Riflessioni sulla “politica” sammarchese
di Giuseppe Soccio
Grazie ad Antonio Motta ho avuto l’opportunità, per me straordinaria, di potermi intrattenere con Leonardo Sciascia sia in occasione della sua venuta a San Marco per il ritiro del premio Fermi, sia in occasione di due incontri a Roma per libri curati da Antonio.
Durante una conversazione, Antonio riferì che io ero stato sindaco di San Marco e Sciascia mi chiese il partito di appartenenza. “Partito Comunista Italiano” è stata la risposta, cui seguì una lapidaria chiosa di Sciascia: “Eppure rimpiangeremo i democristiani”.
Chissà quante volte quella frase mi è venuta alla mente, date anche le mie successive vicissitudini di appartenenza politica e data anche l’evoluzione della storia politica italiana, e non solo!
Soprattutto mi dava da pensare quell’eppure. Quale poteva essere la premessa di quella congiunzione avversativa?
La risposta più plausibile mi sembra questa: Sciascia è stato un critico severo della Democrazia Cristiana, sino al punto di candidarsi come indipendente nella lista del PCI a Palermo prima e nel Partito Radicale poi, eppure egli presagiva che la degenerazione della politica italiana avrebbe portato a rimpiangere la balena bianca.
Certamente, si riferiva allo scenario nazionale, ma, si parva licet, la “profezia” mi sembra attagliarsi perfettamente al nostro piccolo comune, soprattutto se riferita alle ultime elezioni amministrative e alle conseguenti vicende di formazione dell’Amministrazione Comunale: sigle usate solo come paravento di spregiudicate operazioni di potere occulte e non palesate agli elettori, che tradiscono il profondo degrado dell’etica pubblica, ridotta a perbenismo di facciata che, e questo è ancor più grave, non riguarda solo i politici “ufficiali” ma anche tante “anime belle” che ruotano attorno alla “politica” paesana, e che, in nome del “vogliamoci bene”, con sfrontata ipocrisia, nasconde ben altre realtà, calpestando la verità e mettendo sotto i piedi la dignità dei partiti politici (per quello che ancora resta).
Mi viene da ripetere una invocazione che ho spesso usato: a ridateci Don Camillo e Peppone. Quantomeno erano personaggi che rappresentavano preti veri, preoccupati esclusivamente della fede e della libertà religiosa, e genuini attivisti di sinistra, che sognavano il sol dell’avvenire, che pure a San Marco ci sono stati e che, in questo paese dove lodi sperticate, aggettivi iperbolici e riconoscimenti da premio Nobel si sprecano per ogni starnuto, meriterebbero di essere onorati.
P.S.
Per favorire un dibattito, durante la campagna elettorale, incentrato sui reali e gravi problemi del nostro Comune, avevo inviato un esposto, assumendomi ogni responsabilità, sulla Relazione di Fine Mandato del Sindaco. Nessuno lo ha preso in considerazione, a riprova che la verità non è un obiettivo della nostra “politica”. Si poteva anche dire che le mie erano farneticazioni: comunque, una verità sarebbe venuta fuori. Visto che è stata preferita l’indifferenza, almeno ora, che la campagna elettorale si è chiusa e non vi possono essere speculazioni propagandistiche, è possibile dare una qualche risposta, non a me, ma ai cittadini tutti?