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Essere “bassista” a San Marco in Lamis

“Non era il lavoro più ambito” (Paul McCartney)

di Luigi Ciavarella

Lungi dal considerarlo un chitarrista pentito o peggio sfigato (si pensi al povero Noel Redding che rispondendo ad un annuncio per un posto di chitarrista si trovò ad essere il bassista di Jimi Hendrix!) o comunque musicista marginale, il bassista in realtà è figura centrale all’interno di una band. A prescindere dal genere a cui è chiamato a suonare, sia esso rock, pop o jazz, il ruolo del basso è indispensabile nel tessere, insieme al batterista, quegli intrecci ritmici che fanno di un brano la base di un capolavoro.

Nel corso del tempo abbiamo avuto molti bassisti a livello mondiale che hanno saputo ritagliarsi un posto nella storia della musica. Musicisti che hanno fatto del loro strumento un mezzo per raggiungere sonorità vertiginose, sopratutto nel jazz (si pensi al contrabasso di Charlie Mingus o al basso fusion di Jaco Pastorius, da solo o con i Weather Report, Stanley Clark, etc.). Ma anche nel vasto universo del rock abbiamo avuto ottimi bassisti che si sono distinti sopratutto nei cosiddetti power trio (tipo Jack Bruce nei Cream o Greg Lake negli ELP, ma anche John Paul Jones dei Led Zeppelin, etc.) o si pensi per esempio a come sarebbe stato il sound dei Black Sabbath senza il basso pulsante di Jeezer Butler?. La linea di basso a volte determina un suono.

Se si guarda ai gruppi funky troviamo una marea di autentici virtuosi (uno per tutti Bootsy Collins che ha influenzato una generazione intera di bassisti). Difficile immaginare, senza la loro creatività, la loro energia e il loro stile, che altra piega avrebbe preso la musica soul. I loro contributi sono stati decisivi per definire un suono.

E, per concludere, come non citare almeno tre bassisti più o meno recenti e vicini ai nostri gusti che hanno saputo illuminare la scena rock degli ottanta/novanta con una inventiva unica: Les Claypool dei Primus, che usa lo strumento come fosse una chitarra, la bionda Kim Gordon dei Sonic Youth, abile e creativa come poche, e Mike Watt dei firehose.

E a San Marco in Lamis?

La ricerca dei nomi dei bassisti locali parte dalla metà dei sessanta. Prima di questa data non mi risulta che ci siano stati dei bassisti perlomeno definiti tali nella loro specificità in grado di presenziare un ruolo. Le parti di basso venivano spesso assolte dalla fisarmonica o da strumenti artigianali tipici per quanto riguarda la musica popolare. Quindi dobbiamo partire dalle formazioni pop, elettriche, che si sono susseguite dagli anni sessanta in poi, di cui peraltro abbiamo molti nomi. Naturalmente col passare del tempo l’uso dello strumento si è evoluto. Se prima l’approccio sembrava quasi un ripiego col tempo la scelta viene praticata in base a precise attitudini personali.

Molti se non quasi tutti li ho visti suonare, sia in passato che in questi ultimi tempi, e posso garantire che la qualità media è più che buona con punte di eccellenze come spesso avviene in qualsiasi campo artistico. Non è compito mio dare voti ma senz’altro è mio il compito di fornire una lista di nomi affinché il tempo si ricordi di loro che, a secondo del tipo di musica che essi hanno prodotto, si sono ben districati sia quando si è trattato di elaborare linee melodiche che quando dare pulsioni a ritmi decisamente più rock.

I primi bassisti provengono, come dicevo, da quelle band formate nei ’60 tipo Leonardo Perta (Wolves), Luigi Stanco (Pietre Azzurre), Carmine Torre (Angels); poi subito dopo nei settanta Mario Mossuto (Atomium), Silvestre Cervone (Birds, nella foto copertina), Michele Francavilla (Delfini), Giovanni Del Mastro (Mosaico, anche abile chitarrista), Michele Gaggiano (Motu Propriu), Michele La Porta (la parte elettrica dei Festa Farina e Folk), Serafino Panzone (anche arrangiatore), Giuseppe Bonfitto (tuttora in splendida forma nei Monoreddito), Luciano Mastromauro (Fly), Giancarlo Leggieri, Davide Iafisco (Virtuals), Saverio Tancredi (Spritz), Giuseppe Ceddia (Shiny Flowers), etc.

Nella seconda ondata abbiamo avuto Claudio Ciavarella (della Pattuglia Cosmica), Francesco Ciavarella e Gianpiero Monaco (Faberi) e Davide Ciavarella, che suona attualmente nella band di Ciro Iannacone, a mio avviso forse il bassista più completo; infine per concludere i più giovani dediti maggiormente a suoni più “alternativi” se non metal: Michele Soccio (In Nugae, Trelos e Spell), Giuseppe De Lia (Sharks), Francesco Villani (Sestrumer) e Matteo De Leo e Michele Limosani (Frastuono).

Di sicuro ci siamo dimenticati di qualcuno e la ricerca poi non è stata così approfondita ma serviva darne conto a chi ci legge, senza impegno così come è stato fatto in passato per altri musicisti, nel luogo in cui tutti hanno lasciato una traccia importante del loro passaggio nella storia della musica a San Marco in Lamis.

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