custodite nella Biblioteca del Convento di San Matteo. Morì a Napoli nel settembre del 1951 per le conseguenze di un trauma cerebrale accidentale.
Di quella storica banda rimangono alcuni frammenti fotografici di cui un paio qui pubblicate. Si tratta di uno scatto degli anni venti (fig.1) in cui figurano Giuseppe, Michele, Francesco “lu Vardare”, Giuseppe e, seduto a terra, Luigi Apollonio mentre nel secondo, foto storica del 1936 (fig.2), vi sono rappresentati il M° Giordano attorniato dalla sua banda formata da quaranta elementi di cui alcuni nomi si possono leggere sullo scatto. E’ questo il momento di massimo fulgore che la nostra banda sta attraversando, la cui popolarità raggiunge vertici quasi da leggenda.
A partire dagli inizi degli anni ’50 il corpo bandistico si sfalda a causa delle defezioni di alcuni elementi dovute all’emigrazione che sta minando le stesse fondamenta del paese. La categoria degli artigiani, che più delle altre aveva contribuito a sostenerne le basi, si assottiglia sino a scomparire del tutto. In assenza di un ricambio di personale l’idea del complesso bandistico, così come era stato concepito in passato, è destinato a scomparire. Dopo alcuni decenni di silenzio nel 1982 però si ricostituisce, risorge come araba fenice, grazie all’interessamento di Grazia Galante, allora assessore del comune di San Marco in Lamis, e all’assistenza fondamentale del M° Tonino Lombardozzi. L’impegno è notevole, vengono reclutati giovani tra i 9 e 17 anni e avviati all’insegnamento gestito da Lombardozzi riguardo il solfeggio e da Michele Spaccavento per i legni. Oltre ai giovani vi partecipano, direi con commovente slancio passionale, anche alcuni superstiti della vecchia formazione : Michele La Sala (clarinetto contralto), Giuseppe Tancredi (sax contralto), Antonio Lallo (trombone), Antonio Colletta (clarinetto) e l’instancabile Luigi De Carolis (sax), figura centrale nella storia delle nostre bande cittadine.
Nato nel 1914 (e scomparso nel 1999) Luigi De Carolis, noto come “Giggino Carulunedda”, (fig.3) impara da subito a suonare il sax tenore, regalatogli dal nonno all’età di dieci anni. Le prime nozioni le vengono impartire dal M° Giordano in persona con il quale si instaura anche un certo feeling. A vent’anni è già membro della banda diretta dal Giordano e cresce in quel contesto una passione e anche una certa esperienza che le serviranno dal dopoguerra in poi per impiantare con amici e sodali gruppi musicali estemporanei (con Lombardozzi, Fulgaro, Panzone, etc.) dediti alle serate danzanti come alle feste di matrimonio o alle romantiche serenate sotto i balconi come si usava allora. Nella vita Luigi ha svolto il mestiere di sarto, appreso da un sarto torinese che insegnava a San Giovanni Rotondo. La sua sartoria-laboratorio fu molto rinomata in paese per l’eleganza e la misura con cui esercitava il suo lavoro, sempre ricercato nelle sue forme più esclusive.
La giovane banda, che viene intestata a Luigi Giordano, – debutta il 25 aprile del 1984 (festa patronale) – ma dura soltanto dieci anni dopodiché anche questa esperienza chiude i battenti. L’ennesima rinascita avviene nel 1999 grazie al M° Antonio Claudio Bonfitto e ad un gruppo di suoi valenti collaboratori che ne riprendono il bandolo su nuove basi costituite attraverso la fondazione musicale “Santa Cecilia”, la beneamata Associazione che raccoglie l’eredità del passato e, unisce intorno a sé, tutte le manifestazioni musicali e artistiche del luogo sin dal 1994, anno della sua fondazione, attraverso una scuola di formazione molto produttiva.
Diplomato dapprima al Conservatorio “U.Giordano” di Foggia nel 1995 in clarinetto e in sassofono in quel di Campobasso poi in Direzione d’Orchestra all’Accademia Musicale Pescarese, Antonio Claudio Bonfitto, diventa sin da subito il responsabile della rinascita musicale in paese avendo costituito dapprima una Scuola di avviamento ai corsi musicali (La Santa Cecilia) e in seguito la stessa banda musicale il cui organico è prelevato interamente dai corsi. Un impegno formidabile che diventa subito fondamentale per le tante attività che assolve non soltanto di tipo istituzionale (riti religiosi e civili) ma anche in differenti contesti come per esempio la pubblicazione di un CD (Registrato Live il 16 e 17 Maggio 2015 al Teatro Giannone) in cui viene raccolto un numero sufficienti di brani che raccontano bene, con una varietà di motivi sorprendenti, il loro percorso creativo (e la loro idea di musica per bande). Da “Cavalleria Leggera” a “Ernani” di G. Verdi, al medley di R. Carosone, passando per “Fra rose e spine” di G.Orsomando e nel bel mezzo anche uno stupefacente omaggio ai Santana, l’Orchestra di Fiati “Santa Cecilia” ci lascia un documento sonoro di ineccepibile valore.
