Proseguono, nell’ambito delle attività finalizzate al controllo e alla tutela della spesa pubblica nazionale, le indagini dei finanzieri del Comando Provinciale di Foggia dirette a scoprire chi con l’inganno ha percepito il “Reddito di Cittadinanza”.
Gli approfondimenti investigativi, in coordinamento info operativo con l’I.N.P.S., hanno portato alla scoperta e alla segnalazione alla Procura della Repubblica del capoluogo dauno di n. 55 persone, il cui nucleo familiare percepiva il “Reddito di Cittadinanza” pur non avendone diritto perché proprietari di immobili o valori mobiliari, ovvero percettori di redditi – oltre determinate soglie – non dichiarati, o ancora per aver omesso di indicare nella dichiarazione presentata all’I.N.P.S. membri della famiglia sottoposti a misure cautelari personali.
La concessione del sostegno economico ad integrazione del reddito delle famiglie quale misura di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale è subordinata, tra l’altro, ad una serie di requisiti reddituali e patrimoniali che cumulativamente ciascun nucleo familiare deve possedere al momento della presentazione della domanda e conservare per tutta la durata dell’erogazione del beneficio. Partendo dalle informazioni contenute nelle banche dati messe a disposizione dall’INPS sulla base dell’intesa stipulata con il Corpo a livello centrale, i Finanzieri hanno approfondito la posizione di numerosi nuclei familiari riuscendo a rilevare che alcuni di questi avevano indebitamente percepito il Reddito di Cittadinanza perché: in 30 casi, in sede di istanza all’Ente erogatore, il richiedente non aveva comunicato la sussistenza di una causa ostativa alla percezione del beneficio ovvero l’essere stato sottoposto ad una misura cautelare personale, ovvero la presenza nel proprio nucleo familiare di un componente raggiunto da analoga misura coercitiva.
Tra questi, che hanno ottenuto indebite percezioni per circa 250 mila euro, un soggetto è risultato essere elemento di spicco della “Mafia Garganica”.
Alquanto singolare il caso di altro pregiudicato che è risultato aver sottoscritto l’istanza per la concessione del beneficio in argomento presso gli uffici di un CAF mentre, di fatto, era detenuto in carcere; nei rimanenti 25 casi, all’atto della richiesta del beneficio, erano state fornite false informazioni relative alla composizione del nucleo familiare, ai redditi percepiti o alla posizione lavorativa – in alcuni casi in nero – dei componenti dello stesso.
Da segnalare, tra questi, il caso di un collaboratore domestico che, dopo aver denunciato il proprio datore di lavoro per non aver provveduto a regolarizzare la propria posizione contributiva ed assicurativa, è risultato percepire indebitamente il reddito di cittadinanza o, ancora, il caso di un cameriere che lavorava “in nero” in un ristorante di Cerignola ma percepiva contemporaneamente il sostegno economico.
Tutte le posizioni illecite emerse dalle indagini sono state segnalate all’I.N.P.S. per la revoca e il recupero del beneficio economico non dovuto, nonché denunciate alla Procura della Repubblica di Foggia, che coordina lo sviluppo delle indagini, per accertare le responsabilità di chi ha frodato l’I.N.P.S. fornendo dichiarazioni false e omettendo informazioni dovute.
L’importo complessivo delle somme non dovute, sottratte fraudolentemente all’I.N.P.S., ammonta a circa 530 mila euro. Inoltre, la tempestiva segnalazione effettuata dalle Fiamme Gialle ha permesso all’I.N.P.S. di interrompere l’ulteriore illecita erogazione di contributi per circa 150 mila euro.
Le pene previste per l’indebita percezione del reddito di cittadinanza sono la reclusione da 2 a 6 anni per chiunque presenti dichiarazioni false oppure ometta informazioni dovute e da 1 a 3 anni nei casi in cui si ometta la comunicazione all’Ente erogatore delle variazioni di reddito, del patrimonio nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della riduzione o revoca del beneficio.
I risultati riportati manifestano la particolare attenzione del Corpo nel contrastare fenomeni che, come nel caso dell’accesso a benefici assistenziali da parte di chi non ne ha titolo, hanno un elevato disvalore sociale ed economico perché generano un danno immediato alle casse pubbliche distraendo risorse che potrebbero essere invece impiegate a favore di coloro che ne hanno realmente necessità.