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Giulio Ianzano: «A Foggia e provincia il paziente psichiatrico è una risorsa e non un problema»

L’Assistenza Infermieristica è cambiata radicalmente nei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC) in tutta Italia. È quanto emerso dalla relazione di Giulio Ianzano, coordinatore infermieristico, al congresso nazionale di Bergamo del 7-9 ottobre 2021.

Giulio Ianzano (nella foto-copertina), coordinatore infermieristico della Psichiatria Universitaria di Foggia, è stato chiaro l’altro giorno a Bergamo: “l’assistenza infermieristica nei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura italiani è mutata sensibilmente negli ultimi anni, ma non sono tutte rose e fiori: ci sono nuovi utenti, nuovi progetti, ma anche tante vecchie criticità”.

E’ quanto emerso a Bergamo nei giorni scorsi durante l’XI Congresso Nazionale Coordinamento SPDC sul tema “Comportamenti a rischio e disturbi mentali: il ruolo degli SPDC al tempo della sindemia“.

Tra i relatori più apprezzati e seguiti lo stesso Ianzano, che si è soffermato a lungo sull’argomento “Assistenza Infermieristica in SPDC: nuova utenza, nuovi bisogni, vecchie criticità”.

In SPDC, ha ricordato il coordinatore infermieristico originario di San Marco in Lamis (FG), il malato mentale veniva identificato mediante:

    • Psicosi;
    • Disturbo di personalità̀;
    • Depressione maggiore.

Relativamente alla nuova utenza:

Numerose ricerche hanno contribuito a mutare l’idea dell’utenza che si rivolge a questi servizi.

La nuova utenza è rappresentata da coloro che si rivolgono agli SPDC per problemi noti come Disturbi Emotivi Comuni:

      • Stress cronico o transitorio;
      • Disturbi depressivi o ansiosi;
      • Difficoltà relazionali o sessuali;
      • Problemi legati alla scuola, al lavoro, all’ambito sportivo.

Le novità principali emerse dalle analisi dei ricoveri negli ultimi decenni:

    • Ricorso ad ambulatori piuttosto che servizi o professionisti privati;
    • Mutamento della rappresentazione che le persone hanno degli SPDC;
    • Aumento della capacità della popolazione di riconoscere problemi legati ai rapporti, alle emozioni violente, al disagio quotidiano, al passaggio generazionale.

Quali differenze vi sono tra vecchia e nuova utenza?

Lo spiega lo stesso Ianzano nella sua relazione.

Vecchia utenza:

  • Persone incapaci di riconoscere il proprio problema;
  • Soggetti resistenti alle terapie;
  • Soggetti interdetti nella funzione di auto- ascolto

Nuova utenza:

  • Individui in grado di dare una forma al proprio malessere;
  • Soggetti capaci di condividerlo, anche se in modo ingenuo.

L’importante ruolo dell’Infermiere in Psichiatria e le sfide future della professione.

“La sfida per gli infermieri dei Servizi di Salute Mentale è portare avanti metodologie di accoglienza e intervento fondate su criteri relazionali poiché il rapporto stesso con gli operatori può̀ diventare il maggiore veicolo di informazioni sul disagio del paziente” – ha spiegato il coordinatore foggiano.

Nuovi casi: come sono i nuovi ricoveri?

Secondo Ianzano sembrano emergere un nuovo tipo di casi «difficili» per ragioni gestionali, di responsabilità̀ e sicurezza. Si tratta essenzialmente di situazioni “che implicano comportamenti autolesivi ed eterolesivi non prevedibili nonostante l’impegno degli operatori. Un problema ancora poco riconosciuto per le responsabilità̀ stesse”.

E non è tutto. I cambiamenti sociali, epidemiologici, psicopatologici e dei bisogni di salute hanno creato nuovi problemi e nuove difficoltà nell’assistenza infermieristica, come:

  • La crescente complessità̀ delle grandi aree metropolitane;
  • Il fenomeno immigratorio;
  • La massiccia crescita nell’utilizzo di sostanze;
  • Le modificazioni nel profilo di responsabilità̀ del medico;
  • L’introduzione di complesse normative sulla sicurezza;
  • Il trattamento dei dati;
  • Il consenso alle cure e la competenza a decidere della persona con disturbi mentali.

Di conseguenza gli operatori sanitari, ma anche quelli socio-sanitari, si trovano ad affrontare nuove difficoltà di tipo organizzativo e gestionale e problemi relativi alla sicurezza del paziente e dello stesso professionista dell’assistenza.

Cosa s’intende per “sindemia”?

Tecnicamente parlando è “l’insieme di problemi di salute, ambientali, sociali ed economici, prodotti dall’interazione sinergica di due o più malattie trasmissibili e non trasmissibili, caratterizzate da pesanti ripercussioni, in particolare sulle fasce di popolazione particolarmente svantaggiate”.

