Gli Infiniti Monkey Theory tra hard rock e melodia
Sulle orme dei Maneskin?
di Luigi Ciavarella
Gli Infiniti Monkey Theory, formazione rock proveniente dalle parti di Ravenna, approdano al primo disco dal titolo “A Wonderful Waste Of Time”, (uscito nel 2019) con un suono compatto e abrasivo tutt’altro che scontato. Infatti, sin dal nome – che richiama una teoria elaborata dal cattedratico francese Emile Borel in cui si afferma che “anche la scimmia può scrivere una frase di senso compiuto battendo a caso sui tasti di una tastiera in un tempo infinitamente lungo”, – i quattro ragazzi romagnoli sembrano aver scelto, in virtù di questo paradosso, un suono che unisce pop e rock in un solido legame che trova corrispondenza nella freschezza compositiva dei loro brani.
Un album che libera all’ascolto una energia irrefrenabile, profusa di suoni elettrici contagiosi che rimandano alla migliore scena rock indipendente italiana. Un rock duro ma melodico impregnato di mainstream quanto basta per renderlo gradevole.
Nonostante il lavoro duri meno di mezz’ora e contenga appena otto brani, questa “Meravigliosa perdita di tempo”, come suggerisce il titolo dell’album, possiede una sua peculiare originalità di fondo tale da rendercelo interessante non soltanto per via della curiosa denominazione da cui prendono spunto, ma soprattutto per l’approccio musicale con cui esprimono la loro musica che ben si inserisce nei rapporti con la scena indie contemporanea. Infatti i brani a partire dall’iniziale “The Story” per concludersi con “The Monkey Theory”, ma passando per i vigorosi, potenziali, travolgenti hits “Appearance” e “Addiction”, senza dimenticare il resto (per esempio le trascinanti “Icecream” e “About Last Night” dominate da uno scambio virtuoso di chitarre e voce molto seducenti, o la granitica “Trick Room” in cui la solista gioca un ruolo decisivo), il lavoro sviluppa un proprio originale corpus sonoro che avrà sicuramente un seguito uno sviluppo più compiuto.
Per adesso questi giovani padani, che hanno adottato nomi curiosi (Renz, Scotch, Piech e Manu, a cui si aggiunge lo special guest Nicola Landi), queste “scimmie ammaestrate”, “fuggendo dalla noia quotidiana” ci hanno regalato un’opera preziosa che rinverdisce non poco il nostro concetto spazio-tempo, dopo tanta rinuncia di libertà a causa della pandemia, ma soprattutto questo album risveglia in noi le tante memorie rock che ci hanno possedute nel tempo, mai così desiderate come in questo momento ballerino.