Accanto a Bonfitto, in veste di insegnanti (ma anche musicisti attivi nella Banda) operano sin dalle origini alcuni suoi preziosi collaboratori tra cui è d’obbligo citare Maria Rosaria Coco, maestro di teoria e solfeggio (nonché clarinettista diplomata al Conservatorio di Foggia), Antonio Tiscia (clarinetto), Antonio Mastromauro, Michele Gravino (entrambi flautisti), – provenienti dalla passata edizione. Per completezza d’informazione, relativo però alla scuola di formazione, da menzionare i M° Maria Vittoria Giuliani e Raffaele Circelli (tastiere e pianoforte), Giuseppe Pio Spera e Luciano Pannese, rispettivamente maestri di violino e contrabasso; Mario Ciuffreda, batteria e percussioni, e infine il giovanissimo sangiovannese Nicola Steduto virtuoso della chitarra classica, che hanno dato lustro all’insegnamento.
In tanti anni di attività la scuola di formazione Santa Cecilia ha sfornato molti talenti che diventa difficile indicarne un elenco completo. Ci limitiamo soltanto ai nomi di coloro che hanno speso la loro vita per la musica avendo coscienza del loro status di musicisti. Quei giovani allievi che, diplomatosi in seguito nei vari conservatori o perfezionandosi in altri istituti, hanno dato continuità alle loro passioni con spirito militante occupando spazi creativi in seno alla nostra comunità, comunicandoci quei valori derivanti dagli insegnamenti ricevuti. Veri talenti di cui alcuni già noti negli ambienti musicali, che vanno tutti ricordati a cominciare da Antonio Aucello, sassofonista e musicista jazz di notevole levatura, Gian Domenico Nardella, anch’egli suonatore di sax però più incline al pop; poi Luigi Napolitano (trombone), Luigi Lallo, Michele Gualano, Francesco Verde, Anna Daniele, Antonio Vasapollo, Michele Augello, Irma Battista, Antonella Villani, Federico Leggieri (tromba), Antonia Fino (che ha iniziato con il sax per poi passare al canto), Grazia Rendina, Ylenia Ceddia, Claudia Leggieri, Carolina Soccio, Anna Daniele, Giuseppe Soccio, Emy Leggieri, Gilda Soccio, Antonio Luciani, Michele Gualano, Giovanni Longo, Tommaso Soccio, Pierluigi Saracino, Michele Bisceglie, Antonio Cristino e Sergio D’ddato (clarinettisti), Anna Daniele, Ugo Giuliani (Corno inglese), Nazario Daniele, Giuseppe Nardella, Pierluigi Bevilacqua, Michele di Carlo, Antonio Luciani, etc. ognuno con una propria personale identità formativa e una storia importante da raccontare e una propria visione con cui ciascuno prova ad inseguire il proprio sogno di Musica. Come si può notare sono tantissimi i nomi passati tra le maglie di questa palestra di suoni, nel luogo dove ciascuno vi ha lasciato un segno, un ricordo di sé, un affetto, piccolo o grande che sia, affinché si perpetrasse nel tempo questa tradizione, sempre con nuove energie e nuovi traguardi da raggiungere.
E’ così che La Banda, questo strano organismo musicale “troppo serio per essere popolare e troppo popolare per essere serio”, che precede in processione Santi e Madonne annunciando al popolo il loro passaggio e che poi in Cassa armonica dà vita alla cosiddetta ”classica dei poveri” dopo due secoli di storia è ancora qui in mezzo a noi, vivo più che mai, con nuove, allettanti, prospettive davanti a sé. La Cassa armonica invece, che era uno dei nostri vanti a livello regionale – un monumento ben collocato, come un maestoso altare, al centro della fiorita Villa comunale – per qualche ragione a noi sconosciuta, è stata demolita né alcuno finora si è assunto l’onere di ripristinarla, magari con le tecniche e la sicurezza attuali. Purtroppo i nostri più illustri musicisti di un, senza dubbio, glorioso passato che hanno dato splendore e appassionato questa terra altrimenti del tutto anonima, tacciono nei loro sepolcri dimenticati dalle Istituzioni, quelle di ieri come quelle di oggi, sorde e cieche di fronte alla bellezza della Musica.
(Ringrazio: Renato Giordano, Pasqualina A. De Carolis, Nicola M. Spagnoli, A. Claudio Bonfitto e Maria R. Coco per i loro preziosi contributi)