San Marco in Lamis piange la morte di Nick Petruccelli
Nick Petruccelli, uno dei più grandi artisti della Capitanata non c’è più. Si è spento alle 23.00 di ieri sera a Casa Sollievo della Sofferenza, all’età di ottant’anni.
Lascia un grande vuoto nella sua città, San Marco in Lamis, dove aveva vissuto ed operato finora, divenendo punto di riferimento indiscutibile di creatività e di cultura, alla pari degli altri grandi nativi del suo passato remoto e recente, a cominciare da suo fratello Peter, australiano di adozione, artista e docente all’Università di Melbourne, scomparso qualche anno fa. E, a seguire, tutti gli altri emersi nei vari campi dello scibile (I Soccio, i Nardella, I Tusiani, ecc..).
Non si contano i successi delle sue mostre, più volte a Foggia, poi ad Assisi, Trento, a Firenze ed in altre grandi città italiane. A Roma per due, di cui una ospite del Museo della Shoah, grazie alla sua originale interpretazione degli eccidi e dei lager nazisti. La prima volta a presentarlo fu Gaetano Cristino, oltre che come critico, anche quale v. presidente dei Monti Uniti di Foggia, la seconda, l’architetto Gianfranco Piemontese, raffinato e colto critico pure lui. Ospite fisso al Convento-Santuario di San Matteo, dove si trovano esposte alcune sue opere.
Ecco in breve, la sua ricca e tormentata biografia. A diciotto anni, per aiutare la famiglia che vive in notevoli ristrettezze economiche, abbandona gli studi, dopo aver conseguito con ottimi risultati il diploma delle scuole di avviamento, e mi diedi anima e corpo al lavoro manuale. Per tre anni di seguito aiuta il padre nei lavori agricoli presso il podere dell’Ente Riforma in località Cicerone. A 17 anni, intraprende l’attività di apprendista muratore. Successivamente, con l’avvento in edilizia del cemento armato. Ed è con questa qualifica che emigra nel 1958 in Germania, a Colonia, dove rimane impiegato presso la ditta proponente fino al 1960.
La sua è una famiglia di emigrati (quattro fratelli e una sorella andati in Australia). Nel 1961, anche lui ne segue l’esempio, emigrando in questo lontano paese e sotto la guida di suo fratello Peter, comincia a frequenta una scuola serale di arte. In breve riesce ad impadronirsi delle più importanti tecniche pittoriche e scultorie, producendo dei piccoli capolavori.
Dopo cinque anni, rientra in Italia e intraprende una lunga ed intensa attività artistica e artigianale. Nel 1980 crea addirittura una vera e propria scuola di arte, richiamando la frequenza di giovani da ogni dove. . Da questo momento inizia anche ad esporre in personali e collettive in varie parti d’Italia (Trento, Verona, Castellana Grotte, Monte S. Angelo, Manfredonia, San Severo, ecc.) e all’estero (Melbourne).
Sperimenta le più svariate tecniche, pellame, ossa, ferro, lamiera, cemento, legno, ferro, pietra, ecc.). Dipinge olio su tela, e in acrilico. Realizza opere in alto e basso rilievo, esposti in ambienti religiosi (Convento di San Matteo), reliquario presso Santa Maria degli Angeli ad Assisi. Su di lui hanno scritto critici d’arte di gran valore, come Gaetano Cristino, Sergio D’Amaro (si veda cura del Catalogo delle opere 1968 – 2008, edito da Claudio Grenzi, nel 2009).
Qui hanno dato il loro contributo, scrittori, giornalisti e critici di grande valore, come lo stesso Joseph Tusiani (Nella sua casa di New York si conserva una sua significativa opera, come “Il Campanile”) Cosma Siani, Antonio Motta, Michele Coco. In altri scritti si sono fatti avanti pure Katia Ricci, il su citato Gianfranco Piemontese e tanti altri ancora, di cui l’elenco sarebbe troppo lungo. Da evidenziare nella vicina Rignano, la realizzazione negli anni ‘80 del gruppo in noce della Madonna del Carmine, assai ammirata dalla critica.
Ed ora alcune annotazioni sulla sua straordinaria umanità. Nick era un uomo umile e generoso che sapeva spendersi sempre nell’aiutare gli altri. Religiosissimo, non trascurava mai gli impegni della fede cristiana, come la S.Messa, la domenica e nelle altre feste comandate, che seguiva puntualmente a San Matteo.
La sua morte me la preannunciò l’altro giorno con una telefonata assai affannosa e affannata, quasi per chiedermi non tanto aiuto quanto il conforto di un amico. Da quel momento Intuivo che sarebbe capitato il peggio, perché mi sentivo del tutto prostrato e addolorato profondamente.
Addio Nick, non ci sentiremo più un giorno si e l’altro non come abbiamo sempre fatto negli ultimi tempi. Il tuo ricordo, tuttavia, resterà sempre stampato nella memoria, perché per me più che l’artista sei stato un grande ed insostituibile amico. La direzione e redazione della presente testata esprime alla famiglia la sua più stretta vicinanza.
Riposi in pace, Nick, che Dio ti abbia in gloria! (AntDV)