Che differenza vi è tra “pandemia” e “sindemia”?

Lo ha spiegato lo stesso Ianzano.

La Pandemia è il diffondersi di un agente infettivo in grado di colpire più o meno indistintamente il corpo umano con la stessa rapidità̀ e gravità ovunque.

La Sindemia, invece, è la relazione tra più̀ patologie e situazioni in cui ciascuna di esse si rafforza e si aggrava.

Questo nuovo approccio, elaborato da Merril Singer nel 1990, consente di studiare al meglio l’evoluzione e il diffondersi di malattie lungo un contesto sociale, politico e storico, in modo da evitare l’analisi di una malattia prescindendo dalla considerazione del suo contesto.

Il mondo va curato, oltre che dall’epidemia, anche dalle pestilenze che l’hanno preceduta e fatta deflagrare: il capitalismo, l’imperialismo neocolonista, i fondamentalismi religiosi, l’incuria per le risorse naturali, la negligenza verso le generazioni future.

Qual è il ruolo odierno dell’Infermiere in SPDC?

Le competenze e il campo d’azione dell’infermiere in SPDC è tutto fuorché́ semplice: c’è tanto da dover sapere, dover fare, dover capire, dover accettare.

Sono fondamentali:

  • motivazione;
  • formazione;
  • esperienza;
  • predisposizione personale;
  • volontà̀ e capacità di team working;

È importante che i sentimenti non interferiscano con la professionalità̀; bisogna accettare il paziente così com’è anche attraverso tecniche, comportamenti e posture che possano trasmettergli partecipazione, ascolto e voglia di aiutarlo. È altresì̀ importante leggere il non verbale, mostrarsi calmi e pacati, mantenere la comunicazione sempre fluida e centrata sul problema che in quel momento il paziente sta esternando.

Utilizzando l’empatia è possibile stabilire una relazione di aiuto, permettendo al paziente di fidarsi per agevolare lo stabilirsi di una relazione interpersonale che sia favorevole per entrambi, in quanto la compliance ci permette di soddisfare quanti più̀ bisogni dell’utente.

È ugualmente importante fare da filtro tra il paziente ed i familiari che spesso si colpevolizzano circa la situazione in cui si trova il proprio caro.

È necessario che i membri del team si comprendano con uno sguardo e che sappiano affidarsi al componente del gruppo che ha maggiore feeling con un determinato paziente.
Niente è prevedibile nel corso di un turno e questo evidenzia la necessità del team e, più in generale, delle competenze trasversali.

Utilizzo dell’intelligenza emotiva.

Bisogna aumentare il quoziente di intelligenza emotiva ossia, come la definiva Daniel Golleman: «la capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri e di saper gestire le emozioni in modo più efficace».

Ancora oggi non si riesce a superare lo stigma della psichiatria, da sempre dipinta come una branca secondaria della medicina, probabilmente per due fondamentali ragioni:

  • la salute mentale garantisce pochi guadagni alle aziende ospedaliere, penalizzando anche gli investimenti nella formazione del personale;
  • la paura e lo scarso interesse delle persone a conoscere il mondo della salute mentale.

La necessità di creare reti multidisciplinari solide per non creare confusione.

“Ci sono persone che soffrono in maniera tangibile a causa di patologie mentali. Per questi soggetti c’è bisogno di determinare una rete multidisciplinare solida che dia un rapido aiuto alla persona che spesso ha difficoltà economiche, situazioni familiari difficili o vissuti carichi di sofferenze, abusi, violenze, abbandono – ha spiegato Ianzano – la patologia mentale è silente, insidiosa, spesso associata a cormobilità che aggravano lo stato di salute generale del paziente ma ci sono cure adeguate e diverse per tutti i pazienti”.

“Queste riflessioni devono portare ad una apertura mentale che possa aiutarci a capire che non bisogna temere una persona cara o un familiare se affetto da un disturbo psichiatrico. Grazie a medici e infermieri appositamente formati, preparati e pronti, ogni disturbo può̀ essere eliminato o minimizzato” – ha chiosato il coordinatore infermieristico della Psichiatria Universitaria di Foggia.

“Cambiate il modo di guardare un paziente affetto da un disturbo mentale, guardatelo con gli stessi occhi con cui guardereste un paziente oncologico, un paziente neurologico e così via. Tutti i malati hanno la stessa dignità, gli stessi diritti, la stessa voglia di farcela, di sopravvivere, di riabbracciare le persone amate, di tornare ad essere libere dalla malattia” – ha concluso Ianzano. (articolo e foto a cura di Angelo Riky DEL VECCHIO)

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