Beni culturali da salvaguardare: non solo libri
In ricordo anche di Tommaso Nardella e Gabriele Tardio
di Giuseppe Soccio
La vicenda dei libri al macero ha evidenziato l’incuria diffusa nei confronti dei beni culturali della “bestia comunale”. Questo era l’epiteto usato da Tommaso Nardella per indicare l’ente locale quando raccontava di segretari e amministratori comunali che permettevano di usare documenti d’archivio come combustibile per stufe e bracieri in scuole e uffici. Ed è questa la ragione, tra l’altro, per cui ha preferito donare all’Archivio di Stato di Foggia il Fondo Centola, che aveva ereditato, pur essendo convinto che i documenti dovrebbero essere custoditi, e messi a disposizione degli studiosi, nel posto in cui sono stati prodotti.
Ed ha fatto bene, a giudicare da come è stato trattato, e viene trattato, l’archivio storico comunale: alloggiato inizialmente in locali del municipio, è stato inventariato, su sollecitazione di Tommaso Nardella, dopo opportuno “scarto”, da parte di personale qualificato della Sovrintendenza nei primi anni ’80 del secolo scorso (amministrazione di sinistra), e poi trasferito nei locali della biblioteca, dove per anni è stato relegato in un interrato con infiltrazioni d’acqua, sino all’intervento di Raffaele Fino che è riuscito a farlo trasferire in locali meno umidi, dove, però, non risulta che sia ben salvaguardato, visto che tali locali sono in promiscuità (del resto, nelle foto, che accompagnano la giustificazione del macero dei libri, pubblicate dal sindaco Merla, si intravedono registri e faldoni che fanno parte di tale archivio).
Altri documenti e reperti vari sono stati recuperati anche da Gabriele Tardio e sono stati oggetto di sue pubblicazioni.
Poi, visto che ci sarà il trasloco degli uffici comunali, bisogna “maneggiare con cura” i registri dell’anagrafe che partono dal primo Ottocento ed alcune carte topografiche (come quella del 1810 di tutti i demani nell’ufficio tecnico) e curare anche la tenuta in buono stato di quelli dei battezzati, matrimoni, ecc., di secoli ancora antecedenti, che sono nelle chiese, insieme a quel che resta, presso la Collegiata, dell’archivio dell’Abbazia di San Giovanni in Lamis. Allo stesso modo bisogna controllare lo stato di manutenzione dell’archivio della scuola Balilla, uno dei pochi archivi scolastici quasi integro ed ordinato della provincia, già utilizzato per tesi di laurea (in verità, da quel che mi risulta, allo scopo è stato incaricato personale specializzato, ma non basta, se poi non si vigila, come accaduto per i libri).
Anche presso il convento di San Matteo è presente un archivio, ma è un discorso a parte, anche perché la biblioteca del santuario ha ben altri e cospicui beni culturali (libri, reperti archeologici, arredo e paramenti sacri, tavolette votive, statue, tele ecc), raccolti in decenni da padre Mario Villani.
Bisognerebbe, poi, custodire, con altrettanta cura, le sagome dei presepi, statue di santi, altari, confessionali, organi e tanti altri beni, come, ad esempio, attrezzi ed utensili della civiltà contadina e di mestieri scomparsi (una volta, presso la scuola media Pascoli, vi era una bella raccolta).
Per tornare al comune e alla biblioteca, bisognerebbe controllare se tutti i libri e le pubblicazioni antiche sono ancora presenti. Dovrebbe esserci un inventario, compilato manualmente, che comprendeva, ad esempio, diversi numeri degli Atti dell’Intendenza (prefettura prima dell’Unità) del Bollettino delle sentenze della Commissione Feudale riguardanti gli usi civici, degli Annali Civili del Regno di Napoli, ecc. Bisognerebbe controllare anche se sono presenti ed inventariati tutti i libri donati da privati (sarebbe veramente uno sfregio se non ci fossero più, considerando la generosità di questi concittadini).
Non so che fine abbia fatto l’archivio della pretura, ma anche in questo caso c’erano documenti e pubblicazioni importanti.
Inoltre, dal momento che sono in corso lavori di ristrutturazione dell’Edificio Balilla, bisognerebbe pensare a come recuperare e salvaguardare l’orologio dell’edificio, che è uno dei pochi orologi meccanici ancora esistenti con tanto di campane in bronzo sbalzate che l’ingranaggio percuoteva per scandire le ore. Allo stesso modo, bisogna vigilare perché sia conservata una lapide nell’ingresso che ricorda la prima guerra mondiale e che non sia rovinato il murales realizzato dalle alunne della sezione moda dell’Istituto Professionale sotto la guida della prof.ssa Antonella Scarano.
E, non bisogna dimenticare le opere di artisti locali (Pirro, Petruccelli, Tancredi ed altri) donati o acquistati dal comune, che si trovano anche in locali diversi dal municipio (ad esempio nel mercato e presso scuole). Di queste opere, ricordo in particolare una scultura di Nick Petruccelli, intitolata Auschwitz: un volto scarnito in pietra locale.
Per concludere, al comune, come motto per sottolineare l’importanza della conservazione dei beni archivistici e non, si dovrebbe adottare l’espressione che usava Tommaso Nardella con chi gli donava, dopo insistenza, qualche “carta vecchia” per scoraggiare, scherzosamente, una eventuale richiesta di restituzione: “Nulla debbo e mi protesto per i danni. Il foro competente è quello di Foggia”.